Da http://www.ufunnicu.it/ - Museo virtuale della civiltà marinara di Maratea:
"Raele Vincenzo
detto Cazzaneddu . Era un
celebre pescatore bevitore e bestemmiatore, era privo di un braccio e di
un occhio e viveva secondo natura, alzandosi al sorgere del sole e
coricandosi al suo tramonto , non prima di averlo salutato
riverentemente. Le cernie erano i pesci che amava pescare con i
filaccioni conoscendone perfettamente le tane. Viveva in un basso da
solo trascorrendo la maggior parte del tempo a bere vino. Essendo
imparentato con Tresina ì Sceru, quasi ogni giorno, andava a pranzo da
lei per cui i soldi che guadagnava vendendo le cernie che pescava,
servivano unicamente alla scorta di vino e tabacco per la pipa. Quando
le scorte stavano per finire era costretto ad andare di nuovo a pesca.
Possedeva una piccola barca cui aveva dato nome “Balilla” essendo egli
un simpatizzante del regime fascista. Quando vi fu il referendum per il
passaggio dalla Monarchia alle Repubblica, il Sindaco dell’epoca scese
al Porto e, incontrando Cazzaneddu cercò di convincerlo a cambiare nome
alla barca che ricordava un passato sconveniente. Raele lo ascoltò in
silenzio e ,quando questi andò via, chiamò quattro ragazzi e con il loro
aiuto, gettò l’imbarcazione sotto il muro della mbraiata
distruggendola. “Sta varca addavutu nu nomi sulu e chistu restiti”
disse. Da quel giorno non andò più a mare".
La scheda tecnica
Anno di nascita:
1871
Anno di morte:
1968
Nome portaiolo:
Cazzanèddu
A questo bel ricordo mi permetto aggiungere una poesia:
IL VECCHIO PESCATORE
"Cazzaneddu"
di Letizia Labanchi
Come a bulino cesellato il volto
da sole e vento,
il vecchio pescatore
sovente contraèa le folte ciglia
quasi a scrutare ancora l'orizzonte.
E gli occhi stanchi
fra que' due cespugli
ispidi e grigi,
erano chiari e azzurri
quali piccole conche
Sordo a ogni voce
fuor che a la risacca,
scontroso e triste ora passava i giorni
appoggiato alla barca
dalla chiglia
arsa e scrostata lontana dall'onde.
"Cazzanu" era chiamato
e il suo tormento
era di non poter più uscir sul mar
quando partìano gli altri
all'imbrunire
con le belle lampàre.
Fermo presso la barca,
ricordava...
e non udìa chi gli passava accanto
volgendogli un saluto,
nè i monelli
che si burlavan della sua vecchiezza.
Ricordava i bei giorni
ormai lontani
da lui vissuti con la fronte al vento
fra cielo e mare,
insieme coi suoi remi
e con le reti rilucenti e piene.
E rivedeva la distesa azzurra
dell'onde crespe
sotto lo scirocco;
rivedeva i delfini in lunghe schiere
e il volo dei gabbiani
in sulla sera.
Con una sola mano
governando
la barca contro cui ruggiva l'onda,
quante volte il furor della tempesta
vinto avea,
silenzioso, a testa bassa!
Con la pipa fumante fra le labbra
e il berrettone in capo,
i piedi scalzi
affondava con forza nella sabbia,
rimboccati i calzoni, quasi pronto
a spingere nell'acqua la sua barca.
Malinconico e assente a ogni richiamo,
rinchiuso nel mistero de' ricordi,
celava il moncherino nella tasca
e spingeva lontano il fiero sguardo,
vecchio Tritone
prigioniero antico
in terra ferma
ed anelante al mare!
Personalmente di Cazzaneddu ho un lontano e vago ricordo anche grazie alle parole di mio padre che, amante del mare, a volte ne rammentava sembianze e momenti di vita al Porto mentre, con la barca, praticavamo la pesca con i filaccioni e la opportuna ricerca di tane di cernie o gronchi lungo la costa.
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