La comprensibile nostalgia
per la Maratea di ieri ritorna di frequente in tutti noi, quivi nati
e stabilmente residenti e non, turisti ed ospiti annuali che periodicamente
quivi ritornano soprattutto per le vacanze estive, ma non può e non deve
prendere il sopravvento in una serena riflessione sulla Maratea di oggi.
Si tratta pur sempre di un piccolo Comune di Basilicata nel
Mezzogiorno d’Italia che, dignitosamente
con la sua comunità di poco meno o poco più di cinquemila anime e con le varie
Amministrazioni comunali, ha fatto fronte negli anni ai tanti, anche profondi
cambiamenti che nel frattempo, lentamente ma inesorabilmente, intervenivano e
dovevano, comunque, storicamente intervenire. E così Maratea si è trasformata
notevolmente e con essa anche la sua piccola, stabile comunità disseminata sul
suo territorio tra Centro storico, le tante Frazioni e nuove zone, per così
dire, di espansione, ed ha governato sin qui, come ha potuto e non senza
commettere errori, il crescente fenomeno turistico, di fondamentale importanza
per la sua debole economia, dal quale è stata ed è provvidenzialmente
interessata. Mi riferisco, in particolare, a tale fenomeno come, ormai da anni,
viene qui vissuto nei mesi di luglio ed agosto e soprattutto nel più breve
periodo del “Solleone”, quando il sole fa il suo ingresso nel segno zodiacale
del Leone, astrologicamente dal 23 luglio al 22 agosto (periodo noto come
quello più caldo dell’anno). È in tale limitato arco di tempo che è possibile registrare il maggior numero
di presenze(trentamila, quarantamila e
forse più) e la piccola, stabile comunità locale ed il suo piccolo Municipio hanno un
comprensibile e giustificato gran da fare,
quasi a sorta di compensazione con quanto si fa nel resto dell’anno.
Non manca chi (pochi, in verità) auspica
che “l’emergenza estiva” passi in fretta mentre in tanti gradirebbero una
diversa articolazione del turismo con impegno di un più lungo arco temporale anche per evitare a
Maratea periodi di vero e proprio letargo.
E veniamo al recente, stimolante dibattito locale, scaturito dall’ormai famoso
“tornello” per l'accesso alla statua del Cristo Redentore sul monte San Biagio.
I ricordi nostri e di quanti periodicamente, soprattutto
d’estate, fanno qui ritorno da più antica data, legati alla bella e sempre
tranquilla (anche nei mesi estivi) Maratea di ieri ( quaranta, cinquanta anni
fa), che sono poi i ricordi di fanciullezza e di gioventù, appartengono ormai
indelebilmente al patrimonio della mente
di chi ha vissuto quegli anni. Trovo
però che, a volte e specialmente in
quelle persone che hanno scoperto la bellezza di questi luoghi tanti
anni fa ed hanno poi potuto continuare a goderne in prosieguo ed in modo privilegiato con la
comunità locale, questi ricordi del “tempo che fu” finiscano con il prevalere nei
loro odierni ragionamenti, condizionandoli fortemente ed, a mio parere,
piuttosto negativamente.
Mi spiego meglio. Quasi l’intero, notevole patrimonio
naturale, ambientale, paesaggistico, storico, artistico, museale ecc. di
Maratea, oggi candidata a sito Unesco, diversamente da quanto nel tempo
avvenuto altrove, è stato da tutti fin qui goduto “GRATIS ET AMORE DEI” e ciò
nonostante le crescenti difficoltà economico-finanziarie dei Comuni italiani,
compreso il nostro. Tra questi i problemi maggiori devono essere affrontati
proprio da quei Comuni più piccoli che, come Maratea, con il loro Bilancio, a
mala pena riescono annualmente a garantire servizi e quant’altro a loro carico
in favore della piccola e stabile
comunità locale e si trovano a dover poi
garantire altrettanto nei mesi estivi ad
una, se pur temporanea, popolazione magari decuplicata.
Ebbene, a meno che, in buona o mala fede, non si pretenda che
i maggiori oneri e le maggiori spese per l’Ente Comune, derivanti dalla più o
meno decuplicazione agostana dei “marateoti”, ricadano esclusivamente sulla piccola comunità dei residenti, già oberata
di suo da tributi vari (in molti si sono anche proposti per “l’adozione” di
aiuole, aree e spazi comunali loro affidati per manutenzione e cura a proprie
spese), mi sembra ovvia la conclusione che ospiti e turisti siano chiamati a
fare la loro parte a fronte dell’indiscutibile
incremento di spesa pubblica per il Municipio proprio da essi generato. E non
penso che possano cavarsela solo con il pur normale apporto da essi dato alla locale economia
privata, potendo e anzi dovendo essere superata la logica del godimento
indiscriminato di ogni tipo di patrimonio pubblico “GRATIS ET AMORE DEI”.
Ora l’unico, timido, contestato tornello marateota viene
preso a pretesto per chiederne provocatoriamente la collocazione di tanti altri
a cominciare dal Canale di Mezzanotte, da Castrocucco e dalla località La Colla
per poi passare alle 44 Chiese, al Porto ed arrivare anche alla cima del Monte
Coccovello, sino ad ipotizzare il rischio che Maratea diventi “una città di
tornelli e pettri”.
Questo proprio no, ma nemmeno si potrà continuare
con una sorta di “isola felice” o di paradiso, con esenzione totale e
generalizzata da qualsia forma di contribuzione, con tornello o senza tornello,
nell’accesso a specifici e limitati luoghi, di evidente, notevole interesse
turistico, così adeguandosi, naturalmente in modo originale ed appropriato al
contesto, a ciò che invece altrove è
normale regola già da tempo. E di certo mi sembra preferibile questa
scelta, con decisione di destinare le relative entrate alla manutenzione, cura
e migliore fruizione pubblica di tali luoghi a
quella di fatto attuata da altri Comuni, pure a noi vicini, che quotidianamente
o quasi mandano, per così dire, la
Polizia Locale in missione con autovelox su strada statale, magari a
scorrimento veloce, nella parte che attraversa il loro territorio, alla ricerca
di facili ed anche modeste infrazioni ai limiti di velocità.
Allora, perché gridare
“Al lupo! Al lupo!”, dando un
falso allarme e con il rischio di non essere più creduti quando si dice la
verità?
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