- Da LIBERA BASILICATA -
COMUNICATO STAMPA
Quell’asse calabro-lucana.
È forse uno dei passaggi più emblematici di Toghe lucane,
un’inchiesta tutto sommato archiviata prima ancora di nascere, e poi
dimenticata troppo in fretta.
È una telefonata fra uno dei personaggi lucani indagati in
quell’inchiesta e Giancarlo Pittelli, parlamentare calabrese, avvocato del
foro di Catanzaro. La persona indagata è in ansia, in attesa di notizie
che non arrivano, e allora Pittelli la rassicura: “ho preso qualche notizia…,
magari se ci vediamo… se ci parliamo in maniera tranquilla… le dico un poò
di cose”. Si vedranno tre giorni dopo in casa dell’avvocato a Catanzaro e
le intercettazioni degli inquirenti si fermeranno sulla
soglia di quella casa. Cosa si saranno detti in maniera
tranquilla non si saprà mai.
Si sa invece oggi, stando a quanto emerge dall’inchiesta
della DDA di Catanzaro che nei giorni scorsi ha disarticolato la potente
organizzazione criminale che ruota intorno al clan ‘ndranghetista dei
Mancuso fatta non solo da uomini d’onore ma anche da personaggi insospettabili,
massoni, professionisti, politici e perfino servi infedeli dello Stato,
che appunto il parlamentare calabrese non è solo un avvocato affermato, ma
“è legato stabilmente al contesto della ‘ndrangheta massonica
e stabilmente a disposizione dei boss”. Un’accusa ovviamente tutta da
dimostrare.
Ci inquietano in Basilicata i fili nascosti e certi legami
non necessariamente toccati dagli accertamenti giudiziari.
Ci inquieta il rafforzarsi e il consolidarsi di certi poteri
invisibili, che con il passare del tempo ci sembra siano paradossalmente
diventati sempre più visibili ma anche sempre più legittimati.
E ci inquieta il fuoco sotto la cenere. Nella nostra regione
le organizzazioni criminali si sono andate riorganizzando e consolidando,
ma ne sono nate anche di nuove. Alcuni condannati per mafia sono ritornati
in libertà e non si può certo dare per scontato che abbiano vissuto la propria
detenzione nella logica dell’espiazione del male commesso. Alcuni rampolli
delle famiglie mafiose storiche ormai diventati adulti, oggi si propongono
prepotentemente come degni successori dei loro padri.
E tutti, a tutti i livelli di questo quadro malavitoso così
magmatico, sono impegnati a coltivare amicizie, patti e relazioni
sull’asse calabrese.
Insomma, al di là dell’inchiesta “Rinascita Scott” che ha
appena sfiorato la nostra regione, riteniamo che tutto ciò sia già di per
sè sufficiente per essere preoccupati ma anche per dire che non possiamo
lasciare solo alla magistratura e alle forze dell’ordine il compito di arginare
l’avanzata visibile e invisibile del malaffare.
Ma spetta a tutti e a ciascuno. Senza alibi. Senza deleghe.
Senza tornare a chiudere gli occhi. Senza sconti agli amici. Senza
aspettare che arrivino le manette.
Don Marcello Cozzi
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie
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