Nord
e Sud al tempo della pandemia
Valerio
Mignone *
Da
quando è esplosa la pandemia da Coronavirus impazza sulla stampa la polemica
sulla Sanità tra le varie Regioni d’Italia, fino a degenerare in baruffe da
pianerottolo nel corso di interviste a virologi e immunologi nei vari notiziari
e talk show radiotelevisivi.
E’
apparsa la diversità di comportamento tra i Presidenti delle varie Regioni del
Nord invase dal virus, non senza cadute di stile nei riguardi del Presidente
del Consiglio e del Ministro per gli Affari regionali. E in tale contesto si è
manifestata anche un’aria di superiorità e saccenteria di consulenti sanitari
milanesi verso primari degli ospedali di Napoli, ove nel frattempo attecchiva
il Coronavirus.
A
ristabilire fiducia negli ospedali di Napoli è stato un servizio di SKY news
inglese, che illustrava una sorprendente funzionalità dell’Ospedale “Cotugno”,
ove, da sempre, operano primari che, senza esibizionismi, riescono ad eccellere
nella clinica e nella ricerca, tanto da decidere di sperimentare contro il
Coronavirus un farmaco impiegato con successo per la cura dell’artrite
reumatoide.
Dopo
l’improvviso e tumultuoso esodo biblico di meridionali che, terrorizzati, e ignorando
ogni ordinanza, fuggirono dal Nord al Sud per trascorrere la quarantena nelle
loro case d’origine, fortunatamente la malattia si è diffusa con minore invasività.
A ciò ha contribuito il civismo, prima vituperato, dei meridionali, ligi, sin dal
loro rientro, ad osservare quanto ordinato dalle Autorità regionali, per
bloccare, o limitare i contagi e la malattia, di intesa con la Protezione
civile, puntuale a trasmettere quotidianamente bollettini di informazione,
anche in traduzione per sordi.
Ad
oggi, in tutte le regioni italiane, la curva dell’andamento della epidemia è in
calo progressivo, seppur lentamente. Rimane in attività qualche focolaio in
alcune Residenze Sanitarie Assistite, anche in Basilicata.
Proprio
in Basilicata, ove si conferma la decrescita della epidemia, in questi giorni
si propone la installazione di un ospedale da campo, donato all’Italia dal
Quatar; ma ne è nata una controversia sul sito ove collocarlo, ipotizzandone il
frazionamento per destinarne una parte a Potenza, a Matera, a Lagonegro e a
Policoro. Tale controversia si potrebbe risolvere rispondendo, in via
preliminare, a due quesiti: 1) che cos’è un ospedale da campo, 2) a cosa serve.
La
definizione di ospedale da campo è legata spesso alla storia di eventi tristi,
come guerre e terremoti; e già questo genera patemi d’animo, di cui occorre
prevenire l’insorgenza. Ed ancora, pur nella sua provvisorietà, un ospedale da
campo deturpa il luogo ove si installa. Da ciò, la comprensibile ostilità di
alcune popolazioni. Tra l’altro, la sua gestione tecnica deve essere autonoma,
non appendice esterna di un reparto di terapia intensiva di un ospedale
contiguo, che, già di per sé, ha difficoltà irrisolte nel reperire personale
sanitario qualificato. Il suo frazionamento, inoltre, potrebbe indebolirne la
funzionalità. A conferma delle difficoltà gestionali, è utile ricordare che
l’ospedale da campo costruito in due settimane presso la Fiera di Milano con
tanto battage pubblicitario, è sottoutilizzato
per l’attenuazione della morbosità del Coronavirus che, spesso, non rende più
necessaria la rianimazione.
In
definitiva, si potrebbe concludere per la non necessità di tale ospedale. In
tal caso, dopo il dovuto ringraziamento al Quatar, ed essersi riservato, per
ogni eventualità, il diritto alla nuda proprietà, si potrà rendere disponibile
tale struttura per altre Regioni, o per le tante associazioni del volontariato
lucano che, in varie occasioni, ha dimostrato generosità, impegno e passione.
Al
momento, è prioritario, e urgente, fare l’analisi dei danni immani provocati
dal Coronavirus in tutti i settori, e ricercarne gli strumenti per
superarli.
Sul
piano economico ci sono stati grossissimi danni nella produzione agricola per i
mancati interventi stagionali; e c’è stata la paralisi completa del commercio
al dettaglio, dell’artigianato, della piccola e media industria. Nel settore
turistico c’è stato l’annullamento di eventi, di prenotazione di viaggi e
soggiorni in alberghi e Bed and Breakfast, in località di mare e di montagna.
Alla ripresa del lavoro si ritroveranno rottami, distruzioni, come è avvenuto
per ogni epidemia descritta nella Storia. Ma è stato giusto tutelare la salute
dei lavoratori addetti a queste attività, mantenendoli in quarantena nelle loro
case.
Per
far fronte a tutto ciò si cominci a inserire nel lessico familiare la nuova
parola “resilienza”, intendendo con essa la capacità psicologica a reagire
positivamente a situazioni negative; come occorre per poter ricostruire sulle
macerie da Coronavirus.
La
resilienza, generalmente, è ben salda nei giovani, ma tale può non essere nei
vecchi, che non vedendo più un loro futuro, tendono a rifugiarsi nella
Nostalgia, come ricordo dolente, o rimpianto di un passato piacevole. E proprio
per questo, tanti anziani, consapevoli della debolezza legata alla loro età,
pur con maggiore vulnerabilità, si tengono per mano in varie associazioni; per
non richiamare in loro aiuto i giovani, distraendoli da lavori più impegnativi.
Le
Istituzioni, nell’era moderna, si sono interessati alle condizioni degli
anziani, e nel Settecento, nelle grandi città, si sono costruite residenze ad
essi destinati. Il Real Albergo dei Poveri, voluto nel 1751, a Napoli, da Carlo
III dei Borboni su progetto dell’architetto Ferdinando Fuga, doveva ospitare
vecchi, poveri, mutilati di guerra, disabili. E pur essendo, per superficie,
uno dei più grandi edifici d’Europa, purtroppo, rimane inutilizzato per la
originaria destinazione.
Alcuni
anni dopo, nel 1766, a Milano, per disposizioni testamentarie del principe
Gallio Trivulzio, fu avviata la costruzione del Pio albergo Trivulzio per
anziani meno abbienti. Questa nobiltà di intenti venne schiaffeggiata nel 1992, quando, nel corso della
inchiesta giudiziaria denominata Tangentopoli, si scopri la corruzione del
presidente dell’Istituto.
Oggi,
con la inchiesta sul trasferimento dei contagiati Coronavirus in questo stesso
Pio Albergo Trivulzio, sta emergendo la confusione nella gestione della Sanità
in Lombardia. E chi scrive, formatosi tra la Clinica medica del Policlinico di
Via Francesco Sforza e la Cà granda, tra
gli anni ’60 e ’70, associandosi a
chi condanna l’attuale decadenza della Medicina a Milano, invoca l’intervento dello
Stato per recuperare le sue competenze nella gestione della sanità pubblica, sottraendo,
tra l’altro, la nomina di dirigenti e primari alle competenze di ras politici
locali. Ciò, anche per prevenire malefatte come quelle del Chirurgo milanese
che terrorizzava persone sane per convincerle a farsi resecare una parte di
polmone in strutture convenzionate, e rubare soldi allo Stato, in barba al
Codice penale ed al Giuramento di Ippocrate, là dove prescrive di tutelare la
salute delle persone. E’ utile ricordare che il diritto alla salute è sancito
dall’articolo 32 della Costituzione, e deve essere garantito in eguaglianza a
tutti i cittadini. Chi vuole ricorrere alla sanità privata, nel bene e nel
male, se la paghi.
In
attesa di ciò, e dell’auspicata “immunità
di gregge” a difesa della salute pubblica, si colga l’occasione della
ricostruzione per riprogettare un nuovo Mezzogiorno, nell’interesse del Nord,
dell’Italia tutta, e dell’Europa. Ma questo è un altro discorso!
*già
primario medico e parlamentare
Maratea 17 aprile 2020
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