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- ARTICOLO DI NICOLA SAVINO -
Sebbene già con più di un piede nelle vacanze, ma a poche settimane dal caso di Brusca liberato tra la sorpresa generale, dobbiamo forse riflettere sulla tendenza a seguire il principio che < tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare>. Si è infatti molto polemizzato anche sull’<ergastolo ostativo>, la pena senza fine per i reati di mafia (terrorismo, sequestro per estorsione, associazione per traffico di stupefacenti), che per legge può interrompersi soltanto se c’è collaborazione con la giustizia, “o se (questa) risulti impossibile al condannato” (Wikipeda).
Un’impostazione di cui, proprio qualche settimana fa, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità -ai sensi del terzo comma dell’art. 27 della Carta (Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato); ed ha assegnato un anno alle Camere per l’adeguamento della norma vigente.
Ma se il Parlamento-come già altre volte- non provvedesse, cosa accadrebbe degli ergastolani ancora dentro? Si continuerebbe a violare la Legge fondamentale della Repubblica di cui giustamente abbiamo festeggiato l’anniversario? Stante la nostra inclinazione nazionale, occorre ammettere che la probabilità di restare <in mezzo al mare> è molto alta perché la nostra mentalità non sembra esser pervenuta alla sincronia con quella della Carta!
Nel caso del Brusca, si percepisce la prevalenza del desiderio di vendetta, della “voglia” che si”serri in cella e si butti la chiave>.Non a caso, Libero titola che <Brusca ci ha fregato> e la sorella di Falcone si rassegna all’abbreviazione delle pene perché voluta dal fratello ( per incoraggiare la delazione in danno della mafia)! C’è anche chi ironizza: <è la legge, bellezza!>
Dunque, Brusca può uscire perché “conviene”, non per adesione alla Carta! Fa parziale eccezione Tiziana Maioli, ex magistrata, che, avendo osservato (Il Riformista del 2/6)” i virtuosi sono schifati …ma costretti ad allargare le braccia (cioè a rassegnarsi), di fronte alla legge per i pentiti”, e passa all’“ingiustizia vera.. all’ergastolo ostativo”. Per Maioli, dunque, nell’ ipotesi migliore, c’è chi si <rassegna> alla legge; ma non invoca l’esecuzione della Sentenza della Corte. La Gente è percepita come avversa al rispetto di certi punti della Carta, contraria alla “liberazione” dei criminali e allo stesso Jus soli, (motivo per cui il governo Gentiloni lo….. abbandonò, sebbene-per logica elementare-esso sia preferibile alla vigente idiozia dello Jus sanguinis : sono italiani i cugini brasiliani che vennero fanciulli per qualche mese nel 1950, mentre non possono esserlo i nati qui, sebbene frequentino le nostre scuole!).
Ed ecco allora aperto nel nostro Paese l’interrogativo di fondo, grande molto più di una casa!- se sia compiuta una democrazia in cui la “volontà generale” è percepita- dalla Stampa e nelle Istituzioni-come avversa al Patto costitutivo! Il caso Brusca spinge con forza a riproporlo: anche a giudicare dalla stampa- la Gente è totalmente indifferente alla “rieducazione” (di cui al già citato articolo 27).
Nemmeno la Maioli ha osservato che, se perseguito a pieno l’interesse collettivo, dopo 25 anni di adeguato lavoro, il Brusca si sarebbe dovuto trasformare in un rieducato, in un uomo nuovo, in un cittadino positivo per la Comunità. E che, posta l’angolazione costituzionale, il problema centrale diventa quello di orientare gli sforzi pratici ed organizzativi in tale direzione, salvo convincersi che non ne siamo capaci o che l’obiettivo rieducazione è impraticabile: e dunque uscire dall’equivoco, e “correggere” la Carta .
Naturalmente sono tanti i Comuni dotati di un proprio Ufficio legale e tanti anche quelli che agiscono in merito a tale tipo di incarico in favore di Avvocati esterni sulla base di Regolamento comunale approvato dal Consiglio comunale.
Al Comune di Maratea di una propria “Avvocatura comunale” non se ne parla proprio ma, almeno, come già più volte chiesto fin qui e come più facilmente a portata di mano, si potrebbe proporre ed approvare uno specifico Regolamento che ponga fine all’attuale modo di procedere che appare discutibile, privo di un criterio univoco e non proprio rispondente alle crescenti e sempre più complesse esigenze di difesa dell’Ente.
pro Libreria Victoria di Praia a Mare
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Oggi 18 luglio 2021La Libreria Victoria, tramite il consocio Emanuele Labanchi, così ringrazia per la solidarietà dell’UPEL di MarateaTrecchina:
“Caro Emanuele,
sono orgoglioso del vostro sostegno e non vedo l’ora che questa storia finisca per fare assieme, assieme a voi numerose iniziative librarie e culturali.
Il nostro territorio ne ha proprio bisogno.
Vi abbraccio con enorme gratitudine".
Pasquale Lanzillotti
Chiudete le falle delle condotte e aprite i fontanini pubblici
Valerio Mignone
Al nuovo amministratore unico dell’Acquedotto Lucano si fanno gli auguri di buon lavoro, con l’auspicio che venga migliorata la gestione amministrativa e tecnica nella fornitura d’acqua pubblica, evitando i percorsi carsici della politica clientelare, finalizzata ad ambiziose mire di potere.
Il nuovo amministratore dovrà risanare il grave danno, ambientale ed economico, quale é la grande perdita d’acqua lungo le condotte dell’ente. Fortunatamente, è un problema tecnico di non difficile soluzione, cui si potrà far fronte con l’avanzo di bilancio del 2020, di oltre quattro milioni di Euro, che potrebbero non bastare.
L’avanzo di bilancio 2020 per l’Acquedotto Lucano, contrariamente a quel che si pensa, è un dato negativo, proprio per le perdite d’acqua lungo la rete, che stanno a indicare inattività tecnica, passività gestionale, indifferenza della politica, fermo restando il dovuto rispetto per ogni singola persona preposta ai relativi compiti.
Qualche organizzazione sindacale ha lamentato che “le inefficienze finiscono per essere scaricate sui cittadini in termini di maggiori oneri”; è vero, ma occorre evidenziare che in Basilicata la erogazione d’acqua è garantita anche nelle zone impervie, a scarsa densità demografica, con 57 abitanti per Kmq, la più bassa delle Regioni del Sud, ove la media è pari a 172 per Kmq, inferiore, a sua volta, alla media italiana, pari a 285 per Kmq.
Intanto, gli utenti, da Matera al Lagonegrese, tramite il Web, diffondono immagini di fontanini pubblici in ghisa, malridotti e con rubinetti chiusi. Queste mutilazioni non sono da attribuire ad atti vandalici, ma a scarsa manutenzione dell’Acquedotto, per un dubbio, o sciatto, tentativo di eliminarli!
Tale eliminazione va bloccata, perché quei fontanini non comportano dissesti finanziari; e, soprattutto, perché costituiscono un dato storico dell’antropologia lucana degli anni ’40-’50 del ‘900.
In quei tempi, a lato dei fontanini, si faceva il bucato in tinozze con cenere da legna interposta tra uno strato e l’altro della biancheria da lavare, o con sapone fatto in casa. Ed ancora, a questi fontanini andavano donne del popolo con barili da riempire d’acqua, e poi, poggiati sulla testa su un cercine di stoffa grezza, per stabilizzarli durante il cammino, portarli nelle case.
In aggiunta ai fontanini, c’erano i lavatoi pubblici, ove le lavandaie andavano a lavare per alcune famiglie, portando sul capo grosse “ceste”, fatte con strisce di canne, abilmente intrecciate, contenenti la biancheria. Molti di questi lavatoi sono stati abbandonati all’arrivo dell’acqua potabile nelle case, e delle prime lavatrici Candy.
L’acqua é un bene comune, di prima necessità, che, soltanto alla fine degli anni ’50 del ‘900, si è diffuso nelle abitazioni. Nella stessa Milano, presso il Duomo, a Piazza San Sepolcro, ove è nato il fascismo, chi scrive, da medico in visite domiciliari, nel 1965 ha potuto rilevare che in alcune delle cosiddette “case di ringhiera” c’erano un “gabinetto” in comune, ed un modesto rubinetto.