lunedì 23 dicembre 2019

ATTENZIONE AL "FUOCO SOTTO LA CENERE" IN BASILICATA


- Da  LIBERA  BASILICATA -


                                                      COMUNICATO STAMPA
                                                       Quell’asse calabro-lucana.

È forse uno dei passaggi più emblematici di Toghe lucane, un’inchiesta tutto sommato archiviata prima ancora di nascere, e poi dimenticata troppo in fretta.
È una telefonata fra uno dei personaggi lucani indagati in quell’inchiesta e Giancarlo Pittelli, parlamentare calabrese, avvocato del foro di Catanzaro. La persona indagata è in ansia, in attesa di notizie che non arrivano, e allora Pittelli la rassicura: “ho preso qualche notizia…, magari se ci vediamo… se ci parliamo in maniera tranquilla… le dico un poò di cose”. Si vedranno tre giorni dopo in casa dell’avvocato a Catanzaro e le intercettazioni degli inquirenti si fermeranno sulla
soglia di quella casa. Cosa si saranno detti in maniera tranquilla non si saprà mai.

Si sa invece oggi, stando a quanto emerge dall’inchiesta della DDA di Catanzaro che nei giorni scorsi ha disarticolato la potente organizzazione criminale che ruota intorno al clan ‘ndranghetista dei Mancuso fatta non solo da uomini d’onore ma anche da personaggi insospettabili, massoni, professionisti, politici e perfino servi infedeli dello Stato, che appunto il parlamentare calabrese non è solo un avvocato affermato, ma “è legato stabilmente al contesto della ‘ndrangheta massonica e stabilmente a disposizione dei boss”. Un’accusa ovviamente tutta da dimostrare.

Tuttavia questo ci inquieta.
Ci inquietano in Basilicata i fili nascosti e certi legami non necessariamente toccati dagli accertamenti giudiziari.

Ci inquieta il rafforzarsi e il consolidarsi di certi poteri invisibili, che con il passare del tempo ci sembra siano paradossalmente diventati sempre più visibili ma anche sempre più legittimati.

E ci inquieta il fuoco sotto la cenere. Nella nostra regione le organizzazioni criminali si sono andate riorganizzando e consolidando, ma ne sono nate anche di nuove. Alcuni condannati per mafia sono ritornati in libertà e non si può certo dare per scontato che abbiano vissuto la propria detenzione nella logica dell’espiazione del male commesso. Alcuni rampolli delle famiglie mafiose storiche ormai diventati adulti, oggi si propongono prepotentemente come degni successori dei loro padri.
E tutti, a tutti i livelli di questo quadro malavitoso così magmatico, sono impegnati a coltivare amicizie, patti e relazioni sull’asse calabrese.

Insomma, al di là dell’inchiesta “Rinascita Scott” che ha appena sfiorato la nostra regione, riteniamo che tutto ciò sia già di per sè sufficiente per essere preoccupati ma anche per dire che non  possiamo lasciare solo alla magistratura e alle forze dell’ordine il compito di arginare l’avanzata visibile e invisibile del malaffare. 

Ma spetta a tutti e a ciascuno. Senza alibi. Senza deleghe. Senza tornare a chiudere gli occhi. Senza sconti agli amici. Senza aspettare che arrivino le manette.

Don Marcello Cozzi
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie

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