Il CILENTO “LUCANO”: un
museo a cielo aperto nel cuore del Mezzogiorno Tanino Fierro
3 giugno 2025
C’è un lembo di territorio nel cuore del Mezzogiorno che, una volta, si
chiamava Lucania, ed oggi, dopo il colpo di mano del 1806, per volontà del re
francese Giuseppe Bonaparte, si chiama Cilento. È una realtà mediterranea
incontaminata, una specie di museo a cielo aperto, incastonata tra colline e
montagne che la difendono dagli sbalzi d’umore dei venti dell’Appennino
meridionale. Un fazzoletto di territorio lungo un centinaio di chilometri che
da Paestum si distende, seguendo coste accidentate, fino alla baia tanto cara
alla spigolatrice di Sapri.
Nel corso di questo viaggio, si incontra di tutto:
i templi dorici, intatti e solenni, di Paestum che vegliano sulla piana del
Sele, dove perseverano indisturbate le secolari bufale, tanto care alla dea
Proserpina. Incuneandosi verso la strada provinciale si intravede il Castello
di Agropoli, noto per aver dato ristoro ai suoi abitanti che, con i moti
rivoluzionari, hanno detto alla storia che i meridionali, quando vogliono,
sanno uscire dal loro torpore secolare. Una sosta sul belvedere di
Castellabate, un luogo scoperto dalla cinematografia nostrana che ha saputo
colorare ancora di più e in modo genuino la bellezza di un paesaggio benedetto
dal Signore. A uno scoppio di tiro, si scorge Acciaroli con il suo confortevole
porto, meta ambita da imbarcazioni di ogni tipo che approdano da ogni dove.
Percorrendo verso sud la litoranea, ecco la patria di Parmenide, Ascea o Elea,
un luogo la cui memoria risale nei secoli per aver ospitato la scuola
filosofica eleatica: una pietra miliare nella storia della civiltà umana. Il
Parco archeologico di Velia, poco valorizzato in verità, conserva le spoglie di
Parmenide, ben protette da un bastione di architettura spagnola che si erge nei
pressi. In fila indiana, una selva di paesi, a mo’ di rosario francescano,
sfila lungo la costa che si dirige verso Palinuro, un luogo mitico che ricorda
le gesta e conserva la memoria di un prode troiano sfuggito all’ira dei Greci
nella guerra decennale di Troia. Palinuro è un luogo incantevole e ospitale,
com’è l’intero Cilento “lucano”, che ha rapito generazioni di intellettuali che
l’hanno decantato ripetutamente. Gli odori e i sapori in questa terra sono
unici, al punto di aver generato uno stile di vita detto mediterraneo, che
detta i tempi e i modi della sana educazione alimentare nel mondo, grazie
all’intuito di Ancel Keys. Una volta superata la grotta di Polifemo, che ci
allontana da Palinuro, percorrendo strade contorte e complicate ci affacciamo
sulla Cilentana, una strada statale che taglia a metà l’intero territorio
cilentano, da dove incrociamo il Monte Bulgheria, un posto venerato dai frati
eremiti, stabilitisi qui da diverso tempo. Dalla cima del monte si ammira il
Golfo di Policastro, azzurro e trasparente come non mai, che annovera nel suo
contesto i comuni di Scario, Villamare, Policastro e, per finire, Sapri,
distesa lungo la sua baia, luogo tanto caro alle truppe garibaldine.