Il caso “Piano degli zingari” ad Acquafredda di Maratea
“Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra
fames”. Virgilio - Seneca
- A cosa non spingi i petti mortali, miserabile
cupidigia dell’oro -

L’accusa resse al vaglio del Giudice per le indagini preliminari di
Lagonegro, il quale dispose il rinvio a giudizio di tutti gli imputati. Si
costituirono parti civili nel processo il Comune di Maratea, Ente pubblico
proprietario di beni immobili oggetto di usucapione ad opera dell’associazione
a delinquere e numerosi cittadini di Maratea, la maggior parte dei quali nella
qualità di livellari di tali beni, come nel caso di “Piano degli zingari”,
rimasti di fatto sempre nella detenzione degli immobili ed interessati alla
loro affrancazione, che il Comune non ha potuto poi disporre a seguito dei
fatti-reato in suo danno (illegittima usucapione in favore della consorte del
Funzionario comunale nonché della consorte del suo Avvocato).
E pensare che il nostro Comune si era pienamente fidato dell’Architetto
responsabile dell’area tecnica tanto da conferirgli incarico per la
ricognizione e l’affrancazione di tutti i beni comunali gravati da livelli o
usi civici. Proprio durante il periodo di adempimento di tale incarico si
sono poi verificati i fatti descritti, con sottrazione della proprietà al
Comune di appetibili terreni con fabbricati ubicati in posizione panoramica a
“Piano degli zingari”, sottrazione scoperta, per fortuna, dai soggetti
livellari degli stessi terreni.
Per farla breve, all’udienza di ieri 20 ottobre, il processo penale, ancora
nella sua fase istruttoria nonostante il tempo trascorso dai fatti, su
richiesta del Pubblico Ministero e, non avendo optato gli imputati per la pur
possibile rinuncia alla prescrizione, si è concluso con sentenza di “non
doversi procedere in ordine a tutti i reati contestati perché estinti per
intervenuta prescrizione”.
I quattro imputati avrebbero potuto, a fronte delle gravi accuse,
rinunciare alla prescrizione dei reati con prosieguo del processo per pervenire
alla loro assoluzione, magari con la formula più ampia possibile, ma si son
guardati bene dal farlo anche per evitare il rischio di una probabile, pesante
condanna penale con le connesse conseguenze.
Responsabilità penale a parte, rimangono in tutta la loro gravità i fatti,
frutto di evidente infedeltà comunale con apporto di altri che, associandosi e
da protagonisti di questa umana e misera vicenda, miravano all’incremento del
patrimonio personale in danno di quello pubblico.
E rimane, purtroppo, per tutte le parti comunque coinvolte nella vicenda e per la
nostra collettività, una ferita ancora aperta…!
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