- Da https://www.francavillainforma.it/2025/06/06 -
Gaetano Fierro
La Basilicata , l’Arabia Saudita dei poveri !!
In Arabia Saudita, le compagnie petrolifere creano isole artificiali e portano il mare là dove non c’è. Letteralmente. Muovono sabbia, spostano acqua, plasmano coste e paesaggi a proprio piacimento. Lo fanno investendo miliardi, pianificando il futuro, lasciando dietro di sé strutture faraoniche e visioni che pretendono di durare nel tempo. Più che aziende, sono imperi industriali con ambizioni geopolitiche. Creano città come NEOM, centri high-tech in mezzo al nulla, con l’ossessione di dimostrare che dove c’è volontà e denaro, anche la natura può piegarsi alla tecnologia. Ora chiediamoci: e in Basilicata, che succede?
Qui,
le stesse compagnie, multinazionali come ENI e Total, scavano nel
nostro suolo, prelevano ricchezza in forma liquida, la raffinano altrove
e lasciano indietro territori feriti, paesi impoveriti, comunità in
bilico. Per ogni barile estratto, la Basilicata incassa briciole. Sì,
qualche compensazione, qualche royalty, qualche progetto sociale
sporadico. Ma nulla che abbia la forza, la visione, l’ambizione di
diventare un autentico motore di sviluppo duraturo. Quello che manca non
sono solo i soldi, che comunque ci sono, e non pochi, ma è soprattutto
il rispetto. Il rispetto per una terra che, pur nella sua bellezza aspra
e periferica, continua a essere trattata come una colonia interna. Un
territorio da sfruttare finché conviene, da dimenticare quando smette di
produrre utili. È questa l’ingiustizia più profonda: una ricchezza
trasformata in debolezza, un’opportunità ridotta a rendita passiva. Ma
la Basilicata non è un luogo vuoto. Al contrario. Qui convivono realtà
potenzialmente esplosive, in senso buono. C’è l’Università degli Studi
della Basilicata, una delle istituzioni accademiche italiane con la
crescita più costante negli ultimi anni, capace di formare giovani menti
che troppo spesso sono costrette a fuggire per vedere riconosciuto il
proprio valore. C’è il Centro Ricerche ENEA di Rotondella, una struttura
scientifica di livello nazionale e internazionale, con competenze
avanzatissime in ambito energetico, ambientale, tecnologico. C’è lo
stabilimento Stellantis di Melfi, uno dei poli industriali più
importanti del Mezzogiorno, con una filiera che potrebbe beneficiare
enormemente delle potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata
all’automotive. Eppure, questi attori, università, ricerca, industria,
continuano a viaggiare in compartimenti stagni, separati da logiche
burocratiche, da un certo provincialismo culturale, e soprattutto
dall’assenza di una cabina di regia capace di unire i fili. È come avere
a disposizione una potente orchestra di professionisti e lasciare che
ciascuno suoni da solo, senza spartito comune, senza direzione. Così il
concerto non nasce, o peggio ancora si trasforma in rumore.
Il
punto non è solo la lamentazione. Non si tratta di dire, ancora una
volta, che il Sud è abbandonato, che la Basilicata è dimenticata, che le
multinazionali fanno il bello e il cattivo tempo. Questi sono dati di
fatto. Il punto è un altro: perché non pretendiamo qualcosa di più alto,
più lungimirante, più giusto?

Immaginiamo, per una volta, che la Basilicata diventi il cuore di un laboratorio nazionale sull’intelligenza artificiale applicata al monitoraggio ambientale. Immaginiamo che grazie alla collaborazione tra Università, ENEA e Stellantis, si sviluppino progetti capaci di monitorare, prevenire e correggere gli impatti dell’attività estrattiva, creando nuovi posti di lavoro e nuove professionalità. Immaginiamo che i fondi che oggi si disperdono in mille rivoli, vengano incanalati in un centro di eccellenza aperto all’Europa e connesso alle reti globali della ricerca.
Questo
non è un sogno. È una possibilità reale. Una scelta politica,
culturale, economica. Che però, per diventare realtà, ha bisogno di
coraggio e visione. Ha bisogno di cittadini che si attivino, di
istituzioni che non abbassino la testa, di università che si aprano alla
società, di imprese che vedano nel cambiamento un’opportunità e non una
minaccia. L’intelligenza artificiale non è una moda passeggera. È una
trasformazione profonda che cambierà il modo in cui produciamo,
consumiamo, curiamo, insegniamo, costruiamo relazioni. Nessuna regione
può permettersi di rimanerne fuori. Tantomeno una terra come la
Basilicata, che ha bisogno di rigenerarsi, di ripensarsi, di superare la
logica dell’assistenzialismo e della subalternità. Oggi ci troviamo
davanti a un bivio. Continuare sulla strada dell’estrazione cieca e
della rendita di posizione, oppure aprire un nuovo ciclo, in cui le
risorse servano non a svuotare la terra, ma a riempirla di senso,
conoscenza, valore.
Serve
un nuovo patto tra i soggetti che operano in Basilicata. Un patto di
responsabilità e di visione. Serve una Fondazione o un’Agenzia
pubblico-privata dedicata esclusivamente alla transizione tecnologica
del territorio. Serve che le compagnie petrolifere, italiane e
straniere, comprendano che non possono più limitarsi a “compensare”:
devono co-investire nello sviluppo del territorio che le ospita.
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Viggiano e il petrolio |
Serve
anche,e soprattutto, che la politica regionale smetta di essere
marginale e inizi a pretendere il rispetto che merita. Che si faccia
promotrice di una legge quadro regionale sull’innovazione,
sull’intelligenza artificiale, sulla ricerca scientifica applicata ai
territori. Non possiamo continuare a subire. Dobbiamo costruire. Questo
appello è rivolto a tutti: ai cittadini, perché ritrovino fiducia e
orgoglio; alle istituzioni, perché osino; alle imprese, perché credano
nella cooperazione; ai giovani, perché non fuggano ma si sentano
protagonisti.
Senza
un disegno comune, restano solo frammenti. Ma se colleghiamo i punti,
se mettiamo in rete energie, se costruiamo ponti tra sapere, lavoro e
impresa, allora davvero potremo dire che la Basilicata ha imboccato la
strada giusta. Non vogliamo più essere una terra di passaggio, né una
terra saccheggiata. Vogliamo essere una terra che pensa, che progetta,
che costruisce. Una terra dove l’estrazione si trasformi in creazione.
Chi
estrae ricchezza da un luogo deve anche contribuire alla sua
rigenerazione. Questa non è un’utopia, è una necessità. Una questione di
etica, di giustizia, ma anche di lungimiranza economica. Perché nessuna
compagnia può prosperare su un territorio che si spegne. Perché il
futuro, anche per loro, dipende da quanto sapranno costruire assieme a
chi oggi li ospita.
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Gaetano Fierro |
In Arabia Saudita, le compagnie costruiscono isole nel mare. In Basilicata, noi chiediamo di costruire isole di sapere, ponti di ricerca, città della conoscenza. Non è troppo. È il minimo per ricambiare ciò che ogni giorno viene prelevato. Il tempo del silenzio è finito. Il tempo della richiesta cortese ha lasciato il posto alla necessità impellente. Non possiamo più permetterci il lusso della rassegnazione. Se non ora, quando?
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