E' il numero impresso sul braccio e nell'anima della Senatrice Liliana SEGRE, superstite dell'olocauso e colpita direttamente ogni giorno ancora, a quasi 90 anni, dall'odio digitale con una media di 200 messaggi. Ieri l'anziana Senatrice ha visto approvata la sua Mozione nell'aula del Senato non all'unanimità dei presenti ma solo con 151 voti favorevoli e 98 voti di astensione.
Si è astenuto il Centrodestra.
Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.
Ecco il testo della mozione, con prima firmataria Liliana Segre, approvata ieri in Senato.
“Premesso che:
tradizionalmente in Senato l’istituzione della Commissione straordinaria o speciale attesta l’attenzione dell’Istituzione per la tutela e lo sviluppo dei valori costituzionali, come avvenne il 2 agosto 2001 con l’approvazione della mozione 1-00020 della XIV Legislatura, a prima firma Alberti Casellati, sull’istituzione di un organo del Senato per la tutela dei diritti umani. Alla stessa stregua di quel nobile precedente, occorre oggi corrispondere ad istanze fortemente sentite, anche nelle sedi interparlamentari, come dimostra il fatto che il Consiglio d’Europa ha recentemente istituito la “No hate parliamentary alliance”, con lo scopo di prevenire e contrastare l’incitamento all’odio. Di questa rete fanno parte parlamentari di tutti i Paesi, che intendono impegnarsi a livello nazionale e internazionale contro l’odio in tutte le sue forme e in particolare contro l’hate speech;
negli ultimi anni si sta assistendo ad una crescente spirale dei fenomeni di odio, intolleranza, razzismo, antisemitismo e neofascismo, che pervadono la scena pubblica accompagnandosi sia con atti e manifestazioni di esplicito odio e persecuzione contro singoli e intere comunità, sia con una capillare diffusione attraverso vari mezzi di comunicazione e in particolare sul web. Parole, atti, gesti e comportamenti offensivi e di disprezzo di persone o di gruppi assumono la forma di un incitamento all’odio, in particolare verso le minoranze; essi, anche se non sempre sono perseguibili sul piano penale, comunque costituiscono un pericolo per la democrazia e la convivenza civile. Si pensi solo alla diffusione tra i giovani di certi linguaggi e comportamenti riassumibili nella formula del “cyberbullismo”, ma anche ad altre forme violente di isolamento ed emarginazione di bambini o ragazzi da parte di coetanei;
è un fatto che non esiste ancora una definizione normativa di hate speech; tuttavia in base alla raccomandazione n. (97) 20 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 30 ottobre 1997, il termine copre tutte le forme di incitamento o giustificazione dell’odio razziale, xenofobia, antisemitismo, antislamismo, antigitanismo, discriminazione verso minoranze e immigrati sorrette da etnocentrismo o nazionalismo aggressivo. Per meglio definire il fenomeno si ricorre alle categorie dell’incitamento, dell’istigazione o dell’apologia. Il termine incitamento può comprendere vari tipi di condotte: quelle dirette a commettere atti di violenza, ma anche l’elogio di atti del passato come la “Shoah”; ma incitamento è anche sostenere azioni come l’espulsione di un determinato gruppo di persone dal Paese o la distribuzione di materiale offensivo contro determinati gruppi. Chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale e chi incita a commettere atti di discriminazione o di violenza è incriminato a titolo di pericolo presunto quando il pregiudizio razziale, etnico, nazionale o religioso si trasforma da pensiero intimo del singolo a pensiero da diffondere in qualunque modo, con «argomenti», quali la superiorità della propria razza, etnia, nazione o gruppo, ma anche compiendo o incitando a compiere atti di discriminazione;
nel 2014 è stata lanciata la campagna nazionale “No hate speech”, con la messa in onda, anche sulle reti della RAI, di spot televisivi e radiofonici che si inseriscono all’interno dell’omonimo progetto internazionale, promosso dal Consiglio d’Europa come forma di tutela dei diritti umani di fronte a fenomeni di odio e di intolleranza espressi attraverso il web, in preoccupante crescita: soltanto in Italia, circa il 41 per cento dei casi di discriminazione segnalati nel 2012 sono da ricondurre al web. Anche un gruppo di editori e di riviste italiani ha promosso recentemente la campagna “Le parole uccidono”, per indicare il pericolo del linguaggio violento e offensivo. Esiste inoltre un tavolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, a cui partecipano le istituzioni che hanno la possibilità, in base alle loro competenze, di sensibilizzare i giovani a contrastare l’odio diffuso on line;
tradizionalmente in Senato l’istituzione della Commissione straordinaria o speciale attesta l’attenzione dell’Istituzione per la tutela e lo sviluppo dei valori costituzionali, come avvenne il 2 agosto 2001 con l’approvazione della mozione 1-00020 della XIV Legislatura, a prima firma Alberti Casellati, sull’istituzione di un organo del Senato per la tutela dei diritti umani. Alla stessa stregua di quel nobile precedente, occorre oggi corrispondere ad istanze fortemente sentite, anche nelle sedi interparlamentari, come dimostra il fatto che il Consiglio d’Europa ha recentemente istituito la “No hate parliamentary alliance”, con lo scopo di prevenire e contrastare l’incitamento all’odio. Di questa rete fanno parte parlamentari di tutti i Paesi, che intendono impegnarsi a livello nazionale e internazionale contro l’odio in tutte le sue forme e in particolare contro l’hate speech;
negli ultimi anni si sta assistendo ad una crescente spirale dei fenomeni di odio, intolleranza, razzismo, antisemitismo e neofascismo, che pervadono la scena pubblica accompagnandosi sia con atti e manifestazioni di esplicito odio e persecuzione contro singoli e intere comunità, sia con una capillare diffusione attraverso vari mezzi di comunicazione e in particolare sul web. Parole, atti, gesti e comportamenti offensivi e di disprezzo di persone o di gruppi assumono la forma di un incitamento all’odio, in particolare verso le minoranze; essi, anche se non sempre sono perseguibili sul piano penale, comunque costituiscono un pericolo per la democrazia e la convivenza civile. Si pensi solo alla diffusione tra i giovani di certi linguaggi e comportamenti riassumibili nella formula del “cyberbullismo”, ma anche ad altre forme violente di isolamento ed emarginazione di bambini o ragazzi da parte di coetanei;
è un fatto che non esiste ancora una definizione normativa di hate speech; tuttavia in base alla raccomandazione n. (97) 20 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 30 ottobre 1997, il termine copre tutte le forme di incitamento o giustificazione dell’odio razziale, xenofobia, antisemitismo, antislamismo, antigitanismo, discriminazione verso minoranze e immigrati sorrette da etnocentrismo o nazionalismo aggressivo. Per meglio definire il fenomeno si ricorre alle categorie dell’incitamento, dell’istigazione o dell’apologia. Il termine incitamento può comprendere vari tipi di condotte: quelle dirette a commettere atti di violenza, ma anche l’elogio di atti del passato come la “Shoah”; ma incitamento è anche sostenere azioni come l’espulsione di un determinato gruppo di persone dal Paese o la distribuzione di materiale offensivo contro determinati gruppi. Chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale e chi incita a commettere atti di discriminazione o di violenza è incriminato a titolo di pericolo presunto quando il pregiudizio razziale, etnico, nazionale o religioso si trasforma da pensiero intimo del singolo a pensiero da diffondere in qualunque modo, con «argomenti», quali la superiorità della propria razza, etnia, nazione o gruppo, ma anche compiendo o incitando a compiere atti di discriminazione;
nel 2014 è stata lanciata la campagna nazionale “No hate speech”, con la messa in onda, anche sulle reti della RAI, di spot televisivi e radiofonici che si inseriscono all’interno dell’omonimo progetto internazionale, promosso dal Consiglio d’Europa come forma di tutela dei diritti umani di fronte a fenomeni di odio e di intolleranza espressi attraverso il web, in preoccupante crescita: soltanto in Italia, circa il 41 per cento dei casi di discriminazione segnalati nel 2012 sono da ricondurre al web. Anche un gruppo di editori e di riviste italiani ha promosso recentemente la campagna “Le parole uccidono”, per indicare il pericolo del linguaggio violento e offensivo. Esiste inoltre un tavolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, a cui partecipano le istituzioni che hanno la possibilità, in base alle loro competenze, di sensibilizzare i giovani a contrastare l’odio diffuso on line;