Articolo del Dott. Valerio Mignone pubblicato in data odierna su
"Il Quotidiano del sud -Edizione Basilicata".
"Il Quotidiano del sud -Edizione Basilicata".
Nord e Sud al tempo del Covid-19 Se non ora, quando…?
Valerio Mignone
Il virus Covid-19, nel
generare la pandemia in corso, ha dimostrato che il globo terrestre è un
villaggio che può essere facilmente, e rapidamente, raggiunto da agenti
infettivi, in ogni latitudine.
Strana coincidenza, o monito della
Storia: in quella Codogno, ove è stato identificato il paziente numero 1 della
pandemia da Covid-19 in Italia, seguito da un elevato numero di vittime, nacque
Giulio Alfredo Maccacaro! Direttore dell’Istituto di Biometria e Statistica
medica dell’Università Statale di Milano, sollecitava la partecipazione dei cittadini
nel promuovere la salute, e la riforma del sistema sanitario nazionale, con il
superamento delle casse mutue, e la loro sostituzione con le Unità Sanitarie
Locali. Egli era solito affermare che “L’unico modo di autenticare la scienza è
che questa corrisponda all’interesse dell’uomo. L’uomo individuale e l’uomo
collettivo. Non può, quindi, la scienza operare mai contro l’uomo”.
Non amato dai “baroni della medicina”
milanese, Giulio A. Maccacaro suscitava interesse tra giovani medici, e
studenti universitari del ’68. Dopo quegli anni si diffuse sia nel mondo
scientifico, sia nella opinione pubblica la consapevolezza della correlazione
tra ambiente naturale e salute, tra ambiente di lavoro e malattia. E in seguito
a ciò, i cittadini si impegnarono nella tutela della salute propria e
dell’ambiente, promuovendo la esecuzione degli screenings di massa. E’ stata anche l’epoca di Franco Basaglia,
della psichiatria democratica e dell’abolizione dei manicomi.
In verità, già
nel 1700 il medico Bernardino Ramazzini, nativo di Carpi, in provincia di
Modena, chiedeva ai suoi pazienti: “Che lavoro fai?”, perché nell’ambiente di
lavoro può essere l’origine della malattia. Era il caso degli addetti alla
pulizia delle fogne che si ammalavano di tifo, colera, congiuntiviti; o, in
tempi più recenti, per la silicosi nei minatori, o per la esposizione
all’amianto nell’asbestosi. Queste furono le radici della medicina sociale,
che, agli inizi del ‘900, a Milano, indussero Luigi Devoto a istituire la prima
clinica del Lavoro nel mondo, con lo scopo di organizzare la prevenzione e la
cura delle malattie da Lavoro.
Ai giorni nostri, l’Istituto
Superiore di Sanità (ISS), l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (Ispra), il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa),
eredi di Ramazzini e Devoto, hanno iniziato uno studio epidemiologico a livello
nazionale per valutare la correlazione tra la insorgenza della pandemia da
Covid-19 e l’inquinamento ambientale da particolato; ciò, per scoprire le vie
di trasmissione, ai fini della prevenzione, e per ogni eventuale terapia. Si sta studiando anche l’effetto del
distanziamento sull’inquinamento atmosferico e sui gas serra, durante la
sospensione del traffico automobilistico.
Ben si può notare che in questa pandemia c’è materia di studio per tutte le
scienze, umane e fisiche. Tra l’altro, gli epidemiologi potranno spiegare i
motivi per cui il Covid-19 ha avuto minore morbilità e letalità nel Sud rispetto
al Nord, sia sul territorio, sia nelle Residenze Sanitarie Assistite, e nei
reparti di Geriatria e di Oncologia, i cui degenti, comunque, sono debilitati
nelle loro difese.
Ai precetti per la tutela
della salute dell’uomo dovrebbero attenersi non solo i medici, anche gli
urbanisti, preposti a tutelare la salute dell’ambiente! Ma così non è! Sia al
Nord, che al Sud!
Milano è la città che, urbanisticamente, ha accettato
la costruzione di grattacieli alla Dubai e Manhattan, definiti “giardini verticali”
o pensili, per quegli alberi ed arbusti disseminati tra i balconi dei vari
piani, nel tentativo di abbellire le colate di cemento, e produrre un po' di
ossigeno naturale per neutralizzare la CO2, ivi prodotta. Per far ciò, gli
architetti progettisti sono venuti a patti con la Madonnina del Duomo, la cui
altezza, per secolare tradizione, non è stata mai violata; e l’hanno messa a
tacere collocando alla sommità dei grattacieli una copia della Madonnina
stessa. Ma la inventiva, pur brillante, non ha trovato la soluzione per diluire
ceneri, e fumi, i quali, seppur benedetti dalle Madonnine gemelle, comunque
avvelenano l’aria, e lo stesso terreno, che nemmeno le esondazioni del fiume
Seveso, le cui acque allagano e inquinano i seminterrati di Niguarda, riescono
a sanificare.
Aggiungendo a ciò lo smog
prodotto dagli insediamenti urbani e dai numerosi stabilimenti industriali, si
crea nel cielo della pianura padana una cappa pendula di quelle particelle
sospettate di essere patogene. Per questo, si può affermare che il cielo del
Nord non tollera più insediamenti industriali, a meno che non si voglia mettere
a rischio la salute delle popolazioni ivi residenti.
Ma se il Nord piange, il
Sud non ride! Guardando giù dal Passo di Agerola - la cima del colle a cavallo
tra la costiera amalfitana e la pianura del Sele e del Sarno - si ha il quadro
di una densa conurbazione attorno a Napoli, la città metropolitana più estesa
d’Europa, da Battipaglia e Pontecagnano fin verso le pendici del Vesuvio, e di
lì, verso Formia e Latina. Qui, la Madonna di Pompei protegge la popolazione
dalla minacciosa eruzione del Vesuvio con quella supplica che ogni anno le viene
rivolta solennemente; mentre, a Napoli, è a San Gennaro che si scioglie il
sangue nella teca per quei grattacieli sorti al Centro Direzionale.
Insomma, se il cielo
prealpino non accetta più insediamenti industriali, ancorché 4.0, in Campania è
il suolo a non avere disponibilità per altre costruzioni.
Sul piano antropologico,
a dispetto di predicatori razzisti, le popolazioni di Nord e Sud Italia, benché
temporaneamente divise da questo virus, sono un tutt’uno, e la cosiddetta
Questione meridionale non esiste più, sia essa di denuncia querula alla
Fortunato, sia di proposta alla Guido Dorso e Manlio Rossi-Doria. Dai tempi di
Fortunato, il Sud Italia ha risanato in buona parte il dissesto idrogeologico,
con strade, reti elettriche, ed idriche, bacini e canali per irrigazione, che
hanno consentito di contenere movimenti franosi, di bonificare terreni
paludosi, e debellare la malaria.
Tra i primi promotori
dello sviluppo del Sud, è stato proprio
un milanese, Eugenio Azimonti, nato nel 1878 a Cerro Maggiore, e vissuto a
Pedali, l’attuale Villa d’Agri, dove giunse dopo la legge speciale per la Basilicata
del 1904, voluta da Zanardelli, che istituiva le cattedre ambulanti per
diffondere tra i contadini nuovi sistemi di coltivazione. Azimonti, per
venticinque anni svolse l’attività di agricoltore; introdusse l’uso di
macchinari innovativi per il processo di bonifica, impiantò frutteti, vigneti,
coltivò erba medica e diverse varietà di grano, ed avviò l’allevamento di
vacche da latte. Combattè l’analfabetismo e l’evasione dall’obbligo scolastico.
E fu il piemontese Adriano Olivetti
che, presidente dell’Istituto Nazionale di
Urbanistica, nel 1949, giunse a Matera assieme a sociologi ed economisti
americani, quando i Sassi erano ancora densamente abitati, e lo furono per i primi
anni ’50. Una prima complessa indagine conoscitiva
puntò a crearvi "Comunità"
nuove, con il risanamento e la riorganizzazione delle condizioni di vita.
Seguirono le grandi emigrazioni interne
degli anni ’60, durante le quali ci fu qualche forzatura dell’etica, al Nord, e
al Sud! Nelle Langhe, le donne del posto abbandonavano i campi, e i loro
contadini, per andare a lavorare nelle fabbriche; e questo vuoto fu colmato
dalle “Calabrotte”, giovani donne calabresi che, a loro volta, abbandonavano le
terre calabre per trasferirsi a coltivare i campi delle Langhe, con la
prospettiva di un matrimonio combinato con un uomo mai visto, se non su qualche
foto taroccata a mezzo busto per carta d’identità! Da quell’abbraccio sono nati
calabropiemontesi che hanno contribuito a rendere unita l’Italia, ed oggi
tendono a fare l’Europa unita.
Nell’ambito di una politica di mutuo
soccorso nazionale, dopo sfortunate esperienze di
insediamenti industriali in settori già superati, come il tessile a Maratea e
Praia a Mare, ed il chimico nel Materano, l’ultimo grosso insediamento
industriale al Sud è stato, nel Melfese, lo stabilimento della Fca-Fiat, la cui
spesa complessiva, pari a 6,6 miliardi di lire, per metà fu erogata dallo
Stato. L’attività ebbe inizio nel 1994; ed oggi è una delle fabbriche
automobilistiche più produttive a livello mondiale, soggetta soltanto agli
andamenti dei mercati mondiali.
La Basilicata, inoltre, rispetto alle
altre regioni del Sud, da qualche anno incassa royalties da compagnie petrolifere per una discussa attività
estrattiva di idrocarburi dal suo sottosuolo. Essa,
che ha già siti e industrie inquinanti, dal Melfese alla Val d’Agri, al Pollino,
al Metapontino, al Materano, non chiede altre industrie; chiede infrastrutture
immateriali come la valorizzazione di beni artistici, monumentali e
naturalistici, per l’incremento del turismo; e prima di tutto, chiede la
Facoltà di Medicina a Potenza, cogliendo la necessità di un maggior numero di
medici ed infermieri in Italia. Se non ora, quando operai, studenti, sindacati,
medici e docenti, rappresentanti delle Istituzioni si mobiliteranno, sbattendo
anche i pugni sul tavolo, per chiedere tale istituzione?
Si sa, per l’Italia è un
momento critico; aumenterà il debito pubblico per far fronte alla
ricostruzione; ma non si deve permettere una limitazione al diritto allo studio
per lo scarso investimento nella formazione universitaria, destinandole solo
l’1% del Prodotto Interno Lordo (PIL), molto al di sotto di quanto investono
altri paesi europei. E la Basilicata, in particolare, dovrà attivarsi perché in
essa ci sia un più ampio ventaglio formativo con la Istituzione della Facoltà
di Medicina, invitando in questo progetto le aziende private che traggono
profitti in Basilicata.
Quanto a infrastrutture
materiali, la Basilicata chiede la messa in sicurezza di scuole ed edifici
pubblici, ammodernamenti di tratti stradali e ferroviari, per il rilancio di edilizia,
artigianato, agricoltura, new economy.
A tale proposito, rattrista la smentita di trionfalistici comunicati stampa di
parlamentari su promesse ferrovie ad alta velocità, pubblicata a pagina II de
il Quotidiano del 17 maggio 2020; si tratta solo di lavori di ordinaria
manutenzione, con scarsi investimenti al Sud.
Dalla mappa della
diffusione del Covid-19 si nota che la sua minore incidenza si ha a sud di
Salerno, nel tratto calabrolucano dello Stivale, ed è qui che si possono
insediare nuovi siti industriali new economy,
da aggiungere a quelli esistenti.
In Basilicata operano l’Enea alla
Trisaia di Rotondella, il Cnr a Tito, il Centro di Geodesia spaziale a Matera.
Ci sono Centri di ricerca per alta formazione di giovani lucani e del Sud, e
per incubazione di progetti di innovazione come la bonifica ambientale da
scorie radioattive, da contaminazioni petrolifere, e da quell’amianto,
adoperato a Ferrandina, in Valbasento,
dal 1973 al 1989.
A Reggio Calabria si producono treni ad
alta tecnologia, che vengono esportati in tutto il mondo - dal Giappone a
Milano – dimostrando la presenza di risorse umane con capacità di ricerca, e
produttività ad alta innovazione tecnologica.
I porti del Sud,
soprattutto quello di Gioia Tauro, svolgono il 43% dell’interscambio marittimo
nazionale; ed il 20% del traffico container nazionale. Gioia Tauro, tra
l’altro, è uno degli scali per linee con l’estremo Oriente, per la Via della
Seta, e per le Zone Economiche Speciali (ZES) nel Meridione.
Nella classifica dei 180
Dipartimenti universitari esistenti in Italia, stilata per poter ripartire
risorse finanziarie, tra i migliori appare
il settore civile-strutturale della Università di Napoli, Federico II. Per
l’indice H, il più importante tra gli indici bibliometrici, la Federico II è in
settima posizione, e precede il Politecnico di Milano, il Massachusetts
Institute Technology (MIT), alla quarantaquattresima posizione, la Stanford,
alla centodiciannovesima posizione. Di ciò vanno informati i giovani
meridionali, per invitarli a rimanere al Sud.
Ma la mafia? E’ “un potere forte”, i cui capi si nascondono in ben protetti palazzi del Centronord, non più negli anfratti dell’Aspromonte! Per tenerla a bada, ci deve pensare il potere autonomo della Dea bendata, con i suoi sacerdoti del Consiglio Superiore della Magistratura!
In conclusione, la Questione
meridionale è diventata Questione nazionale, è interesse dell’Italia intera
investire maggiori risorse nel Sud, come la Germania, a suo tempo, dopo il
“crollo del Muro di Berlino”, ha investito per lo sviluppo dei Lander dell’Est,
ed è diventata, per economia, la prima nazione europea, e una delle prime nel
mondo.
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