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U Portu (di Francesco Chiappetta)
Il Porto
Il Porto è mia madre che lava i panni alla fontana ; mio zio che rammenda reti al fresco del fondaco: noi che, da bambini, andiamo scalzi sulla rena cocente. Il Porto è spesso questi ricordi,soprattutto per chi è costretto a non abitarlo,a viverlo nella sua affascinante,monotona,imprevedibile e naturale quotidianità. Ultimamente, grazie alle belle intuizioni fotografiche di Tania, il ricordo si accende per mezzo di una luce particolare, perché è la luce la vera protagonista di queste fotografie (etimologicamente dal greco photos=luce e graphein=scrivere). Tania sa catturare nell’istante fotografico questa luce e con essa scrive poesie dedicate al porto e a tutti i suoi amanti. L’inquadratura è quasi sempre la stessa,vincolata com’è dai confini delle cose e dall’attrattiva naturale del golfo, del mare, dal profilo superbo del monte Bulgheria e dalla nostra cara madre Timpa. Il resto lo mette la Divina Provvidenza: il cielo plumbeo bucato dal raggio rosso, la linea sottile,rossa e sfumata verso il rosa in un orizzonte lontanissimo fra gli Infreschi e l’infinito:il buco di luce nel blu compatto di un tetto di nuvole blu; il sole che sfuma lontano dietro la punta, oltre Palinuro; la luce del Giudizio universale che avvolge il gallo del fumaiolo che appare netto, svettante su una nuvola bianca quasi nido involontario e soffice. Catturare quest’atmosfera sembrerebbe facile ma guardando l’equilibrio dei colori e la nettezza delle forme fa pensare ad un padroneggiamento del mezzo fotografico di buon livello.
Mi sono ritrovato, in questa maniera di ricordare, a riprendere un mio scritto di qualche decennio fa,conservato int’ ‘u funnicu, in cui pensavo al porto come un qualcosa di vivente e ne ricordavo proprio la luce abbagliante,prepotente di mattinate di luglio.
’U Portu ‘i sira
pari ‘na caniscka
stacquata ‘mbradimari.
Di notti
è nu guagnùnu appisuliàtu:
’a capu nu Crivu
e i pedi ‘na Racia
L’alba, nu Portu
è ‘n’ausciàta frisca
da ‘rretu San Biase
’U Portu , ‘a matina
è ‘na mriacàta ‘i luci
ch’ adduri di frischìzza
’ U mezzujùrnu
è ‘nu vracèri attizzàtu
di preti vuddènti
’A cuntrùra pò
veni sempi cu’ picundrìa:
sfatta di sonnu
e sudata fridda
Sempi torni lla sira
e i prùdi di’ varchi
tòrninu abbivi ‘mbradimàri
Il Porto di sera
sembra una verdesca
spiaggiata sul bagnasciuga
Di notte
è un bambino appisolato:
con la testa al Crivo
e i piedi alla Racia
L’alba, al Porto
è un soffio fresco
da dietro San Biagio
Il Porto la mattina
è una ubriacatura di luci
che odora di freschezza
il mezzogiorno
è un braciere attizzato
di petre bollenti
La controra poi
viene sempre con svogliatezza:
sfatta di sonno
e sudata fredda
sempre torna la sera
e le prue delle barche
tornano ad abbeverarsi in riva al mare
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