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L’ITALIA (NON) E’ UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO
Dott.ssa Margherita Marzario
“L’Italia è
una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Bisognerebbe cominciare
a riflettere già dalla proposizione iniziale “L’Italia è” e chiedersi
ma l’Italia veramente è? E cos’è? Riflettendo sul sempre più discusso
significato della festa della Liberazione e su altri risultati del
revisionismo storico, ci si dovrebbe interrogare sul fondamento
dell’incipit del primo articolo della Costituzione: “L’Italia è o era?”.
Sembra che l’Italia sia sempre più bistrattata, tra l’altro, dalla
politica (chiamarla così è quasi un eufemismo) e dallo scarso impegno
generale. Bisogna credere nell’art. 1 e educarsi e educare in tal senso.
Il fatto che la Costituzione cominci con “l’Italia” dovrebbe essere
l’obiettivo di tutto ciò che è pubblico o si dice pubblico. Peccato
dover dire quello che l’Italia non è. Per ri-costruire qualcosa di
buono, occorre cominciare a dire e a dirsi quello che l’Italia è, o
quello che le rimane di essere o potrebbe essere. L’art. 1 comincia con
“L’Italia”, nome che è ripetuto solo nell’art. 11, il penultimo dei
“Principi fondamentali”. Mettendo insieme gli incipit dei due articoli
si può ricavare: “L’Italia è una e ripudia la guerra”, ogni guerra,
soprattutto “italianicida”, ovvero contro l’Italia stessa e
l’italianità. Come ha scritto il giornalista Antonio Caprarica: “Gli
Inglesi sono più cittadini che sudditi, gli Italiani sono più sudditi
che cittadini. Negli alberghi inglesi è sufficiente dichiarare la
propria identità, negli alberghi italiani bisogna rilasciare la propria
carta d’identità”. A cosa si sono ridotte la sovranità del popolo e
tutta l’italianità contenuta nella Costituzione? Bisogna risalire a quel
2 giugno 1946: tornano alle elezioni i partiti politici, dopo la
sospensione fascista, e, per la prima volta, votano le donne italiane.
Per onorare la Repubblica, ogni giorno si dovrebbe rinnovare il senso
profondo di queste conquiste sociali. Così si rende concreto il primo
comma dell’art. 1 della Costituzione, “L’Italia è una Repubblica
democratica, fondata sul lavoro”, ricordando che il significato
etimologico di lavoro è “volgere la volontà, l’intento, l’opera a
qualcosa”. Un lavoro fondamentale e insostituibile è quello
“invisibile”, quello casalingo, valorizzato dalla riforma del diritto di
famiglia del 1975, quello di molte donne che, talvolta, sono costrette
ad abbandonare il lavoro fuori casa per dedicarsi completamente ai
neonati, ai figli disabili, ai genitori anziani. Quel lavoro non
retribuito per cui si usa la parola “caregiver” (o “carer”), per il
quale le donne hanno avuto sempre “care”, cura, attenzione,
preoccupazione, sin dai tempi preistorici quando rimanevano nelle
caverne a badare ai piccoli e al cibo da preparare volgendo sempre lo
sguardo verso l’apertura della grotta per vigilare contro l’intrusione
degli animali o di estranei. L’art. 1 è una sintesi della storia
d’Italia: il nome “Italia”, attribuito all’estremità meridionale della
Calabria e poi esteso alla penisola con l’avanzare della conquista
romana; “repubblica”, di origine latina; “democratica”, di origine
greca; “popolo” di reminiscenza romana perché evoca l’espressione
“Senatus Populusque Romanus”. Italia costruita dal lavoro, da quello
degli schiavi romani nelle grandi opere pubbliche a quello dei geni,
quali Michelangelo e Leonardo, da quello delle corporazioni delle arti e
dei mestieri nel Medioevo a quello del design moderno esportato e
imitato in tutto il mondo. Il lavoro rappresenta la vera sovranità del
popolo italiano, il quale, poi, così costituito e unito può esercitare
il potere legislativo mediante proposta (art. 71) e nel cui nome è
amministrata la giustizia (art. 101) cui, in alcune forme, può
partecipare direttamente (art. 102).
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