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Articolo di Valerio Mignone
-Pubblicato su La Nuova del Sud sabato 29 maggio 2021-
Durante
la pandemia da Covid-19, nel mondo vanesio di stampa e radiotelevisione, sono
intervenuti scienziati, e, purtroppo, si sono esibiti anche “esperti”,
diffondendo dubbi e irrequietezza mentale. Ma la pratica della Medicina esige
prudenza, nel rispetto dell’uomo come Persona, e della Società nel suo
complesso, tappa finale della Salute collettiva.
La
Medicina empirica reiterava le applicazioni precedenti; poi ha rispettato il
principio di Galileo Galilei per la coerenza delle osservazioni sperimentali
come scienza interconnessa con matematica, biologia, fisica. Successivamente, la
professione medica è diventata sintesi di Scienza, Arte come empatia, Mestiere.
Il medico deve saper leggere le emozioni
nell’animo del paziente e adeguare la condotta alla sensibilità del paziente
stesso. Il chirurgo Umberto Veronesi lesse la sofferenza psichica della
paziente di 25 anni quando Le prospettò la mastectomia per un tumore della
mammella; condivise quella sofferenza, e procedette alla quadrantectomia, prima
resezione parziale della mammella, riportata nel 1981, in letteratura
scientifica, nel New England Journal of
Medicine. Quanto al medico internista, deve avere buona manualità
nell’eseguire punture esplorative di torace, addome, rachide, o lavanda
gastrica, rianimazione cardiorespiratoria, immobilizzazione provvisoria di un
arto infortunato.
La
Medicina é radicalmente mutata negli anni ’60 del Novecento. Possono essere di
esempio la Immunologia clinica, a fronte dell’Allergologia, e la
Broncopneumologia a fronte della Tisiologia.
L’Allergologia
si basava sul riscontro di eruzioni cutanee, prurito, tosse stizzosa, etc. che
si manifestavano quando una sostanza veniva a contatto con l’organismo. Esempi
di innovazione si hanno nella Immunologia clinica che ha facilitato la
chirurgia dei trapianti di organo, protetti da farmaci antirigetto. Il primo
trapianto di rene a Milano fu eseguito presso la Clinica Chirurgica, da Antonio
Vegeto il 22 maggio 1969. Tecnicamente il trapianto era semplice, consisteva
nell’abboccamento tra i monconi dell’arteria e della vena del rene donato e i
rispettivi vasi del ricevente. Una giovane donna, di 25 anni, dopo il trapianto
del rene prelevato in una donna di 31 anni, deceduta per emorragia cerebrale da
aneurisma, fu trasferita in barella,
attraversando il giardino del “Policlinico”, in Clinica Medica, e qui trattata,
nella camera sterile, con cortisone, azatioprina e la nuova globulina
antilinfocitaria. Questa, selezionata con elettroforesi in blocco d’amido da
chi scrive in una cella frigorifera, venne consegnata all’Istituto
Sieroterapico Milanese, che provvide a renderla iniettabile alla paziente. Guido
Melli volle la continuità tra Allergologia e Immunologia clinica; suo braccio
operativo fu Domenico Mazzei, che ebbe intuito scientifico. Mazzei creò un vero
e proprio vivaio di giovani ricercatori, destinati a divenire Direttori di
cliniche universitarie come Sergio Del Giacco, a Cagliari, Claudio Rugarli nella
neonata Università milanese “San Raffaele”, Roberto Cattaneo a Brescia, e
primari ospedalieri come Carlo Novi a Busto Arsizio, Gino Luporini al “San
Carlo Borromeo” di Milano, Claudio Ortolani a “Niguarda-Cà Granda”, e chi
scrive nella natia Basilicata, a Maratea. Melli e Mazzei sono da considerare
gli autori del primo trattato italiano di Immunologia, sulla “Struttura delle Immunoglobuline e loro
proprietà”, presentato come Relazione all’VIII Congresso della Società
Italiana di Allergologia, il 2-3 ottobre 1967, presso la sede centrale
dell’Università di Napoli, “Federico II”.
Altra
specialità con innovazione radicale fu la Broncopneumologia. Essa, nata come
Tisiologia e studio di bronchi, polmoni e pleure, infettati da micobatterio
tubercolare, comportò la costruzione di numerosi “Tubercolosari” in luoghi
soleggiati per ospitarvi ammalati in attesa della loro guarigione. La silicosi
polmonare, a sua volta, sviluppatasi nei minatori, impegnò la Clinica del
Lavoro. Spinta innovativa fu, alla fine degli ’60 del Novecento, presso
l’Ospedale di Sesto San Giovanni, con il prof. Erminio Longhini. Si studiò
sistematicamente, oltre alla ventilazione polmonare con l’esame spirometrico,
anche l’equilibrio acido-base su sangue arterioso, e liquido cefalo-rachidiano.
Con tali studi si poterono prevenire complicanze, come sonnolenza e coma da
ipercapnia, per accumulo di anidride carbonica (CO2) nel sangue degli ammalati
di broncopneumopatia cronica ostruttiva, spesso etichettata come asma
bronchiale da allergia.
Altra
innovazione, all’Ospedale di Sesto San Giovanni, Sezione staccata della “Cà
Granda-Niguarda”, fu spontanea la sintesi tra Medicina ospedaliera e Medicina
del Territorio. Medici di base, come Roberto Penasi ed Ettore Gattei
frequentavano le corsie dell’ospedale; Ennio Serio dirigeva il Centro trasfusionale.
I Cittadini di Sesto San Giovanni e Dintorni si sentivano sicuri. Gli stessi
Amministratori comunali erano orgogliosi di ciò, come ebbe a testimoniare il
prof. Giovanni Berlinguer, docente di Medicina sociale. A Sesto i medici del
Territorio furono pionieri nella organizzazione delle guardie festive, con
interventi al domicilio degli assistiti.