Covid-19 tra autarchia regionale ed Europa
Valerio Mignone
Resilienza! Ch’è? Resilienza, una parola nuova usata in documenti ufficiali per un significato vecchio! Nei dizionari della lingua italiana di qualche anno addietro la parola non è reperibile; la si trova nei manuali moderni di psicologia che, a sua volta, l’ha tratta dal linguaggio della tecnologia per indicare la resistenza di metalli a prove d’urto. Nei giorni nostri, si usa questo neologismo per incoraggiare a resistere al Covid-19, in attesa di tempi migliori. Resilienza sta per rinascita sociale, dopo la strage di vite umane da Covid-19 tra le popolazioni della Terra, sia nel Terzo Mondo, là dove si vive ancora secondo natura, sia là dove, nel tentare una equanime Organizzazione della vita civile, sono stati istituiti vari modelli di Servizi sanitari.
Nessun Servizio sanitario nazionale ha retto, né in Europa, né in America, né altrove. Altrettanto dicasi per le Regioni in Italia. Punti critici sono stati, e sono: Residenze Sanitarie Assistite (RSA), Negazionismo, e Conflittualità tra studiosi, e tra Istituzioni: Stato, Regioni, Comuni.
In Italia, focolai epidemici si sono sviluppati nelle cosiddette Residenze Sanitarie Assistite (RSA), ove gli anziani, con un sistema immunitario debilitato dall’età, non hanno neutralizzato il virus, veicolato da qualche ignaro portatore. Malattie concomitanti di altri organi e diabete sono stati ulteriori fattori di richiamo per il virus.
Con l’allungamento della vita media, sono nate queste RSA come dimore di persone non autosufficienti, e non assistibili nelle proprie case da familiari ad esse dedicati. Esistono RSA medicalizzate, con presenza di medici H 24, e RSA solo come dimora, gestite comunemente da associazioni e cooperative con qualche deficienza organizzativa. Provvedimento imperativo da adottare è la medicalizzazione delle RSA.
Nella gestione della pandemia sono apparsi anche intralci d’ordine culturale. I cosiddetti “negazionisti” che non considerano pericolosi gli assembramenti, e ritengono inutile la mascherina nel bloccare il Covid, come da appelli delle Organizzazioni sanitarie. In maggioranza sono persone appena alfabetizzate, vogliose di parlare. Ma, incredibile a dirsi, ci sono anche medici che disconoscono evidenze scientifiche; e sul Web, sono molti i negazionisti che, pur privi di competenze, diffondono dicerie in pensieri brevi, facendo danni da untori.
Non negazionista, ma garantista sulla metodologia è l’affermazione di un’infettivologo che non si sarebbe vaccinato “fino a che i dati di efficacia e sicurezza non fossero stati messi a disposizione sia della comunità scientifica, sia delle autorità che ne regolano la distribuzione”. E’ il caso di tranquillizzare gli aspiranti alla vaccinazione antiCovid comunicando loro che gli studi preliminari sui tre vaccini disponibili sono stati accelerati solo sul piano burocratico, non sul piano farmacologico, e che a fronte di una vastissima efficacia, tra il 70 e il 90% dei casi, sono state rilevate rarissime complicanze.
Purtroppo, il Covid-19 sta provocando il naufragio della bioetica, nata nel 1971 con l’apporto di filosofi, scienziati, politici, giuristi, economisti, medici, con il fine di integrare due culture, la scientifica e l’umanistica. Contraddizioni della Storia: uno schiaffo ha subìto la bioetica in Svezia, patria di Albert Nobel e dei premi per il bene dell’umanità; qui, la normativa antiCovid ha lasciato libertà di comportamento su distanziamento e mascherine, alimentando disattenzione verso la tutela degli anziani in questa epidemia!
Nella gestione della pandemia è sotto gli occhi di tutti il conflitto istituzionale tra Governo centrale e Regioni, aggravato dall’accusa dell’opposizione, secondo cui il Governo decide senza coinvolgere il Parlamento. Come è noto, nel 1970 sono state istituite in Italia 20 Regioni, con un’autonomia in settori cardini come la sanità. Sono nati centri di spesa pubblica, notabilati, degenerazione della politica con ras, e fazioni negli stessi partiti, fino all’autarchia regionale dei giorni nostri, per non dire anarchia.
Ma nel Sud, alcune Regioni hanno sperperato risorse senza realizzare adeguati livelli di assistenza sanitaria, e con la degenerazione clientelare ed il voto di scambio spesso hanno umiliato il merito delle persone, e indebolito la democrazia.
Nel 1994-2001, nel corso della XII Legislatura, e della XIII, in Parlamento la dialettica istituzionale diventò greve, con alcuni Lombardi impegnati a recuperare autonomia per le regioni del Nord, con buona pace del senatore Gianfranco Miglio che, uomo di cultura, ipotizzava per l’Italia tre Regioni: Padania, Etruria e Sud, con la suggestione di inserire la Padania in una Europa austro-bavarese. In tale contesto, nel 2001, con il governo di Centrosinistra, fu riformato il Titolo V della Costituzione, riconoscendo un’autonomia differenziata che consentì alle regioni del Nord una maggiore utilizzazione di risorse finanziarie per la Sanità, con ciò aggravando il divario con il Sud, e generando un’autarchia regionale.
Allora si legiferava senza algoritmi, e persino alcuni magistrati, cooptati in politica dopo “Tangentopoli” e la sanificazione dei partiti da “Mani pulite”, hanno mostrato fragilità comportamentale. Da quegli anni, nulla è cambiato.
Urge una resilienza nel mondo intero, in cui la ricchezza è di pochi, e la povertà è dei più, diventati ancora più numerosi, in questa pandemia, tra operai, artigiani, piccoli imprenditori, commercianti, ristoratori, liberi professionisti, e nel mondo degli autotrasporti, del termalismo, della cultura, del teatro, del cinema!
A tal fine, diventa attuale la revisione dell’Articolo V della Costituzione, modificato dal Parlamento nel 2001, per ridare le giuste risorse finanziarie alle Regioni del Sud, a meno che non si intenda costituire le macroregioni. Il Partito Democratico, responsabile di tale riforma costituzionale nel 2001, oggi al Governo, si attivi per modificarla di nuovo, con l’indifferibile obiettivo di equiparare i diritti tra tutti i cittadini italiani, da Nord a Sud. Chiedono ciò tanti giovani del Sud che hanno acquisito una cultura europea con studi ed esperienze lavorative al di là delle Alpi, e che si sentono Europei. Essi rivendicano per la propria terra infrastrutture, e servizi moderni, che sarà possibile realizzare cogliendo le opportunità del Recovery Fund della Comunità europea!
E’ un percorso politico e culturale faticoso, come faticosa è stata l’adesione alla moneta unica dell’Euro. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’attuale crisi è la più grave degli ultimi tempi! Ma é l’occasione per ammodernare il Mezzogiorno, e l’Italia, e per fare l’Europa!
Maratea, 25 novembre 2020 Valerio Mignone
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