Di seguito un interessante articolo di Giusi Ambrosio, Docente di Storia e Filosofia in pensione, recentemente pubblicato su "Laboratorio donnae":
LA COMPAGNA DI BANCO
La scuola nel tempo del coronavirus.
Il potere dell’invisibile si impone nella condizione della
fragilità della vita umana, occupa le organizzazioni delle forme politiche, la
gestione delle emergenze sanitarie, scuote dalle fondamenta i sistemi economici
e le ideologie del libero mercato, della libera circolazione di merci e di
popoli.
Una pandemia dall’oscura origine ha imposto come forma di
prevenzione la distanza, distanza sociale viene chiamata anche se più
propriamente dovrebbe dirsi distanza fisica.
Le vite e il pensiero di noi tutti e tutte sono state sospese
e incantate dai numeri e dai grafici. Chi ha potuto ha richiamato alla memoria
le coordinate cartesiane con cui si tracciavano le curve della diffusione del
contagio, dei ricoveri in terapia intensiva, delle guarigioni, delle morti.
Tracciati relativi all’intero paese, poi alle singole regioni, poi ancora di
confronti e di sovrapposizioni tra i dati.
Molti numeri e molte percentuali ci
hanno fatto compagnia e hanno offerto argomento di conversazione a distanza
come il virus e le nuove necessarie cautele hanno richiesto e hanno indotto.
Anche le persone meno scolarizzate hanno acquisito elementi di matematica,
aritmetica e geometria per interpretare questa particolare fase della Storia di
cui forse qualcuno un tempo narrerà. L’emergenza del numero, quante mascherine,
quanti respiratori, quanti ventilatori, quanti posti letto, quanti medici,
quanti morti.
Scompaiono i generi e si annullano nella neutralità. Esperti,
medici, infermieri, sono anche esperte, mediche, infermiere. Di questo non si
narra come non si narra in qual modo le singole loro vite sono sconvolte
ugualmente e differentemente. Così come quando si parla della scuola non si
ricorda che in maggior numero sono donne le insegnanti e in particolar modo le
maestre.
Al centro della realtà vi sono i corpi. Corpi che debbono
essere protetti, corpi che debbono essere curati, corpi che debbono essere sepolti.
Ognuna di tali condizioni è una possibilità che si prospetta ad ognuno/a e che
apre ai più disparati sentimenti, sentimenti di smarrimento e sentimenti di
angoscia, sentimenti operosi delle cure e sentimenti faticosi della pietà.
Una iniziale reazione di autodifesa psicologica ha portato a sottovalutare il pericolo
incombente e non immaginando la entità e
il numero delle vittime a cui ci si poteva riferire ha espresso un consolatorio
e forse cinico “muoiono solo i vecchi” che a ripensarlo ci mortifica nella
scoperta di una recondita ingratitudine e insensibilità nei confronti di tante
vite e tante persone che sono state all’origine della nostra storia più recente,
di conquista di libertà e di costruzione di una civiltà del progresso e
dell’assistenza.
Ma forse in quella superficiale affermazione si esorcizzava
il più grande dei timori possibili e cioè che la malattia potesse aggredire le
più giovani e piccole vite. Questa sarebbe stata la più grande disperazione e
la catastrofe morale dinanzi alla quale anche la più efficiente organizzazione
sanitaria, le più elevate forme di competenza e di accudimento terapeutico
avrebbero corso il rischio di crollo psicologico.
Per fortuna non muoiono i bambini e le bambine, non muoiono
gli adolescenti e le adolescenti, abbiamo detto quasi in silenzio, nel timore
arcaico che il nemico invisibile si palesasse per smentirci e prendesse nuovo corpo,
invadendo i corpi più giovani e più delicati. Ha agito la paura arcaica e
magica o forse anche religiosa che il solo nominare qualcosa la renda reale,
che l’invisibile malefico e maligno possa manifestarsi, divenire palesemente
aggressivo, irrimediabilmente feroce.
I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze sono
custodite, sono al riparo nelle case e guardano ove possibile le strade vuote,
ove possibile si collegano e entrano in relazione tra loro mediante telefonini,
computer, strumenti che la tecnologia rende quasi protesi, prolungamenti di
vista e di udito, dei sensi che si riaffermano come predominanti se non
addirittura esclusivi.
La difesa prioritaria delle loro vite e la cautela nel non
volerli esporre al contagio e anche trasformare in portatori del virus ha
richiesto la sospensione della loro abituale quotidianità mediante la chiusura
delle scuole. Necessità fisica, sociale, sanitaria, psicologica a cui tutte le
responsabilità politiche sono chiamate e tenute a valutare, a sostenere.
Ma le giovani vite sono state diversamente colpite e gli
effetti destabilizzanti potranno riguardare il loro modo di stare al mondo.
Alla paura del rischio e al rischio sono esposti i loro percorsi di formazione,
di crescita culturale, di relazione con il sapere e le figure di riferimento rappresentate
innanzi tutto dalle maestre della scuola primaria e poi da professori e
professoresse della scuola secondaria. Ma è l’insieme del sistema scolastico e
del suo funzionamento che è esposto al rischio di frantumazione, alla
destrutturazione della forma dell’apprendimento in presenza, allo svuotamento
della molecolare dimensione della classe che rappresenta il luogo costituente
della socializzazione e dell’apprendimento.
Un grande impegno è stato richiesto a insegnanti, alle
maestre e ai maestri, a ogni figura docente, a tutto il personale scolastico e
al sistema educativo per elaborare e praticare una modalità di didattica a
distanza. Una pratica didattica che tenesse desto in nuovo modo l’interesse per
tecniche dell’apprendimento e non lasciasse nell’abbandono le facoltà del
misurarsi con i contenuti delle varie discipline e in certo senso con il
divertimento curioso della novità, e con il riferimento ideale ad una realtà
fisica di luoghi, aule e banchi, insegnanti e quaderni, compagni e compagne.
Riconoscimento e riconoscenza nei confronti di questa didattica sostitutiva
sono dovere fondamentale.
Ma la scuola che dovrà ricominciare dovrà anche rimettere al
centro le relazioni come parte integrante dell’apprendimento e della crescita.
La classe è il luogo della vicinanza, è il luogo delle relazioni che si
sviluppano nel contatto e nel movimento, negli odori e nei sapori, nel consumo
delle merende e dei pasti, nelle corse nei corridoi, negli scherzi, negli
scambi degli abiti, nelle imitazioni buffe di direttrici e insegnanti. La
classe è il luogo dell’apprendimento nel confronto con il vicino, con la
compagna di banco, con l’esposizione pubblica di quanto acquisito o di quanto
personalmente elaborato; è anche luogo dell’apprendimento mediante il
riconoscimento dell’errore e quindi è luogo della misura nel confronto, di
sfida per emergere, di sforzo per essere riconosciuto e valorizzato. La classe
è anche la prima palestra per l’amicizia e il luogo iniziale degli innamoramenti,
delle prime gioie e prime pene, prime esperienze dell’attrazione ideale e
sessuale. A scuola si corre e ci si accalda, ci si insegue e respira accanto;
ci si urla nel gioco e ci si sussurra nel suggerimento di una data, di una
formula, di un nome. E il corpo di ognuno, di ognuna e di tutti che forma un
corpo unitario così come quelli di maestre, maestri, docenti di ogni
insegnamento e livello formano insieme il corpo docente.
La scuola offre una esperienza ricca perché impegna tutti i
sensi e rende il corpo parte costitutivo del sapere. Non solo la vista e
l’udito, ma il gusto e il tatto, la vicinanza e l’olfatto, la vicinanza e il
contatto sono costitutive parti del corpo pensante, della mente produttiva,
della fantasia intuitiva di ipotesi, della immaginazione di altri spazi e di
altri mondi.
Che un virus tanto malefico abbia la potenza di destrutturare
la istituzione della scuola nella sua più profonda costituzione materiale e
organica è un pericolo di lunga durata e di imprevedibile estensione.
Riaprire le scuole, ritornare a scuola: Uno scenario da
definire per il prossimo futuro è impresa molto ardua e fonte di inquietudine.
I rischi della
malattia non sono superati e i timori le angosce dinanzi ad un futuro rientro a
scuola per il gran numero di soggetti che coinvolge sono molto profondi. La
scuola non solo comprende personale docente e popolazione studentesca ma coinvolge
anche un gran numero di padri, madri o altri adulti che accompagnano, utilizzo
di mezzi pubblici e privati, personale di segreteria e tecnici di laboratorio, personale
di pulizia e di sorveglianza degli ambienti, dirigenti didattici e
amministrativi.
In egual modo anche
una ipotesi di scuola a distanza che trasformi in norma quanto ora appreso in
necessità costituisce una possibilità da considerare come isolamento che può
produrre effetti pericolosi per la vita fisica e psichica, per la formazione
del sentimento della relazione con coloro che insegnano e coloro che
apprendono, per la formazione delle coscienze e per il riconoscimento
dell’altro e dell’altra nella forma dell’amicizia.
Anche una ipotesi di distanziamento fisico in particolar modo
nella scuola primaria oltre che difficilmente praticabile potrebbe funzionare
solo nel convincimento di pericolosità insita in ogni vicinanza, in ogni
respiro, in ogni contatto. Una prospettiva di timore e sfiducia nei propri
simili non gratificante e dagli imprevedibili effetti nella costituzione di un
pensiero per cui i corpi sono pericolosi. Se le aule vengono attrezzate con
barriere tra i banchi, con divieto di spostamento da un posto ad un altro, con
merendine da consumare stando fermi, una scuola senza ricreazione e senza
scambi di figurine, di palline, e anche di abbracci e spinte certamente sarà
per i bambini e le bambine un luogo di tristezza e di privazione degli affetti.
Le modalità dell’apprendimento, la comunicazione che passa attraverso la
vicinanza e la fiducia ne saranno compromesse.
Come per il potenziamento del sistema sanitario anche per il
sistema scolastico saranno necessari investimenti di progettualità didattica,
di metodi che includano la presenza, la verticalità e la circolarità nella
trasmissione e elaborazione delle conoscenze, che riconoscano la vicinanza e la
relazione come basilari condizioni della crescita. I corpi sono senzienti e
pensanti. La scuola è il luogo in cui si elaborano le prime esperienze di
uguaglianza, parità, differenza: Il luogo e l’istituzione a cui si richiede una
filosofia e una pratica della differenza di genere e di ripudio della violenza.
La lotta politica e
culturale che il coronavirus impone dovrà trovare nella difesa della scuola un
punto centrale per garantire la possibilità di futuro democratico per le più
giovani generazioni.
Giusi Ambrosio
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