giovedì 2 aprile 2020

PENSANDO AL DOPOCORONAVIRUS


Dopo il Coronavirus Facoltà di Medicina in Basilicata e un nuovo Ospedale
                                                                     

Valerio Mignone*


Ernesto Galli della Loggia, nel suo editoriale del 16 marzo u.s. sul Corriere della Sera, ha scritto: 

“Adesso, ma solamente adesso forse ci si accorge che… in Basilicata con le royalties del petrolio conveniva costruire qualche grande ed efficiente centro ospedaliero piuttosto che disseminare la regione di piscine e palazzetti dello sport”; ed ancora: “Sarebbe sbagliato però credere che ogni responsabilità ricada esclusivamente sui governanti. Ha pesato, eccome, anche la responsabilità di chi li ha eletti”; e, quasi a volersi far perdonare qualche citazione a sproposito, ha aggiunto: “Così come sarebbe sbagliato credere che il discorso valga solo per il Mezzogiorno. Vale per tutto il Paese, vale per tutti gli italiani”.

Galli della Loggia ha conosciuto la Basilicata, da amico e sodale di Gianpaolo Nitti. Egli rimase miracolosamente illeso quando, affianco a Gianpaolo Nitti, appena eletto al primo Consiglio regionale della Basilicata, nel 1970, questi morì a Maratea, nell’auto che guidava, uscita di strada. E Galli della Loggia avrà pur notato, su scrittoi e scaffali della propria casa, pagine di appunti di Lucetta Scaraffia, sul “Caso Rivetti a Praia e a Maratea”.  Ma la Basilicata di oggi è ben diversa; a Potenza è stato costruito un grande ospedale regionale, il San Carlo, che, unitamente all’ospedale provinciale di Matera, ha una sua bella Storia. A Rionero in Vulture, seppur con piccoli numeri, opera un apprezzato anello della rete nazionale degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS). E ci sono anche “piscine e palazzetti dello sport”, che, nonostante il rimbrotto di Galli della Loggia, sono utili a mantenere i Lucani in buona salute, e a prevenirne malattie.
E tuttavia, non si può negare che una vecchia e continua migrazione di malati lucani verso le regioni del Centro-Nord dell’Italia esprima la loro insoddisfazione per il servizio sanitario regionale; migrazione ben riportata in una continua e puntuale rassegna stampa degli anni scorsi, e caparbiamente ignorata da Presidenti di giunta ed Assessori alla sanità. Ma, quel che è stato è stato! Oggi si deve progettare con urgenza una sanità migliore, adeguata alle esigenze sociali odierne, e per un futuro prossimo. Le prospettive sono favorevoli, rese tali dall’acquisita consapevolezza delle carenze evidenziate dalla pandemia da coronavirus, seppure ad essa preesistenti, come risulta anche in Atti del Senato della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Sistema sanitario del 1999.

A tal fine, occorre agire su più fronti. A livello nazionale, è auspicabile che lo Stato recuperi la sua competenza sulla Sanità pubblica, come per la Pubblica Istruzione e per la Difesa. Con la riforma dell’articolo 5 della Costituzione – votata, purtroppo, anche da chi scrive! - lo Stato attribuì alle Regioni la competenza della gestione del Servizio sanitario. Nel tempo, tale riforma si è dimostrata generatrice di conflitti istituzionali, e non soltanto per le maggiori pretese finanziarie al Nord. Nel corso dell’attuale epidemia è apparso chiaramente il conflitto tra Capo del governo e Presidenti di regioni nel rivendicare competenze su vari provvedimenti; tale conflitto è riapparso anche tra Regioni e Comuni, talora con cadute di stile.

La gestione della sanità da parte delle Regioni ha evidenziato disuguaglianze sociosanitarie, corruzione politica ed amministrativa, clientelismo, non senza qualche paradosso, come nel caso della Regione Lombardia, ove la sanità pare che funzioni bene sul piano tecnico, tanto da essere luogo di immigrazione sanitaria dal Sud, ma ha pure comportato la condanna definitiva di un suo presidente per corruzione; e sono apparse critiche dagli stessi sindaci di Bergamo, e di Milano; Beppe Sala, al Corriere della Sera del 28 marzo, ha dichiarato: “…in Lombardia, a differenza di Emilia e Veneto, si è puntato più sulle grandi infrastrutture ospedaliere, anche private, a scapito della rete sociosanitaria del territorio, consultori, medici di base”. Anche in Basilicata va recuperato il protagonismo dei medici territoriali, gratificandone la funzione con personale paramedico e strumentazioni.    

Per prevenire che la sanità a gestione regionale possa essere, ovunque, la catena corta per il voto di scambio tra politici e loro sostenitori, occorre riaffidare tale funzione allo Stato. Ma l’attuale composizione del Parlamento, con una maggioranza a radici localistiche, rende difficile il ripristino del Titolo V della Costituzione; altrettanto dicasi per il risultato di un eventuale referendum. Occorre volare alto! E pensare alle Macroregioni, ove si perderebbe il nome, e l’anacronistico Statuto speciale per quelle che ne godono; certamente non scomparirebbero le caratteristiche socioantropologiche delle Basilicata, largamente riconosciute ed apprezzate. 

Altro fronte è la carenza di medici, lamentata da anni, ed apparsa critica in questa pandemia. Occorre riformare la legge dello Stato che ha istituito il numero chiuso per la iscrizione alle Facoltà di Medicina e Chirurgia. E’ giunto il momento di liberalizzare l’accesso a tale Facoltà, o almeno di aumentarne il numero di iscrizione. In tale prospettiva, la Regione Basilicata potrà valutare la opportunità di chiedere la istituzione della Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’ospedale San Carlo a Potenza. Con tale istituzione non sarebbe più problematico, come per gli anni passati, reperire medici disposti a venire a lavorare al San Carlo, anche con funzioni primariali; essi vi giungevano, e vi giungono, solo all’inizio della loro carriera, già pronti a trasferirsi in altre sedi maggiormente gradite. D’altronde, persino fra giovani medici lucani, assunti in presidi sanitari di altre regioni, è stata notata una scarsa tendenza a rientrare in Basilicata.

La istituzione della Facoltà di Medicina produrrà vantaggi economici e socio-sanitari a catena per la Regione. I giovani lucani, aspiranti a diventare medici, potrebbero conseguire qui la laurea - evitando il trasferimento di risorse finanziarie fuori regione - e, al termine degli studi potrebbero lavorare nella stessa Basilicata. La loro formazione, tra l’altro, potrebbe non essere circoscritta alla Università lucana, grazie ai programmi Erasmus per corsi di studi in altre Facoltà, anche straniere.  

Infine, questa pandemia ha risvegliato la sopita questione del nuovo ospedale nel Lagonegrese. In Basilicata, negli ultimi 50 anni, sono stati costruiti vari ospedali; ma, con il cambiamento della cultura medica e con l’avvento della telemedicina, della telediagnostica e della tecnologia moderna, ne è stato selezionato solo uno per ogni vecchia USL, diventandone l’ospedale per le prime prestazioni. I restanti ospedali sono stati utilizzati come hospice, residenze sanitarie assistite, case di riposo, la cui funzione sociale è preziosa quanto quella ospedaliera propriamente detta.

Soltanto a Lagonegro, la struttura ospedaliera comporta disagi per il non facile accesso, e per carenza di spazi, pur essendo stata ampliata con rabberciate superfetazioni. Non poteva che essere cosi; era un edificio scolastico, che, nel corso degli anni, è stato adattato inizialmente ad ospedale zonale, divenuto, poi, ospedale unico per tutto il circondario, ivi compreso il Senisese, che pure dispone del vecchio ospedale di Chiaromonte, oggi sede di ricovero di pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare.

La progettata costruzione di una nuova sede è bloccata, per motivi chiari soltanto a chi vi è stato coinvolto. Oggi è il momento di rivedere e aggiornare precedenti piani e progetti per tale ospedale, confidando nella umiltà di chi ha fallito, per tale obiettivo, a farsi da parte; e, se ci sono problemi giudiziari, confidando in una sollecita sentenza.

Il nuovo ospedale deve essere centrale tra i Comuni della Valle del Noce, i cui abitanti hanno maturato un senso civico ormai libero di quel campanilismo anacronistico, che, in un recente passato, ha condizionato negativamente decisioni di pubblico interesse. Tra l’altro, a questo nuovo ospedale potranno afferire agevolmente le popolazioni dell’alta Calabria tirrenica, private dell’ospedale di Praia a Mare.
*Già primario medico e parlamentare
Maratea 2 aprile 2020

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