sabato 25 marzo 2023

I PROBLEMI DELL'UNIBAS


                                                                

                                                                  Nicola  SAVINO*

La celebrazione del Quarantennale sembra aver risvegliato l’interesse per l’Unibas e acuito la necessità di approfondire la conoscenza dei suoi problemi e d’ipotizzare i modi per risolverli. Che possono esser anche un po’ spinti (politicamente) dalle Istituzioni sul Territorio, non certo con i protocolli d’intesa, moltiplicati quasi fossimo nel tempo delle parole e della vuota propaganda! Urgono invece i problemi concreti e tocca almeno elencarli nella speranza che su ciascuno di essi, da chi ne ha la competenza, siano assunte iniziative adeguate.

Il problema fondamentale è costituito dall’andamento delle iscrizioni, da cui dipende l’ammontare delle risorse annuali trasferite dal Ministero dell’università e della ricerca agli Atenei pubblici tramite il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO). Il flusso erogato dal Ministero vale circa 5 mila euro per ogni studente, cui si cumulano altre risorse legate alla Valutazione della qualità della ricerca (VQR) e ad altri parametri. Se quelle entrate si riducono, è più probabile che le spese per il personale superino la fatidica quota dell’80 % di quelle complessive e che l’Ateneo non possa più assumere il personale necessario per rimpiazzare i pensionamenti. Unibas è già in questa condizione? Quale che sia la risposta, è evidente che il numero degli studenti è determinante per la sopravvivenza di un qualsiasi ateneo; e se in pochi anni si passa da 8 mila a 5.500 iscritti, come accaduto all’Unibas, si è dinnanzi al rischio di un collasso! E’ vero che nel nostro caso Essa riceve un contributo annuale dalla Regione e che di questo ci si può giovare nella “quadratura” dei bilanci. Ma se non si affronta il nodo delle iscrizioni,  l’Unibas rischia di diventare una propaggine della Regione (che la finanzierebbe in luogo e per il tempo del bonus gas?) come accade per i non pochi Enti “inutili”, soppressi o in via di esserlo. E’ perciò semplicemente vitale l’incremento del numero degli studenti! Quali le strade? 

 

La prima, più ovvia, è potenziare le attività di orientamento nelle scuole del territorio: in tutti gli atenei i Docenti più giovani, stabiliti contatti con le scuole secondarie superiori della Regione e delle aree limitrofe, organizzano Open days per intessere rapporti stretti con i docenti delle scuole e i loro allievi in base alla tipologia dei corsi universitari offerti. Un punto nodale, questo, non esternalizzabile: i docenti universitari devono sentirsi responsabili dell’andamento delle iscrizioni ai corsi di laurea nei quali insegnano.

La seconda strada, altrettanto ovvia e anche più rilevante, è la capacità di reclutare un Corpo docente di qualità, capace di trasmettere sapere, motivare gli studenti e fare ricerca, anche perché dalla qualità delle pubblicazioni, valutata ogni quinquennio, dipende l’attribuzione di un’altra quota rilevante di risorse per gli Atenei pubblici. Occorre perciò che i bandi dei concorsi, una volta pubblicati in Gazzetta Ufficiale, non siano tenuti nei cassetti, nella speranza che la penuria di domande favorisca i propri allievi, ma siano diffusi il più possibile a livello nazionale e, perché no, internazionale, per attrarre i migliori “cervelli”.

In terzo luogo, occorre potenziare la capacità di accoglienza negli studentati e mediante accordi con i sindaci dei capoluoghi che ospitano le sedi di Unibas, per garantire agli studenti provenienti da territori non adeguatamente collegati la possibilità di affittare a prezzi contenuti stanze o appartamenti con loro colleghi. I prezzi di mercato, soprattutto a Potenza e nei borghi prossimo a Matera, permetterebbero di valorizzare questa capacità attrattiva, consentendo anche a famiglie meno abbienti di garantire un’adeguata istruzione universitaria ai loro figli.

Il quarto punto è stato affrontato dal prof. Greco, associato d’Idraulica, che “non nasconde il suo disappunto” circa il mancato decollo del “polo mediterraneo per la transizione ecologica”, che, con “adeguato confronto con le presenze industriali”, ci aiuterebbe a “non accontentarci di quel che passa il convento” (Talenti lucani del 17/3). E però, per percorrere questa via, anch’essa indispensabile a evitare che il convento non passi più niente, occorre un processo di internazionalizzazione con la creazione di corsi di laurea magistrale in lingua inglese e il potenziamento dei contatti con Università straniere interessate a percorsi di “doppia laurea”. L’attrattività della formazione universitaria italiana, anche nelle piccole sedi, è elevata in Paesi come l’Albania, la Romania e la Tunisia, dove spesso si conosce l’italiano, e in tutta l’area del Mediterraneo, per la quale le tematiche della transizione ecologica sono nodali.

Infine, una riflessione merita il tema della didattica “a distanza”. Grazie alla pandemia, anche gli Atenei tradizionali hanno sperimentato l’opzione telematica. Hanno allestito aule multimediali per erogare corsi a distanza e incentivato i docenti ad aggiornare i loro metodi di insegnamento, utilizzando le piattaforme (Zoom, Meet, ecc.) che consentono di raggiungere studenti anche in aree disagiate o meno collegate. Con il ritorno alla normalità, molte università stanno tornando allo status quo ante, timorose di venire equiparate alle università c.d. telematiche. Ma rinunciare alle potenzialità della didattica a distanza (o anche in forma “mista”, con studenti in aula e altri collegati a distanza o comunque in grado di visualizzare la lezione registrata) significherebbe, per Atenei geograficamente marginali come Unibas, rinunciare a un potenziale bacino di nuovi iscritti, indispensabile – come chiarito in premessa – per la sua sopravvivenza.

Nessuna di queste strade può bastare, da sola, a invertire la pericolosa tendenza rilevata: ciascuna è però indispensabile per raggiungere l’obiettivo di un rilancio delle immatricolazioni. Non sarà facile, perché occorre motivare il corpo docente a mettersi in gioco, soprattutto sui versanti della internazionalizzazione e della digitalizzazione. Spetterà agli organi di governo dell’Ateneo valutare se esistano le condizioni minime per avviare questa operazione o elaborare una ricetta alternativa. Quel che è certo è che il tema va affrontato, non essendo la situazione attuale sostenibile. Per il futuro della Basilicata e di una delle sue istituzioni cardine, è doveroso parlarci chiaro!               

                                                               *già Parlamentare e Sottosegretario di Stato 

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