Di seguito brevi nozioni di base per meglio comprendere il TRUST "LIBONATI", con sede in Maratea (PZ) alla via Dietro l'Annunziata n. 85, di cui al post: "ACCADE A MARATEA..."
A cosa serve
il trust
La fase del pionierismo è ormai alle spalle e oggi si può, a buon titolo, sostenere che il trust fa stabilmente parte dello strumentario quotidiano di un buon numero di professionisti italiani.
Perché questo utilizzo sempre più diffuso del trust?
Ci sono indubbiamente alcuni casi “patologici”: ad esempio, c’è ancora chi
abbocca all’amo di qualche improvvisato consulente, magari trovato in internet
o proveniente da Paesi che legittimano l’occultamento dei patrimoni e la
creazione di strutture giuridiche artificiose, credendo che il trust sia un
sofisticato escamotage per dribblare le regole ereditarie o per sfuggire ai
creditori, il fisco in primis.
Lasciando però da parte i casi di banditismo, alla
domanda si può rispondere dicendo anzitutto cos’è il trust: il trust è la
situazione giuridica che si verifica in ogni caso in cui un soggetto (indicato
come “disponente”, traduzione del termine inglese “settlor”) trasferisce la
proprietà di determinati suoi beni a un altro soggetto (detto “trustee”: questo
termine non si traduce) affinchè questi raggiunga un certo scopo, indicato dal
disponente, mediante lo svolgimento di un’attività, giuridica o materiale,
inerente i beni affidatigli.
Ad esempio: il genitore anziano di un figlio disabile può affidare un determinato patrimonio al trustee affinchè il reddito di questi beni sia destinato al pagamento delle spese di assistenza, cura, svago e istruzione del figlio.
I casi concreti della vita sono comunque innumerevoli e quindi il trust può essere utile appunto ogni qualvolta un certo scopo, che un dato soggetto voglia perseguire con riguardo a determinati beni (immobili, partecipazioni, denaro, strumenti finanziari), sia raggiungibile solo (o sia meglio raggiungibile mediante) l’affidamento di questi beni a un soggetto diverso (il trustee, appunto) da colui che matura il desiderio di realizzare quello scopo.
Ad esempio: il genitore anziano di un figlio disabile può affidare un determinato patrimonio al trustee affinchè il reddito di questi beni sia destinato al pagamento delle spese di assistenza, cura, svago e istruzione del figlio.
I casi concreti della vita sono comunque innumerevoli e quindi il trust può essere utile appunto ogni qualvolta un certo scopo, che un dato soggetto voglia perseguire con riguardo a determinati beni (immobili, partecipazioni, denaro, strumenti finanziari), sia raggiungibile solo (o sia meglio raggiungibile mediante) l’affidamento di questi beni a un soggetto diverso (il trustee, appunto) da colui che matura il desiderio di realizzare quello scopo.
Per questo motivo, il trust è utile non solo per
risolvere problemi personali o familiari, in quanto anche le esigenze degli
imprenditori possono trovare soluzione con il trust: ad esempio, anzitutto, per
cercare di organizzare un efficiente passaggio generazionale dell’azienda e,
più in generale, del patrimonio dell’imprenditore; inoltre, per impedire che
l’azienda di famiglia finisca sotto il controllo di un figlio che, purtroppo,
abbia avuto vicende di vita (un matrimonio “sbagliato”, l’abuso di sostanze
tossiche o, più semplicemente, la propensione a dilapidare e a vivere
spensieratamente); ancora, per agevolare l’imprenditore nell’esplicazione della
concreta sua attività, come può essere per i trust deputati a gestire patti di
sindacato, quelli istituiti a garanzia di pagamenti o di cauzioni oppure
finalizzati a supportare il buon esito di procedure concorsuali, eccetera.
Prima di scendere nei dettagli occorre però
sottolineare, con vigore, un paio di fondamentali considerazioni.
Anzitutto, se è vero che il trust è di ormai ampia utilizzazione, è pur anche vero che si tratta comunque di una questione assai complicata: e quindi la regola secondo cui qualsiasi questione professionale non può essere affrontata con superficialità o dilettantismo vale, a maggior ragione, quando si tratta di istituire un trust e di predisporne la regolamentazione.
Anzitutto, se è vero che il trust è di ormai ampia utilizzazione, è pur anche vero che si tratta comunque di una questione assai complicata: e quindi la regola secondo cui qualsiasi questione professionale non può essere affrontata con superficialità o dilettantismo vale, a maggior ragione, quando si tratta di istituire un trust e di predisporne la regolamentazione.
L’altra essenziale avvertenza è che, come già detto,
il trust è fortemente caratterizzato dal fatto che il trustee diventa effettivo
proprietario dei beni affidatigli dal disponente e dal fatto che è il trustee a
dover attuare il programma che il disponente gli ha indicato.
Da ciò deriva che potrebbe anche non aversi un trust
qualora siano stabilite regole che permettano al disponente di smontare la
struttura a suo piacimento oppure qualora egli conservi sui beni del trust un
insieme di poteri tali da ridurre il trustee al ruolo di mero esecutore materiale
o di prestanome; anche la qualità del trustee non è irrilevante perché, se in
alcuni casi è “normale” che il trustee sia uno stretto familiare del disponente
o dei beneficiari, in molti casi la “tenuta” del trust è fortemente correlata
alla indipendenza del trustee rispetto agli altri soggetti del trust e dal
fatto che il trustee abbia caratteristiche di soggetto professionale, dotato di
autonomia di giudizio.
In altri termini, dalla non indipendenza del trustee o
dalla invasività del disponente potrebbe derivarsi che è stato istituito non un
trust ma un “semplice” rapporto di mandato: con la conseguenza che i beni del
trust, seppur intestati al trustee, ancora in effetti appartengono al
disponente e con la conseguenza quindi che i creditori del disponente possono
aggredire i beni del trust per soddisfare le loro ragioni, ciò che invece non
accade se il trust è “vero” e se i beni in questione sono effettivamente e
indiscutibilmente di proprietà del trustee.
Notaio
Angelo Busani - Milano
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