“Quel
sagrestanello” diventato Uomo di Stato
Valerio
Mignone*
L’Università Popolare
dell’Età Libera (UPEL) di Maratea Trecchina, il 30 novembre u.s., ha
commemorato la personalità di Emilio Colombo ricorrendone il centenario della nascita,
a Potenza, il prossimo 11 aprile 1920. Nella Chiesa parrocchiale
dell’Annunziata di Maratea, ne hanno parlato, alla presenza di cittadini del
Lagonegrese, il senatore Tonio Boccia, il Prof. Franco Costanza, già sindaco di
Lagonegro, e lo scrivente, già parlamentare.
Secondo Lucano, dopo
Francesco Saverio Nitti, a ricoprire, nel 1950, la carica di Capo del Governo,
Colombo è stato definito Uomo di Stato per la sua azione svolta per l’avvenire
delle future generazioni, e non per la limitata prospettiva delle elezioni successive,
come affermava Winston Churchill a proposito degli Statisti o Uomini di Stato.
Colombo - come Vincenzo
Verrastro ed altri coetanei - sentì suoi
i precetti della cultura politica dei “Liberi e forti” di don Luigi Sturzo. Sostenuto
dal clero di Potenza, con don D'Elia, suo parroco; dai
vescovi Delle Nocche, e Bertazzoni; e da don De Luca presso il Vaticano,
Emilio Colombo fu eletto vicepresidente della Gioventù italiana di Azione
cattolica; e poi, nel 1946, all’Assemblea Costituente.
Il suo primo Atto
parlamentare, da cofirmatario con il deputato Mario Zotta, fu, nel 1947, la
sollecitazione del Governo a irreggimentare le abbondanti acque della
Basilicata per un’agricoltura più redditizia, e per la prevenzione di malattie
infettive. Ma, ben presto, “Quel sagrestanello” - come lo definì il suo
avversario Nitti – si rivelerà il
“Colombo che volerà alto”, realizzandosi il pronostico attribuito a Papa
Pacelli dopo un incontro con Colombo. Infatti, in un crescendo di azioni, al
seguito di De Gasperi, a Melissa, già nel 1949, nella rivolta dei contadini
contro i latifondisti, apparve la sua capacità di mediazione nel sedare la
rivolta; e fu, poi, incaricato di redigere un progetto di legge per una nuova
agricoltura. Ed ancora, la sua capacità di analisi e di progettazione, intuita,
e valorizzata, da De Gasperi, capo del Governo, fu alla base del risanamento
dei Sassi di Matera, definiti “La vergogna nazionale” da Togliatti.
Ministro del Tesoro, in
un periodo difficile per l’economia italiana, d’intesa con Guido Carli, della
Banca d’Italia, ebbe il coraggio di affermare “…non posso promettere soldi
falsi”.
Ma i voli di Colombo
diventavano via via più alti, e liberi, per la politica atlantica, anche in
disaccordo, talvolta, con gli alleati Stati Uniti d’America, quando non accettò
le sanzioni economiche che l’America avrebbe voluto infliggere all’Unione
Sovietica. Ed ancora, nel 1965, riuscì a vincere la riottosità di De Gaulle
ottenendo che la Francia abbandonasse la politica della “sedia vuota”, ed entrasse
nel Mercato Comune Europeo, allora nascente. Dall’alto dei suoi voli, Colombo
vedeva confini di mare e di terra non come barriere nella convivenza tra
popoli, e si prodigò per superarli, anticipando la odierna globalizzazione. In
tale ottica, riuscì a convincere anche Gromiko a trattare con l’Europa
occidentale.
Dopo aver favorito, da
ministro, i primi insediamenti industriali nel Mezzogiorno con la creazione di
posti di lavoro - tra i quali gli stabilimenti Rivetti a Maratea e Praia a Mare
- nel 1970 divenne Capo del Governo, e dovette fronteggiare la lunga e
sanguinosa Rivolta di Reggio Calabria del “Boia chi molla”, e della mafia, con
la Strage del 22 luglio per il deragliamento del “Treno del Sole”. Tra i
provvedimenti, immaginò il porto di Gioia Tauro come un grande Hub di scambio
commerciale nel Mediterraneo.
Conoscitore dei
problemi della sua Basilicata, Colombo volle anche ammodernarne il Servizio
sanitario. E nel corso di una visita ufficiale negli Stati Uniti d’America, in
veste di Presidente del Consiglio dei ministri - accompagnato da Aldo Moro,
ministro degli Affari esteri –, ebbe occasione di incontrarvi il giovane
cardiochirurgo Ugo Tesler, e lo invogliò a trasferirsi a Potenza per fondare quella
Cardiochirurgia dell’Ospedale San Carlo, che, per qualità, fu tra le prime in
Italia.
Presidente del
Parlamento Europeo dal 1977 al 1979, fu insignito, dopo Segni e De Gasperi, del
premio “Carlo Magno”; e nel 2011, la Fondazione “Jean Monnet” gli assegnò la
medaglia d’oro “per gli alti meriti avuti nella nascita e nello sviluppo della
CEE e dell’Unione europea”.
Dopo tanti fasti,
cominciò per Colombo una fase di declino politico, per la decadenza della Democrazia
Cristiana, in cui, come in ogni partito, si procedeva a lotte di potere e
regolamenti di conti tra capi-correnti. L’ultima elezione di Colombo alla
Camera dei Deputati fu nel 1992.
Dopo “Mani pulite” ed
il dissolvimento dei partiti e della numerosa componente dorotea della
Democrazia Cristiana, Colombo si schierò apertamente per il nuovo corso, e
parteggiò per l’Ulivo di Romano Prodi, e non per il Partito Popolare Italiano
di Rocco Buttiglione, o per Forza Italia di Silvio Berlusconi, in cui pure confluirono
molti democristiani. Colombo non fu ricandidato alle Elezioni politiche del
2001 da parte di ciò che era stata la vecchia Democrazia Cristiana. A ciò fu
posto rimedio con la candidatura al Senato, in Basilicata, nella lista del
movimento “Democrazia Europea” di Sergio D’Antoni, cui non seguì la elezione.
Si temette il tramonto definitivo di Colombo; ma nel 2003, giunse finalmente la
nomina di senatore a vita da parte del Presidente della Repubblica Ciampi.
Anche allora si
confezionavano dossier denigratori da parte di Servizi segreti, di spionaggio e
controspionaggio a danno di personalità e uomini politici; e si tentò, con
notizie di stampa, di appannare la personalità di Emilio Colombo, che, nel
2003, per fronteggiare la sofferenza dell’oblio, confessò di aver commesso
qualche errore, di cui subito si avvide, e corse immediatamente ai ripari. Ammise,
infatti, di aver fatto uso personale di cocaina, “per ragioni terapeutiche”, dovute allo “stress da lavoro”; e aggiunse “mi
sento di dover chiedere scusa al Paese. Sì, di chiedere scusa”.
Da padre costituente
non perdeva occasione di raccomandare prudenza nel riformare la prima parte
della Costituzione, sintesi delle culture cattolica, marxista e liberale,
rappresentate con una dura, ma corretta dialettica, da De Gasperi, Dossetti, La
Pira, Nenni, Togliatti, Pajetta, Calamandrei. Memore di ciò, il 15 maggio 2006,
appena eletto Giorgio Napolitano presidente della Repubblica, e garante della
Costituzione, Colombo, sostenuto da un senatore più giovane, attese il suo
turno per gli auguri: fu un abbraccio prolungato ed affettuoso tra due
protagonisti della politica, di radici diverse, ma entrambi impegnati a
costruire il bene comune.
Morto il 24 giugno 2013,
senatori e deputati di ogni schieramento rievocarono, con parole rispettose e
toccanti, l’impegno di Colombo per il bene comune.
*Già
parlamentare
Maratea 3 dicembre 2019
-Articolo pubblicato da "La Nuova del Sud" il 4 dicembre 2019-
-Articolo pubblicato da "La Nuova del Sud" il 4 dicembre 2019-
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