Boss e covid: lo Stato non abdichi nella lotta alla mafia
Incontro pentiti di mafia da almeno venti anni.
Personaggi anonimi, ma anche i responsabili delle stragi più efferate, e che hanno fatto la storia recente di questo nostro Paese.
Furbi e opportunisti che hanno saputo approfittare dei benefici di una legge nata dal sangue di chi è morto per sconfiggere quella cancrena che sono le mafie, ma anche uomini e donne che invece fra le righe di quella stessa legge hanno saputo cogliere l’opportunità di voltare pagina, di mettersi tutto alle spalle e collaborando con le autorità giudiziarie hanno dato un notevole contributo nello smantellamento del mondo al quale un tempo loro appartenevano.
Da vent’anni, girando l’Italia e passando da carceri di massima sicurezza alle località protette più impensabili, incontro persone che vivono da invisibili e come fantasmi nella speranza di poter ricominciare la propria vita pur sapendo che forse il futuro che li attende sarà molto più difficile dell’inferno che si sono lasciati dietro.
Fra le tante cose che ho imparato in questi lunghi anni da tutta questa gente è stata l’importanza del 41bis. Strano ma vero. Al netto degli approfittatori e dei doppiogiochisti – che sono tanti ma che ad un certo punto non ti cercano più non sopportando la radicalità di un dialogo franco che non dimentica mai che misericordia, giustizia e carità sono gli elementi indispensabili per poter continuare a camminare insieme – sulla bocca di tutti ho trovato solo parole di apprezzamento per quel periodo di isolamento vissuto durante il carcere duro. Difficilmente dimenticherò ciò che un giorno mi disse uno di loro: “quelle quattro pareti diventarono per me come quattro specchi che per la prima volta in vita mia mi fecero guardare dentro di me”. Così come le parole di uno degli autori della strage di Capaci: “l’uomo nuovo che sono oggi lo devo alle intuizioni e al coraggio di Falcone e Borsellino”.
Ecco, paradossalmente e misteriosamente, nel sangue di tante vittime innocenti di mafia affondano le radici dei cammini di pentimento di tanti ex boss.
Oggi, purtroppo, nel sacrificio delle tante vittime innocenti di questa pandemia affondano le radici della libertà e della speranza di libertà di tanti boss che invece non hanno mai voluto mettersi in discussione.
Quello Stato che anni fa dinanzi alle gravi malattie di Provenzano e Riina seppe conciliare il diritto alla salute con il dovere della giustizia, non commetta oggi lo sbaglio di abdicare a questo dovere per non ritrovarsi a gestire dopo la strage di questi giorni il rischio di un pericoloso ritorno al passato.
don Marcello Cozzi
Personaggi anonimi, ma anche i responsabili delle stragi più efferate, e che hanno fatto la storia recente di questo nostro Paese.
Furbi e opportunisti che hanno saputo approfittare dei benefici di una legge nata dal sangue di chi è morto per sconfiggere quella cancrena che sono le mafie, ma anche uomini e donne che invece fra le righe di quella stessa legge hanno saputo cogliere l’opportunità di voltare pagina, di mettersi tutto alle spalle e collaborando con le autorità giudiziarie hanno dato un notevole contributo nello smantellamento del mondo al quale un tempo loro appartenevano.
Da vent’anni, girando l’Italia e passando da carceri di massima sicurezza alle località protette più impensabili, incontro persone che vivono da invisibili e come fantasmi nella speranza di poter ricominciare la propria vita pur sapendo che forse il futuro che li attende sarà molto più difficile dell’inferno che si sono lasciati dietro.
Fra le tante cose che ho imparato in questi lunghi anni da tutta questa gente è stata l’importanza del 41bis. Strano ma vero. Al netto degli approfittatori e dei doppiogiochisti – che sono tanti ma che ad un certo punto non ti cercano più non sopportando la radicalità di un dialogo franco che non dimentica mai che misericordia, giustizia e carità sono gli elementi indispensabili per poter continuare a camminare insieme – sulla bocca di tutti ho trovato solo parole di apprezzamento per quel periodo di isolamento vissuto durante il carcere duro. Difficilmente dimenticherò ciò che un giorno mi disse uno di loro: “quelle quattro pareti diventarono per me come quattro specchi che per la prima volta in vita mia mi fecero guardare dentro di me”. Così come le parole di uno degli autori della strage di Capaci: “l’uomo nuovo che sono oggi lo devo alle intuizioni e al coraggio di Falcone e Borsellino”.
Ecco, paradossalmente e misteriosamente, nel sangue di tante vittime innocenti di mafia affondano le radici dei cammini di pentimento di tanti ex boss.
Oggi, purtroppo, nel sacrificio delle tante vittime innocenti di questa pandemia affondano le radici della libertà e della speranza di libertà di tanti boss che invece non hanno mai voluto mettersi in discussione.
Quello Stato che anni fa dinanzi alle gravi malattie di Provenzano e Riina seppe conciliare il diritto alla salute con il dovere della giustizia, non commetta oggi lo sbaglio di abdicare a questo dovere per non ritrovarsi a gestire dopo la strage di questi giorni il rischio di un pericoloso ritorno al passato.
don Marcello Cozzi
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