Dopo il Coronavirus Facoltà di Medicina in
Basilicata e un nuovo Ospedale
Valerio Mignone*
Ernesto Galli della
Loggia, nel suo editoriale del 16 marzo u.s. sul Corriere della Sera, ha scritto:
“Adesso, ma solamente
adesso forse ci si accorge che… in Basilicata con le royalties del petrolio
conveniva costruire qualche grande ed efficiente centro ospedaliero piuttosto
che disseminare la regione di piscine e palazzetti dello sport”; ed ancora:
“Sarebbe sbagliato però credere che ogni responsabilità ricada esclusivamente
sui governanti. Ha pesato, eccome, anche la responsabilità di chi li ha eletti”;
e, quasi a volersi far perdonare qualche citazione a sproposito, ha aggiunto: “Così
come sarebbe sbagliato credere che il discorso valga solo per il Mezzogiorno.
Vale per tutto il Paese, vale per tutti gli italiani”.
Galli della Loggia ha
conosciuto la Basilicata, da amico e sodale di Gianpaolo Nitti. Egli rimase
miracolosamente illeso quando, affianco a Gianpaolo Nitti, appena eletto al primo
Consiglio regionale della Basilicata, nel 1970, questi morì a Maratea, nell’auto
che guidava, uscita di strada. E Galli della Loggia avrà pur notato, su
scrittoi e scaffali della propria casa, pagine di appunti di Lucetta Scaraffia,
sul “Caso Rivetti a Praia e a Maratea”. Ma la Basilicata di oggi è ben diversa; a
Potenza è stato costruito un grande ospedale regionale, il San Carlo, che,
unitamente all’ospedale provinciale di Matera, ha una sua bella Storia. A
Rionero in Vulture, seppur con piccoli numeri, opera un apprezzato anello della
rete nazionale degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico
(IRCCS). E ci sono anche “piscine e palazzetti dello sport”, che, nonostante il
rimbrotto di Galli della Loggia, sono utili a mantenere i Lucani in buona
salute, e a prevenirne malattie.
E tuttavia, non si può
negare che una vecchia e continua migrazione di malati lucani verso le regioni
del Centro-Nord dell’Italia esprima la loro insoddisfazione per il servizio
sanitario regionale; migrazione ben riportata in una continua e puntuale
rassegna stampa degli anni scorsi, e caparbiamente ignorata da Presidenti di giunta
ed Assessori alla sanità. Ma, quel che è stato è stato! Oggi si deve progettare
con urgenza una sanità migliore, adeguata alle esigenze sociali odierne, e per
un futuro prossimo. Le prospettive sono favorevoli, rese tali dall’acquisita
consapevolezza delle carenze evidenziate dalla pandemia da coronavirus, seppure
ad essa preesistenti, come risulta anche in Atti del Senato della Commissione
Parlamentare di Inchiesta sul Sistema sanitario del 1999.
A tal fine, occorre
agire su più fronti. A livello nazionale, è auspicabile che lo Stato recuperi
la sua competenza sulla Sanità pubblica, come per la Pubblica Istruzione e per
la Difesa. Con la riforma dell’articolo 5 della Costituzione – votata,
purtroppo, anche da chi scrive! - lo Stato attribuì alle Regioni la competenza
della gestione del Servizio sanitario. Nel tempo, tale riforma si è dimostrata
generatrice di conflitti istituzionali, e non soltanto per le maggiori pretese
finanziarie al Nord. Nel corso dell’attuale epidemia è apparso chiaramente il
conflitto tra Capo del governo e Presidenti di regioni nel rivendicare
competenze su vari provvedimenti; tale conflitto è riapparso anche tra Regioni
e Comuni, talora con cadute di stile.
La gestione della
sanità da parte delle Regioni ha evidenziato disuguaglianze sociosanitarie,
corruzione politica ed amministrativa, clientelismo, non senza qualche
paradosso, come nel caso della Regione Lombardia, ove la sanità pare che
funzioni bene sul piano tecnico, tanto da essere luogo di immigrazione
sanitaria dal Sud, ma ha pure comportato la condanna definitiva di un suo
presidente per corruzione; e sono apparse critiche dagli stessi sindaci di
Bergamo, e di Milano; Beppe Sala, al Corriere della Sera del 28 marzo, ha
dichiarato: “…in Lombardia, a differenza di Emilia e Veneto, si è puntato più
sulle grandi infrastrutture ospedaliere, anche private, a scapito della rete
sociosanitaria del territorio, consultori, medici di base”. Anche in Basilicata
va recuperato il protagonismo dei medici territoriali, gratificandone la
funzione con personale paramedico e strumentazioni.
Per prevenire che la
sanità a gestione regionale possa essere, ovunque, la catena corta per il voto
di scambio tra politici e loro sostenitori, occorre riaffidare tale funzione allo
Stato. Ma l’attuale composizione del Parlamento, con una maggioranza a radici
localistiche, rende difficile il ripristino del Titolo V della Costituzione;
altrettanto dicasi per il risultato di un eventuale referendum. Occorre volare
alto! E pensare alle Macroregioni, ove si perderebbe il nome, e l’anacronistico
Statuto speciale per quelle che ne godono; certamente non scomparirebbero le
caratteristiche socioantropologiche delle Basilicata, largamente riconosciute
ed apprezzate.
Altro fronte è la
carenza di medici, lamentata da anni, ed apparsa critica in questa pandemia. Occorre
riformare la legge dello Stato che ha istituito il numero chiuso per la
iscrizione alle Facoltà di Medicina e Chirurgia. E’ giunto il momento di
liberalizzare l’accesso a tale Facoltà, o almeno di aumentarne il numero di
iscrizione. In tale prospettiva, la Regione Basilicata potrà valutare la
opportunità di chiedere la istituzione della Facoltà di Medicina e Chirurgia
presso l’ospedale San Carlo a Potenza. Con tale istituzione non sarebbe più
problematico, come per gli anni passati, reperire medici disposti a venire a
lavorare al San Carlo, anche con funzioni primariali; essi vi giungevano, e vi
giungono, solo all’inizio della loro carriera, già pronti a trasferirsi in
altre sedi maggiormente gradite. D’altronde, persino fra giovani medici lucani,
assunti in presidi sanitari di altre regioni, è stata notata una scarsa
tendenza a rientrare in Basilicata.
La istituzione della
Facoltà di Medicina produrrà vantaggi economici e socio-sanitari a catena per
la Regione. I giovani lucani, aspiranti a diventare medici, potrebbero
conseguire qui la laurea - evitando il trasferimento di risorse finanziarie
fuori regione - e, al termine degli studi potrebbero lavorare nella stessa
Basilicata. La loro formazione, tra l’altro, potrebbe non essere circoscritta
alla Università lucana, grazie ai programmi Erasmus per corsi di studi in altre
Facoltà, anche straniere.
Infine, questa pandemia
ha risvegliato la sopita questione del nuovo ospedale nel Lagonegrese. In
Basilicata, negli ultimi 50 anni, sono stati costruiti vari ospedali; ma, con
il cambiamento della cultura medica e con l’avvento della telemedicina, della
telediagnostica e della tecnologia moderna, ne è stato selezionato solo uno per
ogni vecchia USL, diventandone l’ospedale per le prime prestazioni. I restanti ospedali
sono stati utilizzati come hospice, residenze sanitarie assistite, case di
riposo, la cui funzione sociale è preziosa quanto quella ospedaliera
propriamente detta.
Soltanto a Lagonegro,
la struttura ospedaliera comporta disagi per il non facile accesso, e per
carenza di spazi, pur essendo stata ampliata con rabberciate superfetazioni.
Non poteva che essere cosi; era un edificio scolastico, che, nel corso degli
anni, è stato adattato inizialmente ad ospedale zonale, divenuto, poi, ospedale
unico per tutto il circondario, ivi compreso il Senisese, che pure dispone del
vecchio ospedale di Chiaromonte, oggi sede di ricovero di pazienti affetti da
disturbi del comportamento alimentare.
La progettata
costruzione di una nuova sede è bloccata, per motivi chiari soltanto a chi vi è
stato coinvolto. Oggi è il momento di rivedere e aggiornare precedenti piani e
progetti per tale ospedale, confidando nella umiltà di chi ha fallito, per tale
obiettivo, a farsi da parte; e, se ci sono problemi giudiziari, confidando in
una sollecita sentenza.
Il nuovo ospedale deve
essere centrale tra i Comuni della Valle del Noce, i cui abitanti hanno
maturato un senso civico ormai libero di quel campanilismo anacronistico, che,
in un recente passato, ha condizionato negativamente decisioni di pubblico
interesse. Tra l’altro, a questo nuovo ospedale potranno afferire agevolmente
le popolazioni dell’alta Calabria tirrenica, private dell’ospedale di Praia a
Mare.
*Già primario medico e parlamentare
Maratea 2
aprile 2020
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