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LE PROPOSTE DI LEGAMBIENTE E SISEF
PER GOVERNARE IL FENOMENO DEGLI INCENDI ESTREMI IN UN CONTESTO DI CAMBIAMENTO CLIMATICO
6 AGOSTO 2021
Dossier a cura di Legambiente e SISEF (Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale)
L’Italia brucia. Da alcune settimane, diversi incendi si stanno
allargando raggiungendo estensioni raramente osservate in Sardegna,
Sicilia e Calabria (Regioni che primeggiano nelle graduatorie di
Legambiente sugli Ecoreati) ma anche in Abruzzo, dove gli incendi hanno
percorso i boschi delle province di L’Aquila e Pescara. Il 25 luglio,
nonostante l’impiego di numerosi mezzi aerei e personale antincendio,
l’incendio di Montiferru in Sardegna presentava una superficie di 10.000
ettari in espansione (macchia 34%, pascoli 33%, boschi 12%, aree
agricole 22%)1. L’incendio di Pescara che ha interessato la Riserva
Dannunziana ha investito strade e case e spinto le persone a fuggire
sulla spiaggia, una dinamica che spesso è risultata fatale (incendio di
Peschici nel 2007, o in Grecia nel 2018). Questi eventi vengono definiti
“estremi”, in quanto superano la capacità di controllo, con una
intensità superiore ai 10.000 kW/m ed una velocità di propagazione oltre
i 3 km/h, e sono caratterizzati da elevati impatti e rischi.
Come è potuto accadere? Quali sono le cause? Cosa si può fare per governare questo tipo di incendi?
Leggendo i commentatori e la stampa, c’è chi si concentra sulle cause
di innesco, chi sulla mancata prevenzione e scarsa applicazione della
legge quadro sugli incendi boschivi 353/2000, chi sulla assenza di
gestione dei territori agro-silvo-pastorali sempre più infiammabili, chi
sui cambiamenti climatici a scala globale. Hanno tutti un po’ di
ragione! Tuttavia, per comprendere, e quindi governare il fenomeno
incendi, non serve concentrarsi sulla singola causa.
Ricondurre il fenomeno alla sola criminalità o agli atti di incendiari o di piromani, non deve essere una semplificazione del problema che è molto più ampio e investe tutta la filiera della prevenzione in cui il governo del territorio, la gestione del nostro patrimonio verde e la prevenzione devono essere tenuti
assieme per capire il fenomeno e trovare le soluzioni per governare il fenomeno degli incendi estremi in un contesto di cambiamento climatico.
Da tempo Legambiente e SISEF (Società italiana di scienze ed ecologia forestale) promuovono la cultura della prevenzione e una strategia di governo integrato degli incendi basata sui seguenti punti.
1.
Governo Integrato degli Incendi: Il governo degli incendi boschivi in
Italia necessità della integrazione/coordinamento, a livello regionale e
nazionale, fra i settori dedicati alla previsione, prevenzione,
informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-
incendio. L’elevata separazione delle competenze (ripartite fra servizi e
agenzie foreste e protezione civile regionali, corpi forestali delle
regioni e province autonome, carabinieri forestali, protezione civile
nazionale, volontariato, vigili del fuoco, enti parco e comunità
montane) ha portato ad una marcata frammentazione del governo incendi e
difficoltà di coordinamento. Si osserva la mancata integrazione fra la
pianificazione dell’emergenza e delle attività di lotta agli incendi con
la pianificazione territoriale in ambito agro-silvo-pastorale e di
conservazione dell’ambiente. E’ necessaria una verifica
dell’applicazione della legge quadro sugli incendi boschivi (L.
353/2000) con una approfondita analisi della filiera istituzionale che
la governa anche alla luce della riforma che ha accorpato il Corpo
Forestale dello Stato ai Carabinieri e trasferito competenze ai Vigili
del Fuoco. Riteniamo necessario, ad esempio, un ruolo attivo della DG
Foreste del MIPAAF (che nel 2000 non c’era) per sostenere l’integrazione
della prevenzione e mitigazione degli incendi con le altre fasi del
governo incendi (previsione, lotta) istituendo un tavolo
inter-istituzionale che promuova il coordinamento fra i settori
amministrativi e tecnico-scientifici, regionali e nazionali, che si
occupano di incendi.
2. Piani forestali di indirizzo territoriale:
riteniamo che nel secondo livello di pianificazione forestale introdotto
dal TUF “Piani forestali di indirizzo territoriale” (Art.6 c.3,
D.lgs.34/2017) possa essere integrata la pianificazione forestale per la
prevenzione degli incendi boschivi. Infatti, i “Piani AIB regionali”
(Art.3 L.353/2000) o i “Piani di gestione forestale” (Art.6 c.6,
D.lgs.34/2017) hanno una scala non adeguata. I Piani forestali di
indirizzo territoriale sono il giusto strumento per definire le aree
esposte al pericolo incendi (con un livello di analisi e dettaglio
adeguato ad un piano territoriale e in accordo con quanto definito dai
Piani AIB regionali) e individuare le aree dove integrare misure di
selvicoltura preventiva con altre misure forestali (es. produzione di
legno, protezione diretta), le misure per l’attività pastorale e
agricola, e quelle per la tutela della biodiversità nel Parchi
Nazionali, Riserve regionali e siti della Rete Natura 2000. In fase di
discussione del tavolo Filiera foresta legno, intendiamo portare un
contributo per la definizione di linee guida per integrare la
pianificazione della prevenzione incendi nei piani territoriali.
3.
Integrazione con la politica agricola: riteniamo che per un più
efficace governo degli incendi sia fondamentale una integrazione della
politica forestale con quella agricola (primo passo del tavolo di cui al
punto 1). Molti incendi derivano dall’uso illegale e inesperto del
fuoco per fini agro-silvo-pastorali e l’abbandono dell’agricoltura e
della pastorizia determinano un aumento del pericolo di incendi per
accumulo del combustibile. L’agricoltura, tuttavia, deve essere
considerata parte della soluzione: campi coltivati, orti, vigneti, aree
pascolate possono ridurre l’infiammabilità a scala di paesaggio. Gli
strumenti della Politica Agricola Comune come il Piano di Sviluppo
Rurale (PSR), devono integrare le misure per l’agricoltura, la
pastorizia ed per il settore forestale considerando anche i dettami
della pianificazione per la previsione, prevenzione e lotta agli incendi
boschivi (vedi punto precedente). Incentivare le misure in aree
strategiche (es. attorno agli insediamenti rurali, lungo i percorsi
preferenziali dei grandi incendi) deve essere considerata una
opportunità nel governo degli incendi con ricadute sulla sicurezza ed
efficacia della lotta attiva. In particolare, serve la regolamentazione
dell’uso del fuoco per fini agro-silvo-pastorali in tutte le regioni.
Queste pratiche sono di origine antica. Tuttavia, oggi vengono condotte
senza regole ed applicate in un contesto diverso dal passato, con
maggiore copertura, biomassa e zone di interfaccia urbano-foresta. Il
risultato è un
aumento degli incendi colposi nella maggior parte
delle Regioni che generano conflitti e aggravano il lavoro dei sistemi
antincendio regionali soprattutto negli anni più critici (es. 2007 e
2017). La tecnica del fuoco prescritto attuata da tecnici specializzati
in aree definite da piani di gestione pastorale porterebbe a ridurre
drasticamente gli incendi di origine agro-pastorale. Questo è quello che
accade ad esempio sul versante francese delle Alpi Marittime: dalla
fine degli anni ’80 l’Office National des Forêts pianifica il fuoco
prescritto per fini pastorali in inverno, di concerto con consorzi
pastorali per la gestione dei pascoli. Questo modello gestionale ha
portato ad una drastica riduzione degli incendi di origine pastorale in
quell’area, perché i pastori non hanno più motivo di usare il fuoco in
estate e di nascosto.
4. DDL sul Fuoco prescritto: I programmi di
fuoco prescritto avviati in diverse regioni hanno dato buoni frutti,
soprattutto per l’aumento delle capacità tecniche e organizzative dei
sistemi AIB regionali. La scala degli interventi, finora pianificati e
realizzati su superfici limitate rispetto alle esigenze di prevenzione,
non consente di verificare la loro efficacia se non in singoli casi
studio (link). Riteniamo che i programmi di fuoco prescritto esistenti e
nuovi vadano promossi investendo nella formazione di tecnici
progettisti e operatori, includendo il fuoco prescritto nei Piani AIB
regionali (Art. 3, L.353/2000), nei Piani dei Parchi e RNS (Art.8,
353/2000), e nei Piani Forestali di Indirizzo Territoriale (Art.6, c.3,
D.lgs.34/2017), finanziando interventi nelle aree suscettibili agli
incendi con le misure del PSR. Tuttavia, data l’elevata diversità dei
sistemi AIB regionali, riteniamo che una modifica alla 353/2000 (come
prevista dal DDL 576/2018) non sia la soluzione adeguata in quanto
introdurrebbe norme difficilmente adattabili alle diverse realtà
regionali (es. le competenze sul fuoco prescritto vengono stabilite a
livello regionale). Una revisione della 353/2000 potrebbe dare una
definizione di fuoco prescritto tale da assimilare questa tecnica alle
“cure colturali ed opere antincendio”, e demandare alle regioni la
disciplina della materia. Infatti, sono le regioni che dopo aver
compreso come integrare il fuoco prescritto all’interno dei loro sistemi
AIB devono legiferare per regolamentare la materia e stabilire le
procedure e le competenze (es. chi fa la progettazione, chi dirige le
operazioni etc.).
5. Pascolo prescritto strumento di prevenzione
utile negli ambienti mediterranei e in particolare in Sardegna dove la
risorsa del pascolo può avere molteplici usi anche come strumento di
riduzione del carico di combustibile quindi di selvicoltura preventiva
sancito anche nell’art. 3 della L. 47/75 (oggi abrogata e sostituita
dalla L. 353/2000). Il pascolamento con specie domestiche è stato
finalmente riconosciuto come tecnica per prevenire il propagarsi degli
incendi o evitare che una volta innescati diventino disastrosi. Tutte le
specie pascolanti, bovini, ovini e caprini possono essere utilmente
impiegate. Il pascolo può aumentare l’efficacia di taluni trattamenti,
quali il decespugliamento, contribuendo a mantenere basso il volume dei
cespugli. Il pascolo prescritto, in particolare delle capre, che si
alimentano preferenzialmente di parti legnose o alte delle piante, ha il
potenziale per essere uno strumento di gestione ecologicamente ed
economicamente sostenibile per la riduzione locale dei carichi di
combustibili ed è certamente un metodo efficace a quasi zero emissioni e
senza alcun impatto negativo di tipo visuale (al contrario del fuoco
prescritto).
6. Responsabilizzazione e coinvolgimento dei
cittadini: il governo degli incendi non deve essere solo responsabilità
delle istituzioni e dei tecnici del settore. I cittadini possono essere
parte attiva, in primo luogo coinvolgendo il volontariato non solo nella
lotta ma anche nella
prevenzione. I “contratti di responsabilità”
sperimentati nel Parco dell’Aspromonte (vedi Piano AIB Parco 2013-2017,
par. 7.1.2.6) e in altre aree protette sono un possibile strumento per
coinvolgere il volontariato, ma anche proprietari di fondi, agricoltori e
pastori, nel governo di territori particolarmente esposti agli incendi
durante i periodi di massima pericolosità. Inoltre, i proprietari di
fondi devono essere responsabilizzati nella gestione della vegetazione
nei loro terreni, adottando i principi dell’autoprotezione2 dagli
incendi, attraverso un servizio di supporto ai cittadini previsto
istituzionalmente e incentivato nelle norme urbanistiche e di
pianificazione attuativa degli insediamenti. Infine, i cittadini devono
essere preparati a riconoscere il pericolo incendi (comunicato
attraverso i bollettini regionali, nazionali ed europei) e imparare a
rispondere con comportamenti adeguati nelle situazioni di emergenza
riparandosi in luoghi predisposti con interventi forestali preventivi.
Legambiente e SISEF sono impegnati in attività di comunicazione e
sensibilizzazione dei cittadini su questi temi (es. Focus Incendi).
7. Statistiche e catasto incendi: l’analisi delle statistiche sugli
incendi è essenziale per la comprensione ed il governo del fenomeno. E’
necessario supportare i comuni nell’aggiornamento del catasto incendi ai
sensi della Legge Quadro 353/2000. C’è la necessità di migliorare il
sistema di raccolta, analisi e condivisione dei dati sugli incendi in
Italia attraverso investimenti tecnologici e semplificazioni normative.
Esistono modelli3 già disponibili per altri pericoli naturali che
potrebbero essere utilizzati. Inoltre, c’è la necessità di sviluppare un
sistema di raccolta sistematica di dati economici, sia rispetto ai
costi di prevenzione e lotta sostenuti da Stato (inclusi i dati sugli
infortuni), Regioni (compresi gli interventi legati alle Misure
forestali nei Piani di Sviluppo Rurale) ed enti locali, sia rispetto
alla quantificazione economica dei danni. Il tutto per meglio valutare
il rapporto costi/benefici e dimensionare in maniera corretta gli
investimenti, e fornire valori di riferimento per i sistemi di
contabilità nazionale in campo ambientale.
8. Pianificazione e
progettazione del ripristino ecologico e funzionale: la ricostituzione
post- incendio è una fase delicata del governo incendi. Spesso viene
affrontata in modo emotivo ed emergenziale, investendo risorse senza un
piano di interventi e soluzioni tecniche adeguate caso per caso. Non
sempre è necessario ricostituire in modo attivo le foreste dopo un
incendio. La vegetazione forestale il più delle volte si ricostituisce
da sola. Dobbiamo investire le risorse per il post-incendio in modo
strategico, in situazioni che forniscono servizi ecosistemici
fondamentali e in aree prioritarie. Per passare da un approccio che
rincorre l’emergenza, ad una strategia di intervento post-incendio è
necessario definire in fase di pianificazione territoriale, ancora prima
che si verifichino gli incendi, le aree a priorità di intervento e le
soluzioni tecniche più adeguate (es. come limitare attacchi parassitari,
come avviare dinamiche di ricostituzione verso paesaggi meno
infiammabili) e alle relative tempistiche per mantenere i servizi
fondamentali. La pianificazione pre-incendio degli interventi di
ricostituzione
2 Con autoprotezione (in inglese “firewise approach”, es. https://www.firesmartcanada.ca/)
si intende il sistema di misure preventive che permettono ad un comune
cittadino, in possesso di un'area suscettibile al passaggio del fuoco,
di tutelarsi e prepararsi ad un potenziale evento che si dovesse
sviluppare a ridosso o entro i confini della sua proprietà.
consentirebbe di realizzare interventi tempestivi (in anticipo rispetto
alla prima stagione vegetativa post-incendio) contemplando eventuali
procedure di deroga all’Art.10, c.1 della 353/2000.
9.
Pianificazione urbanistica e incendi: i piani urbanistici dettano le
linee per l’espansione dei centri abitati, in coerenza con le normative e
i vincoli regionali e nazionali, ma non tengono in considerazione il
rischio legato agli incendi boschivi. Per questa ragione appare
auspicabile che nei prossimi anni la pianificazione urbanistica venga
informata dai piani forestali di indirizzo territoriale (vedi punto due)
che identificano le aree esposte al pericolo incendi4 (probabilità di
propagazione di grandi incendi). La stessa attenzione deve essere
indirizzata alla rete stradale che svolge un ruolo fondamentale nel
garantire la sicurezza della logistica dei mezzi di soccorso in caso di
incendi di elevata intensità (si ricorda quanto accaduto in Portogallo
nel 2017, con un numero elevato di morti a ridosso di un’arteria
stradale).
Il contesto generale impone un ripensamento delle
strategie di gestione degli incendi, spostando l’attenzione, gli sforzi e
gli impegni sempre più verso la prevenzione, che deve necessariamente
integrare gli obiettivi a breve termine con quelli a medio-lungo termine
per rispondere alle sfide climatiche e alla necessità di accrescere il
nostro patrimonio foreste soprattutto nelle aree urbane. Accanto alla
prevenzione Legambiente e SISEF, ma anche tutta la comunità scientifica,
ritengono strategica la ricerca sull’adattamento ai cambiamenti
climatici, inteso come aggiustamento dei sistemi naturali e antropici
agli eventi climatici attuali o attesi, con l’obiettivo di minimizzare i
danni e massimizzarne i potenziali benefici. Fare ricerca
sull’adattamento richiede il superamento della settorialità e della
gestione a breve termine, promuovendo l’integrazione fra discipline e
individuando soluzioni e prospettive a medio-lungo termine e
sostenibili.
Questo si traduce, per esempio, nell’utilizzo di dati,
strumenti modellistici e approcci innovativi che consentano di
analizzare il rischio di un’area considerandone tutte le componenti e
integrandole con la valutazione della coerenza fra le politiche che
insistono su quel territorio. Il fine è quello di individuare e attuare
misure specifiche, però strettamente connesse con gli obiettivi di
sviluppo sostenibile, in grado di rafforzare la resilienza degli
ecosistemi e delle comunità al rischio di incendi boschivi in un
contesto di cambiamenti climatici.
Nel nostro Paese non si parla
mai di boschi (che coprono ormai il 40% del territorio) e non si parla
di incendi, se non quando i boschi sono diventati cenere. Dobbiamo
invece raccontare di boschi e disturbi in modo efficace (si pensi al
caso della tempesta Vaia del 2018, nel Nord-Est) e, dunque, di incendi
anche quando questi non sono accesi. Prevenzione, infatti, vuol dire
educazione per
ogni fascia d’età, formazione, coinvolgimento
responsabile delle comunità, per evitare che la 'distrazione' diventi
'disastrosa', per sbarrare il passo all’incuria che sempre più domina i
nostri paesaggi e alla criminalità organizzata, al teppismo, alla
vendetta e alla devianza sociale che si maschera da psicopatologia
incendiaria. Lo strumento principale di prevenzione e di lotta agli
incendi è la creazione di un legame tra le popolazioni locali ed il bene
bosco. Per creare questo legame non servono ulteriori sistemi
vincolistici al contrario servono investimenti veri, ricerca, strumenti e
tecnologie, semplificazione di procedure e competenze all’interno di
una strategia
complessiva definita in condivisione con le popolazioni locali ed i portatori di interesse.
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