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IL "VIRUS" DELLA PAURA
Di Lucio Garofalo | 29.02.2020
La paura è, com'è noto, una pulsione ancestrale del genere umano, è
un impulso ferino ed irrazionale, preesistente ad ogni stadio della
civiltà e a qualsiasi forma di cultura e di raziocinio, è un elemento
insito nella stato di natura animale ed è riconducibile all'istinto più
antico e primordiale di auto-conservazione della specie. La paura
discende da un sentimento più che naturale, ossia il terrore inconscio
ed incontrollabile della morte. Perciò, la paura è una pena che si
sconta e si vince vivendo. Sin dai suoi lontani primordi, l'umanità ha
imparato (per una necessità insopprimibile, e non per volontà) a
convivere con lo sgomento destato dalla furia naturale e dalle sue
terribili manifestazioni più frequenti: tuoni e fulmini, terremoti,
eruzioni vulcaniche ed altri cataclismi. Nel corso dei millenni della
preistoria, l'uomo ha provato ad esorcizzare la paura, cercando di
interpretare i vari fenomeni fisici come eventi soprannaturali di
origine divina. In tal modo sono sorte le antiche religioni mitologiche
che affondano le loro radici nei timori più ancestrali e remoti
dell'umanità. Ancor oggi, in un'epoca apparentemente soggiogata dal
razionalismo e dal delirio/complesso di onnipotenza tecnicistica ed
utilitaristica dell'uomo, la paura è un elemento costante della nostra
esistenza. Essa assume innumerevoli manifestazioni, si insinua nei
meandri più oscuri e reconditi dell'animo umano, come un "virus"
subdolo e letale che genera più danni e iatture di qualsiasi morbo e di
ogni epidemia infettiva. È fuori discussione che la paura sia uno dei
tratti più tipici e peculiari della natura animale che è insita
nell'uomo, ma non dev'essere un'ossessione che non concede pace o
tregua.
Eppure, la realtà che viviamo oggi, è sempre più assillata da
paure, a cominciare dalla paura di morire fino alla paura di vivere.
Non a caso, il triste e lugubre primato dei suicidi, in modo
particolare tra le generazioni più giovani, è conteso dalle nazioni più
opulente ed evolute dell'Occidente, il Giappone in testa. Non a caso,
le società vengono governate anche con il ricorso alla paura, e gli
Stati più avanzati sul fronte tecnologico si avvalgono anche delle
paure per esercitare una forma di controllo sociale sempre più esteso e
capillare. Non a caso, si vincono le elezioni politiche proprio
"giocando" la carta dell'idiosincrasia o della fobia isterica verso
qualcuno, un nemico, un diverso, da demonizzare ed agitare come uno
spauracchio. In primis, la "paura del comunismo", che costituisce
tuttora un'avversione ed un'inquietudine ossessiva della borghesia. Lo
"spettro del comunismo", dopo il fallimento del "comunismo reale", dopo
la caduta del muro di Berlino ed il tracollo dell'URSS, viene agitato
assai più che in passato, proprio allo scopo di conquistare e di
preservare il potere e l'ordine costituito. In passato, in Italia venne
importata dall'Estremo Oriente una nuova paura incarnata nel virus
dell'Aviaria, meglio nota come "influenza dei polli", che suscitò
timori assai spropositati, infondati ed isterici, prefigurando vari
scenari apocalittici addirittura di stragi "pandemiche", paragonabili
alle peggiori pestilenze dei secoli passati. Invece, come si è
verificato in altre occasioni, il panico si rivelò assai più pernicioso
della stessa patologia "ornitologica". Che polli! I veri "polli" si
rivelarono gli utenti e gli spettatori più sciocchi e passivi delle
campagne di disinformazione di massa. L'aviaria si dimostrò essere una
bufala. Già nel 1998/99 numerosi polli perirono a causa del contagio,
ma i mass-media non ne parlarono e tutti continuarono a mangiare polli
senza allarmismi di ordine sanitario. Lo spavento suscitato
dall'aviaria in anni successivi, mise in ginocchio un'intera economia
agricola, contribuendo ad incrementare i già colossali profitti delle
multinazionali farmaceutiche. La vicenda conferma l'abnorme ruolo dei
mass-media, la cui "influenza" è assai più deleteria di ogni virus
influenzale. Aveva pienamente ragione il ministro della propaganda
nazista, Goebbels, quando affermava: "Una bugia, ripetuta
continuamente, è accettata dalle masse popolari come una verità
incontestabile". Negli anni '80, il virus HIV (l'Aids) seminò un'enorme
psicosi nel mondo occidentale, ma fu presto scongiurato, tuttavia
ancor oggi rappresenta una delle principali malattie infettive in
Africa e nel Sud del mondo, un morbo assai più letale della tubercolosi
e della malaria, che provocano stermini di massa. Mentre in Occidente
il virus dell'AIDS è oramai debellato grazie ai risultati ottenuti sul
versante della ricerca, nei Paesi del Terzo mondo esso uccide più di
ogni altra malattia a causa degli esorbitanti costi dei vaccini,
imposti dalle multinazionali farmaceutiche, che risultano potenti e
totalitarie quanto lo sono le compagnie petrolifere e quelle legate
all'industria bellica, per cui si configurano come i padroni assoluti
ed incontrastati del nostro pianeta. Nei secoli bui della storia, il
terrore provocato dalla peste bubbonica causava più danni del morbo
stesso. Ad esempio, nell'Europa medievale la paura degli untori era
assai più nociva e deleteria della stessa peste che sterminava milioni
di vite umane. Le testimonianze che ci hanno lasciato il Boccaccio ed
il Manzoni nelle loro opere (Decameron e Storia della colonna infame)
ci trasmettono degli insegnamenti assai preziosi. Ma, come spesso
accade, la storia insegna, ma non ha scolari (cit. Antonio Gramsci). Le
vicende relative al nuovo virus, il Covid-19, meglio conosciuto come
il Coronavirus, temo che confermino il fatto che la paura è assai più
subdola e più perniciosa di qualsiasi morbo epidemico, eppure, nel
contempo può rivelarsi lucrosa per chi, in modo cinico e spregiudicato,
riesca a trarne profitto. L'isteria collettiva generata dal nuovo
virus, assai meno nocivo dell'influenza stagionale, è un fenomeno di
proporzioni immani e spaventose. La mia ipotesi, dettata dalle
esperienze storiche, è che le attuali campagne mediatiche di allarmismo
e di terrorismo psicologico di massa, serviranno a giustificare e ad
incentivare la corsa futura all'acquisto di milioni di dosi di vaccino
ad un titolo preventivo e cautelativo, che farà la fortuna dei
principali colossi farmaceutici multinazionali.
Lucio Garofalo
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