Forse era ora di un punto fermo, dopo tanto clamore suscitato dalle trascrizioni disposte da alcuni Sindaci (tra questi Ignazio Marino a Roma) di matrimoni contratti all'estero tra coppie omosessuali di cittadini.
Mentre appaiono comprensibili le diversità di pensiero e di proposte sull'argomento ed il Parlamento continua a tergiversare in ordine ad una disciplina legislativa delle "Unioni civili", è intervenuta a far chiarezza, per quanti ancora non lo sapessero o fingessero di non saperlo, una sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, resa il 26 ottobre 2015 dalla terza Sezione che, in poche parole, ha detto che per il matrimonio "italiano" ci vogliono un uomo ed una donna.
Il Consiglio di Stato ha precisato che il matrimonio contratto all'estero tra cittadini italiani omosessuali costituisce nel contesto delle vigenti norme nazionali un "atto abnorme -nel senso etimologico latino di atto fuori dalla norma-", perché manca la differenza di sesso tra gli sposi che nel nostro sistema di regole è condizione di validità.
Ne consegue ovviamente che tutti gli Ufficiali dello Stato civile non possono trascrivere il relativo atto nel rispetto della vigente normativa in materia "ed in coerenza con la concezione del matrimonio che discende dalla millenaria tradizione giuridica e culturale dell'Istituto, oltre che dall'ordine naturale costantemente inteso e tradotto in diritto positivo come legittimante la sola unione coniugale tra un uomo ed una donna".
Il Consiglio di Stato si è, infine, pronunciato per l'annullamento delle trascrizioni eventualmente disposte dai Sindaci di matrimoni contratti all'estero tra coppie omosessuali di cittadini.
Una diversa disciplina del matrimonio in Italia con una chiara scelta politica rimane, dunque, riservata esclusivamente al nostro Parlamento.
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