Nel manoscritto di Carmine Iannini del 1835, dal titolo "Di S. Biase e di Maratea", dato alla stampa nel 1985 a cura dell'Istituto grafico editoriale italiano, si trova un'ampia descrizione di Maratea offerta dall'autore dopo aver parlato lungamente dell'origine di Maratea. La situazione era naturalmente ben diversa da quella che appare ai nostri giorni come documentata nella fotografia di Biagio Calderano, soprattutto con riferimento a quella parte di territorio posta a valle del c. d. Centro storico.
Don Carmine descrive una Maratea costituta da due Città: la Città superiore e la Città inferiore.
"La Città inferiore incomincia dal punto, dove fu fabbricato il primo Casale: tira sino al Casale secondo, e più oltre: indi si dilata in maniera che rappresenta la lettera M. guardandosi dalla Città superiore. E' lunga circa cinque tiri di fucile: larga tre; però dove più, dove meno. Non fu edificata con disegno, come si osserva dai palazzi che vi esistono, i quali sono tutti un aggregato di piccole case. E' capace per l'abitazione di due mila persone; e se la popolazione non avesse edificato nella Campagna, non avrebbe dove abitare. Per contrario, se le fabbriche di Campagna si fossero fatte in continuazione della Città, la stessa costituirebbe un gran Paesaccio".
La descrizione continua:
"La Città, anche per l'ultimo funesto fenomeno del tremuoto del 2 gennaro 1831, comparisce qual Troja distrutta, e la Campagna si vede tutta ornata di elegantissimi edifici.
Tanto dentro Maratea inferiore, quanto dentro Maratea superiore, non vi sono acque sorgive. In detta Maratea inferiore manca il beneficio de' raggi solari ne' due mesi di decembre e di gennaro. L'Aere, ciò non ostante, è buono. Gli abitanti vi godono buona salute, ed arrivano a vivere sino agli anni ottanta, e più di loro età....".
"All'aria si deve unire l'acqua, che in vari punti in abbondanza scorre cioè in Brefaro, nel Pizarrone, in Zumelio, nella Massa, in Bocca Canina, nella Pantana, in Varacia, in Castrocucco, Pretenocito, Sodola, Ondavo, Porto, S. Maria, Trecchinari, S. Basilio, Cavaliere, Annocarro, Sant'Elia, Fontanelle, Cappuccini, Campo del Molino, ed altrove, tutte fresche, saporosissime, ed in grande quantità. Fra tutte tali acque però la più eccellente, e che merita il nome di Regina delle Acque, non solo in Maratea, ma in tutto il Regno di Napoli, è appunto quella che dicesi di 'Sorgepiano', da' Naturali del Paese, con corrotto idioma chiamato 'Ciurtiano', la quale è fresca, sino a conservare più gradi di neve, è saporosissima, è ristorativa, è leggiera; e sgorga da sotto di un sasso in tant'abbondanza, che oltre all'irrigazione di molti giardini, serve ancora ad animare dieci di numero machine idrauliche, per sfarinar delle derrate, ed altrettanti per uso di trappeti, a pestare delle olivi. Di quest'Acqua, che è un terzo di miglio distante dall'abitato di Maratea inferiore, si serve la di lei Popolazione; e se non avesse altro, solo per la stessa si potrebbe benissimo contenta, beata, felicissima chiamare"........
Questa è solo parte della lunga, attenta, piacevole descrizione della Maratea dei primi anni del 1800, così come pervenutaci grazie al manoscritto-testimonianza di don Carmine Iannini, che considero fonte di riflessione e ricco di preziosi insegnamenti per tante cose, ivi compreso l'esame del moderno/contemporaneo sviluppo edilizio ed urbanistico del nostro territorio.
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