mercoledì 25 giugno 2025

L'EREDITA' DI PASQUITO (Paschittu)

-  Da  www.calderano.it  -  Storia e storie  -


 "Garamm": i vuoti del Cuore

      di  Maria Carmela  Brandi

 Mi sono svegliata molto presto, è sempre così quando ritorno al paese dopo un lungo periodo di assenza, vivo in città ormai da diversi anni.

La notte successiva all’arrivo trascorre tra veglia e sonno, come se volessi colmare il vuoto che mi separa dall’ultima volta in cui sono stata qui.

La casa dove sono nata sorge sulla costa.

Sono seduta davanti al balcone, si vede la montagna che sovrasta il golfo.

Sin da bambina mi piace seguire con lo sguardo i contorni del monte, dalla cima seguo il suo profilo, che dirada dolcemente verso il mare e poi si prolunga, quasi ad assumere l’aspetto di un braccio che voglia proteggere la spiaggia ai suoi piedi, proprio come fa una mamma con il suo bambino.

Ai miei occhi la natura si anima e quel braccio inizia a cullare la sabbia ed io desidero così di immergermi in essa come se ne volessi fare parte pienamente e divento quel bambino.

Ritorno alla realtà, sorseggio il caffè caldo. Intorno il silenzio. Mi illudo di sentire i passi di papà e il profumo del minestrone dalla cucina.


 

 

Riporto la mente ai ricordi, un tempo era tutto più semplice, nessuna barriera e niente poteva ostacolare la mia fantasia, spesso vagavo con la mente e mi ritrovavo ad essere la protagonista di mille avventure, proprio come mi sta accadendo ora.

Tante sensazioni mi riempivano l’anima ed era veramente difficile esprimerle in modo equilibrato da non apparire strana agli occhi degli altri e soprattutto a quelli di mia madre.

Ma la cosa che amavo di più era stare in compagnia di papà, con lui potevo fare tutto, perché era il solo a comprendere veramente il carattere della sua bambina e le mie fantasie.

In paese lo chiamavano Pasquito. Un modo un po’ spagnoleggiante, come se il Venezuela se lo portasse ancora addosso.

Ci aveva vissuto per anni laggiù, e quando è tornato… era giusto l’età per pensare al matrimonio.

Aveva sposato mia madre, pensando poi di riprendere la nave per il sud America, ha invece deciso di restare a Maratea.

Da ragazzo, il mare ce l’aveva già nel sangue. Non c’era verso di tenerlo lontano. Conosceva ogni scoglio, ogni grotta, ogni respiro di quel mare. E sapeva che certe bellezze, prima o poi, ti fanno tornare.

E lui lo sapeva che il mare è invitante e accogliente, in tempo di bonaccia, diceva, proprio come una bellissima donna suadente, che allarga le braccia e lo sguardo come per ammaliare, ma nasconde mistero e inganno.

Aveva passato tanto tempo a parlare con il mare, a sentire le sue ombre mentre gettava le reti.

Diceva che il mare ha la sua voce, basta saperla ascoltare in silenzio.

Poi, nei pomeriggi d’estate, quando il sole picchiava e il lavoro era fermo, si ritrovava con gli amici. Era importante per loro, stare insieme e scambiarsi due parole.

Di solito si vedevano a casa di Vincenzo, che tutti chiamavano Picareddo, perché era piccoletto ma sveglio come una volpe, oppure da Scicco, un tipo buffo con le mani grosse e la risata che gli scappava sempre fuori posto.

A quei tempi, nessuno si chiamava mai per nome.

Ai racconti di azioni di pesca, faceva da sfondo il lento e attento lavoro di riparazione delle reti, tirate su la mattina stessa. Le loro espressioni soddisfatte seguivano i movimenti delle dita che tenevano la lesina con maestria, perché erano rientrati con la barca piena di pesci.

Vittorio e Mon Amì erano altri due pescatori, che seduti, dicevano la loro su come il giorno dopo dovessero essere “calate” le reti e sui posti più pescosi della costa.

I quattro amici apparivano ai miei occhi come maghi che pronunciavano formule magiche proprio quando descrivevano le tane e le insenature tra gli scogli.

Usavano dei nomi per me misteriosi: “ GARAMM.

In seguito, ho capito che i pescatori, con questo termine, si riferivano alle grotte sottomarine, ritenute più pescose e dove si nascondevano le prede più pregiate.

 Mettevano, poi a punto strategie di attacco per attirare i poveri pesci nelle reti.

Ascoltavo tutto con attenzione, seguivo i gesti delle dita di “Picareddu” che continuava ad intrecciare il filo della rete, ad ogni movimento i muscoli delle braccia diventavano più possenti.

Ero poi, impressionata dagli occhi avidi e ottimisti degli altri che gesticolavano e sembrava che officiassero chissà quale rito.

Io piccola e molesta ospite, mentre con un orecchio ero attenta ai racconti e alla descrizione delle trappole da tendere alle bestioline che sembravano dei nemici da abbattere, mettevo le mani dappertutto e papà, con pazienza, mi pregava di non toccare nulla, ma gli altri non ci facevano caso.

 Tutto proseguiva fino all’imbrunire.

Mi divertivo a trascorrere i pomeriggi con papà, mi rivedo con lui quando dovevamo andare al porto, non accadeva spesso, ma se lui mi diceva:

«oj jamu a nu porto, arrivano j paranz, videmu chi anu piscatu oj».

 Saltavo come una molla, pronta per partire.

Per giungere al porto attraversavamo un sentiero in un bosco di alti pini marittimi e di cespugli di ginestre, di mirti e di rosmarino. Il loro profumo acre misto al sale ci accompagnava fino al molo.

Papà mi prendeva per mano e insieme giù verso il porto, anche se il tempo non prometteva bene, andavamo lo stesso, tanto che un pomeriggio di primavera, proprio mentre eravamo sul sentiero, a metà strada il cielo si fece di nuvole scure gonfie d'acqua e minacciose, iniziò a piovere goccioloni, che cadevano tra i rami dei pini che a fatica facevano da ombrelli.

 All'improvviso l'odore di resina si faceva più forte, intanto noi due giù a correre, ci piaceva sentire le gocce di pioggia bagnare il nostro viso. A poco a poco le nuvole in cielo svanivano e tutto tornava tranquillo nell'aria.

Lo ricordo come un momento di grande libertà,

Arrivati al porto papà salutava l'altro gruppo di amici pescatori, scambiata qualche battuta, ci avviavamo dall'altra parte del molo, dove erano attraccate le paranze, arrivate proprio in quel momento.

Fisso ancora la spiaggia, rivedo me bambina catturata dai suoi occhi azzurri, vivaci e profondi, come due lenti brillanti, che sembrava riflettessero i tempi andati in modo chiaro e nitido.

Mi incantavo, perché lui aveva la capacità di raccontare con gli occhi. Ero affascinata dai suoi racconti non verbali.

Questi momenti ci hanno unito anche nel futuro e hanno creato un legame fortissimo, che non si può definire il rapporto tra padre e figlia, ma un’intesa cameratesca. Capitava che mi fissasse e ci capivamo subito, faceva così come un bambino quando pensa ad una marachella e cerca un alleato.

Ritorno ancora una volta alla realtà, questa mattina il mare è calmo, non c’è vento, si vedono bene, tra l’azzurro e il blu del mare le macchie più scure: i “GARAMM”, sorrido e ripenso a lui e associo al mare il mio cuore che sembra avere anch’esso delle profondità, dove è riposto quello che c’è di più buono in me, quella parte di me che mi ha lasciato papà.
 

 

4 commenti:

  1. Grazie! Mi avete dato lo spazio per ricordare papà, ma soprattutto un gruppo di amici che vivevano il rapporto con il nostro mare come un amico a cui si è in confidenza ma il rispetto era un sentimento che saldava quel rapporto.

    Maria Carmela

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    1. Dolcissimi ricordi di giornate particolari viste con gli occhi di una bambina oggi diventa donna. Una fotografia che impressiona veri momenti. Un amoroso racconto con protagonista il padre (da noi chiamato dialettalme Pàschittu❤️), uomo che fa parte dei personaggi di Fiumicello insieme agli amici Vincenzo Picareddu❤️ (Vincenzo Limongi), Peppino Mon amì ❤️(Maimone Giuseppe),Biàsi u Sciccu ❤️(Biagio Garreffa)Vittorio ❤️(Zaccaro)e (ci aggiungo) Gèrarduzzu (Gerardo Zaccaro). Grazie Maria Carmela Brandi per aver risvegliato bellissimi momenti ad un allora ragazzo che voleva un mondo di bene a quegli uomini!!!

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    2. Blog Santo Janni25/06/25, 12:23

      Molto gradito il commento dell'allora ragazzo che invito ad arricchirlo indicando , con nuovo messaggio, anche il suo nome e cognome. GRAZIE!

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  2. Grazie del bel pensiero....questo gruppo era Fiumicello...ci mancano...!!!
    Maria Carmela

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