venerdì 21 ottobre 2016

LA FERITA APERTA



Il caso “Piano degli zingari” ad Acquafredda di Maratea
“Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames”.   Virgilio - Seneca 
- A cosa non spingi i petti mortali, miserabile cupidigia dell’oro -                   


In modo del tutto casuale alcuni anni fa (il diavolo fa le pentole ma non i coperchi) è stata scoperta a Maratea un’associazione a delinquere costituita da un funzionario infedele, responsabile dell’area tecnica del nostro Comune, dalla sua seconda moglie, dal suo avvocato di fiducia dell’epoca e dalla moglie di quest’ultimo. La Procura della Repubblica di Lagonegro contestò ai quattro professionisti nonché persone perbene innanzitutto il reato di cui all’art. 416 c.p. per essersi associati allo scopo di commettere una serie indeterminata di reati di abuso d’ufficio, falso ed altro con programma criminoso concepito nella prospettiva di appropriarsi con l’inganno di beni immobili, privati e/o pubblici, attraverso procedure giudiziarie attivate con ricorsi per usucapione speciale. Il Funzionario del Comune, poi non più dipendente dell’Ente, e l’Avvocato patirono un breve periodo di arresti domiciliari il primo ed un breve periodo di sospensione dall’esercizio della professione forense il secondo.


L’accusa resse al vaglio del Giudice per le indagini preliminari di Lagonegro, il quale dispose il rinvio a giudizio di tutti gli imputati. Si costituirono parti civili nel processo il Comune di Maratea, Ente pubblico proprietario di beni immobili oggetto di usucapione ad opera dell’associazione a delinquere e numerosi cittadini di Maratea, la maggior parte dei quali nella qualità di livellari di tali beni, come nel caso di “Piano degli zingari”, rimasti di fatto sempre nella detenzione degli immobili ed interessati alla loro affrancazione, che il Comune non ha potuto poi disporre a seguito dei fatti-reato in suo danno (illegittima usucapione in favore della consorte del Funzionario comunale nonché della consorte del suo Avvocato).
E pensare che il nostro Comune si era pienamente fidato dell’Architetto responsabile dell’area tecnica tanto da conferirgli incarico per la ricognizione e l’affrancazione di tutti i beni comunali gravati da livelli o usi civici.  Proprio durante il periodo di adempimento di tale incarico si sono poi verificati i fatti descritti, con sottrazione della proprietà al Comune di appetibili terreni con fabbricati ubicati in posizione panoramica a “Piano degli zingari”, sottrazione scoperta, per fortuna, dai soggetti livellari degli stessi terreni.
Per farla breve, all’udienza di ieri 20 ottobre, il processo penale, ancora nella sua fase istruttoria nonostante il tempo trascorso dai fatti, su richiesta del Pubblico Ministero e, non avendo optato gli imputati per la pur possibile rinuncia alla prescrizione, si è concluso con sentenza di “non doversi procedere in ordine a tutti i reati contestati perché estinti per intervenuta prescrizione”.
I quattro imputati avrebbero potuto, a fronte delle gravi accuse, rinunciare alla prescrizione dei reati con prosieguo del processo per pervenire alla loro assoluzione, magari con la formula più ampia possibile, ma si son guardati bene dal farlo anche per evitare il rischio di una probabile, pesante condanna penale con le connesse conseguenze.

Responsabilità penale a parte, rimangono in tutta la loro gravità i fatti, frutto di evidente infedeltà comunale con apporto di altri che, associandosi e da  protagonisti di questa umana e misera vicenda, miravano all’incremento del patrimonio personale in danno di quello pubblico.

E rimane, purtroppo, per tutte le parti comunque coinvolte nella vicenda e per la nostra collettività, una ferita ancora aperta…!

 



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