sabato 11 aprile 2020

E' PASQUA !

                                                 Riflessioni  di  don  Marcello  Cozzi


I segni della Pasqua, in questi giorni di morte

Avviene tutto di notte, nel silenzio della notte, nel buio della notte, nelle solitudini della notte.
Avviene mentre intorno tutto parla di morte, quando il dolore per i progetti spezzati supera di gran lunga l’umana necessità di dover ricominciare daccapo, quando la rassegnazione ha preso il sopravvento e ci si chiede sconsolati dove trovare la forza per riprendere il cammino.
Avviene quando la nostalgia per ciò che è stato, non fa guardare avanti, e quando la paura – degli altri e di un futuro incerto – diventa l’unica compagna di viaggio di una vita ormai rinchiusa fra le quattro mura di casa.
Avviene quando nessuno se ne accorge, senza manifestazioni eclatanti, senza riti solenni, senza segni straordinari. Avviene e basta. In silenzio.
Così avviene la Pasqua nel racconto dei vangeli.
Questo è il Dio di Gesù di Nazareth: discreto, inedito e nascosto per tutta la sua vita, fino alla fine. Finanche nel momento della vittoria.
Ma anche dopo. Il Risorto non dà appuntamento in un unico solenne momento e in un luogo bardato a festa per dimostrare a tutti che alla fine ha vinto lui, che lui aveva ragione, che il suo Dio può tutto, e che alla fine arriva sempre a toglierci le castagne dal fuoco. No.
Li attende, invece, nella quotidianità: lì dove lui per primo aveva vissuto innamorato della vita, lì dove aveva toccato la fragilità delle persone, lì dove aveva detto che è la condivisione a renderci fratelli e non le religioni, lì dove aveva condiviso il sogno e il progetto di un mondo altro da costruire nonostante le difficoltà, e non di un altro mondo da presentare come anestetico alle difficoltà.
È lì che ritorna, è lì che li aspetta, è lì che pone i segni invisibili della sua vittoria: nelle cose di tutti i giorni, nel mondo di tutti i giorni. Per dire che l’annuncio della Pasqua, e cioè della vita che vince sempre nonostante le evidenze tragiche della morte, è fatto per ricomporre i cammini interrotti, per incoraggiare i passi indeboliti, per dire che ogni ferita anche la più profonda è una feritoia attraverso cui intravedere sempre cose nuove. E per annunciare che solo un’umanità rinnovata può permettere ogni volta alla vita di ricominciare daccapo.
Ecco perché la Pasqua appartiene a tutti, e non solo ai credenti.
Ecco perché ci riguarda in un tempo di morte come questo, mescolati e impastati come siamo con le lacrime e il dolore di tanti: per scorgere intorno a noi, intrecciati drammaticamente con queste giornate listate a lutto – come un’unica cosa furono la croce e il sepolcro – i segni di una vita che avanza nonostante le morti, e che si pongono come i prodromi di un mondo nuovo che viene di continuo.
Sono questi i segni del Risorto; da non cercare nelle chiese chiuse di questi giorni, ma da incrociare nei volti di medici e infermieri scavati dalla fatica, nei teneri gesti di uomini e donne delle forze dell’ordine che portano la spesa a casa di chi è rimasto solo, nell’affanno, e talvolta nelle lacrime, di giornalisti condannati a raccontare ciò che mai avrebbero voluto, nella fantasia bizzarra di preti che si inventano di tutto per restare accanto alla propria gente, nei volti spensierati e seriosi di studenti e insegnanti che si ritrovano a fare scuola in una stanza di casa, e nella fatica coraggiosa dei tanti anonimi che in questi giorni mai un attimo si sono fermati.
David Turoldo, frate ribelle e innamorato della vita scriveva in una poesia: “credere a Pasqua non è giusta fede, troppo bello sei a Pasqua; fede vera è al venerdì santo”. Oggi, ne siamo certi, avrebbe invece scritto: “mai come quest’anno credere a Pasqua è giusta fede”.
Perché Pasqua è credere che ce la faremo, quando la morte ancora sta bussando alle nostre porte.
Perché Pasqua avviene di notte.

don Marcello Cozzi


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