POTENZA – Avrebbe emesso «fatture concernenti operazioni inesistenti»
per «consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul
valore aggiunto»: per questo Francesco Piro, capogruppo di Forza Italia
in Consiglio regionale, è stato rinviato a giudizio insieme al fratello
Vincenzo e ad altre quattro persone. L’accusa è di truffa aggravata per
il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Con i due fratelli Piro compaiono anche Biagio Picarella, Giovanni
Grezzi e Vincenzo Timpone: attraverso fatture, certificati di
ultimazione lavori, dichiarazioni di conformità, contratti privi di data
certa – secondo l’accusa «tutti titoli falsi e creati ad arte, con il
consapevole e fattivo contributo dei soggetti emittenti» – avrebbero
contribuito «ad attestare falsamente alla Regione l’avvenuto
completamento» dei lavori nella struttura alberghiera “Midi” di
Lagonegro.
Tutto nasce dalla richiesta di finanziamento tramite «procedura
valutativa a sportello per la concessione di agevolazioni per lo
sviluppo e la qualificazione della filiera turistica nell’area del Piot
(Pacchetti Integrati di Offerta Turistica – ndr) Appennino Lucano Val
d’Agri Lagonegrese».
I fondi Po Fesr 2007/2013 riconosciuti a Bulfaro, rappresentante
legale della Dilma srl, sono oltre 856mila (il primo contributo
accordato era di un milione) e la documentazione ritenuta falsa riguarda
proprio la richiesta di accesso al finanziamento.
Il ruolo di Francesco Piro sarebbe stato duplice: da un lato, in qualità di rappresentante legale della Piro Immobiliare srl, avrebbe emesso fatture false in favore sia di Bulfaro che di suo fratello Vincenzo, a sua volta rappresentante legale della Global P Service; dall’altro avrebbe fatto leva, nelle operazioni bancarie, sul proprio ruolo di vicepresidente di un istituto di credito cooperativo con filiale a Lagonegro “provvedendo a impiegare in attività finanziarie i proventi di origine delittuosa”.
Il ruolo di Francesco Piro sarebbe stato duplice: da un lato, in qualità di rappresentante legale della Piro Immobiliare srl, avrebbe emesso fatture false in favore sia di Bulfaro che di suo fratello Vincenzo, a sua volta rappresentante legale della Global P Service; dall’altro avrebbe fatto leva, nelle operazioni bancarie, sul proprio ruolo di vicepresidente di un istituto di credito cooperativo con filiale a Lagonegro “provvedendo a impiegare in attività finanziarie i proventi di origine delittuosa”.
Grezzi, Timpone e Picarella avrebbero invece un ruolo più tecnico,
legato prettamente ai lavori alla struttura alberghiera lagonegrese.
Lavori che tutti gli imputati sono accusati di aver dichiarato conclusi
entro il 31 dicembre 2015 (termine già prorogato una volta) “celando lo
stato di fatto reale per cui erano ancora in itinere”. Le opere saranno
poi ultimate nel corso del 2016 “in parte da società diverse e per
importi economici inferiori a quelli attestati”. L’inosservanza dei
termini avrebbe determinato la perdita totale del finanziamento erogato
dalla Regione.
Il gup Ennio Trivelli ha firmato il decreto di rinvio a giudizio
mercoledì scorso. L’udienza è stata fissata al prossimo 7 aprile nel
tribunale di Lagonegro.
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