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GIORGETTI E CARFAGNA , I MINISTRI CHE REMANO CONTRO IL SUD
ANTONIO MATTIA*
Da giorni, sempre con più insistenza, il dibattito politico che ruota attorno agli appetitosi miliardi del Piano di ripresa dell’Ue (Recovery plan) e all’esigenza di individuare i “giusti progetti” su cui investire, sta andando in una direzione, a mio avviso, pericolosa per l’intero Mezzogiorno.
Il subdolo assunto del main stream e di certe lobby è martellante: al Sud non ci sono più giovani, sono rimasti solo gli assistiti, gli anziani e i dipendenti pubblici, per cui, aumentiamo i Livelli essenziali di assistenza, puntiamo su qualche buon progetto ma non sprechiamo soldi in quei territori, perché solo il Nord, se aiutato (ancora una volta…) nel modo giusto, può essere produttivo e poi, grazie alla fiscalità, può sostenere e assistere anche il Sud (ancora una volta…).
E davanti ad una campagna di questo tipo, si rischia di dare tutto per scontato senza che nessuna voce politica, forte, autorevole e autonoma, intervenga per mettere in discussione questo inaccettabile quanto sbagliato tam tam.
Basti dire che in alcune interviste e dichiarazioni di qualche giorno fa, la ministra Carfagna si è candidamente soffermata sul consueto, stantio e ordinario dibattito relativo ai ritardi sull’uso dei fondi assegnati al Mezzogiorno per la normale programmazione settennale europea. Inoltre, si è guardata bene dall’entrare nel merito del dibattito sui fondi spettanti al Sud con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnnr) predisposto a seguito del Recovery Fund dell’Ue.
Infatti, con i parametri scelti per attribuire le risorse (disoccupazione, reddito pro-capite, popolazione, perdita cumulata di pil), almeno 111 miliardi di euro dei 209 assegnati all’Italia nella prima stesura del Recovery, dovrebbero andare al Sud per promuovere la crescita, riallineare l’economia alle altre regioni italiane ed europee e far sì che il Meridione diventi volano di sviluppo di tutta l’Italia.
Ma tutto è impaludato, e non una parola ha speso la Carfagna sull’appello sottoscritto da numerosi economisti e lanciato dalla Svimez in cui si chiede che le risorse siano prioritariamente indirizzate a bloccare il crescente divario infrastrutturale tra regioni meridionali e settentrionali d’Italia.
Porto un esempio concreto. Sono il rappresentante (a titolo gratuito) della Presidenza del Consiglio dei ministri nel Comitato d’indirizzo della Zes Jonica (Zona economica speciale), regolarmente costituito da quasi due anni. Posso assicurare che in questo lungo periodo di tempo si è fatto poco o nulla per cogliere appieno l’opportunità offerta dalle Zes.
Sono sicuramente importanti gli incentivi fiscali e la semplificazione burocratica e amministrativa ma, per lo sviluppo vero, quello strutturale, permeante e permanente, sono necessarie e fondamentali, soprattutto, le infrastrutture, e da noi, purtroppo, in tema di infrastrutture, non manca solo l’ultimo miglio, come da anni si tende a dire, ma manca tutto il resto.
La Basilicata, che insieme al Mezzogiorno peninsulare si trova al centro del Mediterraneo, potrebbe ben costituire la piattaforma di sviluppo per l’intero Sud Italia diventando la finestra europea dei Paesi asiatici. La Basilicata e le sue aree limitrofe, da centro fisico del Mezzogiorno potrebbero trasformarsi in centro logistico collegato al porto di Taranto con autostrade, ferrovie, aeroporti. Invece, all’interno dell’area perimetrale dei porti di Bari, Taranto, Napoli, Salerno e verso la Calabria, c’è il deserto infrastrutturale.
Per svilupparsi, quest’area, attualmente tra le più sottosviluppate d’Europa, avrebbe bisogno di mobilità interna per muovere le persone e le merci sul corto raggio e per raggiungere rapidamente sia i porti sia le vallate dove si potrebbero insediare la logistica, la meccanica, il turismo e molteplici altre attività produttive.
La realizzazione di queste infrastrutture consentirebbe di aumentare l’attrattività in vari settori e dei principali asset di sviluppo e favorirebbe l’implementazione naturale di cluster e reti d’impresa. La meccanica e l’automotive ne sarebbero un esempio.
La Zes Jonica, è certamente uno strumento utile per incentivare l’insediamento produttivo nelle aree contigue al porto di Taranto, ma temo che, come accaduto in passato, le incentivazioni senza un adeguamento delle infrastrutture servano a poco poiché l’incentivo si consuma rapidamente nella perdita di produttività legata alla carenza di una moderna rete infrastrutturale.
ll problema del Sud non può essere risolto senza ristabilire un minimo di centralità politica nel Mediterraneo e senza realizzare le infrastrutture utili per fare del Mezzogiorno il nodo logistico di ingresso dei commerci tra l’Europa e il Far East.
Se ipotizzassimo una rivisitazione concettuale delle infrastrutture meridionali dovremmo pensare a come raggiungere i seguenti obiettivi: 1. Dare il massimo possibile di entroterra utile allo sviluppo dei porti; 2. Mettere in connessione i principali porti del Sud (Napoli, Salerno, Bari, Gioia Tauro e Taranto); 3. Dotare il Sud di un hub aeroportuale che faccia da spinta allo sviluppo del turismo dell’agroalimentare, del business in un mondo post pandemico che sarà sempre più Glo-cale; 4. Razionalizzare il percorso dell’Alta Velocità aumentandone il bacino di utenza e la frequenza delle corse (in tal senso merita un plauso il progetto di RFI progetto così come presentato dal Commissario straordinario di RFI Vera Fiorani. Infatti, la nuova linea ferroviaria di AV Salerno-Reggio Calabria, dopo Battipaglia devierebbe in direzione Sicignano-Vallo di Diano-Lagonegro-Praia a Mare, prevedendo anche la realizzazione di una bretella che collegherebbe Tito Scalo, nei pressi di Potenza, direttamente alla nuova linea AV, nei pressi di Auletta, facendo diminuire notevolmente i tempi di percorrenza da Salerno a Potenza, Matera e Taranto); 5. Raddoppiare le linee di sviluppo della Campania e della Puglia non solo lungo le direttrici Nord–Sud ma anche Est-Ovest.
È evidente che un assetto infrastrutturale di questo tipo cambierebbe la storia, il volto del Sud e la struttura produttiva del Paese.
- COMPONENTE DEL COMITATO PER LA ZES JONICA
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