Da "Il Giglio di San Biagio" -Periodico bimestrale della Parrocchia Santa Maria Maggiore di Maratea- estrapolo e trascrivo di seguito un articolo del Prof. Francesco Sisinni:
"Accolgo,
con animo grato, l’invito del Parroco don Luigi, di consegnare a questo
speciale “Messaggero” (che, grazie a lui, riprende voce dopo lungo silenzio),
note di ricordo della Prof. Letizia Labanchi (la “preside”, come tutti da anni
la chiamavano), perché giova a tutti ed in specie ai giovani, far memoria di
quanto merita di essere ricordato: “memorabilia”, sicché soprattutto i giovani
non siano defraudati di quella eredità di principi e valori etici, civili e
religiosi, su cui si può proficuamente costruire un più umano futuro; eredità
tanto più preziosa quanto più il brutto ed il volgare confondono i sistemi ed
offuscano le menti.
Francesco Sisinni
E così, lasciando al tempo della storia (tempo che non può
essere il presente per quel coinvolgimento, che non garantisce l’obiettività
che pur la storia esige), la fatica interpretativa di una personalità così
semplice, quanto complessa, mi limiterò a riflettere su quel che a me pare il
“lascito” più significativo, che tutti gli altri comprende: l’esempio.
Esemplare, infatti, è stata Ella nella Scuola,
nell’insegnamento e nella guida, in cui il compito, scelto per attitudine e
vocazione, ha saputo svolgere con alto senso di responsabilità e con
intelligente ed amorevole cura. E ciò grazie a quella cultura, che ci
costruisce, giorno per giorno, alla “lezione degli antichi” e, nel contempo,
nel “laboratorio dei moderni” ed a quella tensione morale, che conosce più
l’imperativo categorico Kantiano, che le edulcorate fabulazioni di comodo,
ovvero, l’ammonimento di Tommaso d’Aquino, secondo cui nella Morale il
compromesso è un’ipotesi impossibile! E
grazie, anche, a quella concezione dell’Uomo, che rinvia al Maritainiano
“Umanesimo Integrale”, in cui l’uomo stesso, individuo unico ed irripetibile
(per dirla ancora con Tommaso), è segnato, nel tempo e nello spazio, cui pure
appartiene, dall’ansia dell’infinito e dell’eterno.
Perciò il suo insegnamento non poteva che perseguire il “Sapere”
(che viene da sapor), più che i “saperi”, che, imbrigliando nell’esasperato
monadologismo, inducono alla perdita,
con l’unità dell’uomo stesso, del senso della storia: una saggezza, cioè, che,
tra l’altro, ignora il conflitto tra Scienza e Fede.
Esemplare è stata ancora nella vita, la cui testimonianza si
inscrive in quella sorta di volontariato etico, o meglio, laico-cristiano, che,
fondandosi, certo, su attitudine e vocazione, si alimenta di cultura e si attua
nell’impegno totalizzante della missione: una testimonianza, che investe anzitutto
la persona, la quale prova la sua credibilità nella stima che riscuote in
istituzioni ed ambienti diversi e che, conseguentemente, si manifesta in una
condotta di dedizione ad una causa alta, ovvero, a quella gratuità gioiosa del
dono, che conosce e premia chi si pone nella sequela di Cristo.
Ricordo che, nel clima inquieto ed inquietante del post
Concilio Vaticano II, Ella mi volle far dono della “Lumen Gentium”,
sottolineandomi, in particolare il cap. IV, ove si invitano i laici ad essere nel
mondo “ciò che l’anima è nel corpo”, ovvero “sale della terra e luce del mondo”
(Mt 5,13-14). Su quel testo, nei nostri consueti incontri, siamo tornati più
volte, ora alla luce della lettura di Giuseppe Lazzati (v. esegesi della lettera
“A Diogneto”) o di Benedetto XVI (v. l’Enciclica “Deus caritas est”) ed ora,
piuttosto, interpellandoci alla stregua del messaggio di Caterina da Siena (v.
“La Città prestata”), ma, anche, del nostro venerato Cardinale Casimiro Gennari
(v. “Sui doveri dei cattolici nelle rappresentanze politiche ed
amministrative”), in relazione all’impegno cristiano per il conseguimento del
“bene comune”, ossia, di quel nuovo Umanesimo finalmente fondato sull’Amore.
E vorrei concludere con l’auspicio che tanto “lascito” non
resti infruttuoso, soprattutto nella nostra Maratea, che da giovinetta fino
agli ultimi giorni ha liricamente sublimato nei paesaggi, nelle chiese e nelle contrade
e nella “sua” Scuola, che volemmo intitolare al nostro Cardinale, la quale, spero, vorrà intanto ricordarLa,
semmai dedicandoLe la Biblioteca o un’aula".
Nessun commento:
Posta un commento