martedì 20 aprile 2021

UNA POSSIBILE SVOLTA PER IL FUTURO DELLA BASILICATA

                                     CENTRO   STUDI   DI   BASILICATA  -  85100  Potenza

 


 

 

La Grande Lucania: cerniera tra il mar Tirreno e il mar Ionio

 

        Un territorio non é fine a se stesso. E’ fatto di carne e di ossa ed ha un cuore che batte e che vive, con esso le case, le strade, i campanili, disseminati in ogni dove. Non é, dunque, un luogo asfittico che legge e si adagia sulla propria storia, ma si apre alle speranze del mondo con l’animo di chi comprende e vuole condividere le speranze altrui. E’ la premessa sine qua non del nostro ragionamento, del nostro progetto, mancando la quale, diventa una mera enunciazione di numeri e di fatti fini a se stessi. 

La Basilicata sta collassando sotto il peso di un endemica ed incessante emorragia demografica. I dati statistici parlano chiaro: degli attuali 567.118 abitanti, nel 2050 rimarranno non più di 380.000 povere anime e di queste ben il 70% sarà over 60. Occorre avere uno scatto di responsabilità politica e, con lungimiranza, guardare alle concrete opportunità che preservino la nostra regione dall’inevitabile sorte di divenire una riserva geriatrica. 

A nulla servono le sterili recriminazioni sulle errate scelte sin qui compiute dal Governo Regionale; bisognerà pensare alla soluzione che preservi il patrimonio umano ed economico esistente.

Una soluzione è senza dubbio l’ambizioso progetto della Grande Lucania, che riaccorpi alla Basilicata la città di Taranto e il Cilento e prenda in considerazione la richiesta di Taranto di essere unificata. In tal modo non solo si conquisterebbero due importanti sbocchi commerciali e turistici sul Mar Ionio e Tirreno, ma si riuscirebbe anche a raggiungere il considerevole traguardo di circa un milione di abitanti. Un tale considerevole incremento demografico consentirebbe di superare il gap limitativo dei 600.000 attuali abitanti che è alla base della ripartizione delle risorse finanziarie statali. La Grande Lucania è l’unica arma che la Basilicata ha a disposizione per sopravvivere anche alla progressiva spoliazione amministrativa, con cui da anni la  regione fa i conti per non implodere. Noi dobbiamo andare oltre gli Alburni, dobbiamo andare oltre Eboli, oltre le gravine, i calanchi materani, perché la citata crisi demografica incombe sui lucani come la spada di Damocle. Ormai, la popolazione lucana si sta desertificando. Da qui a venti anni saremo ridotti ad una popolazione di appena trecento mila persone. Dove può andare una regione come la nostra con appena trecentomila abitanti ?. Se poi aggiungi l’avvenuta riduzione dei parlamentari da tredici a sette, la dimensione visibile è quella di una regione che, pur con grandi ricchezze non sfruttate dalla classe politica, é destinata ad una eutanasia naturale. Stiamo morendo! Il popolo lucano si lascia scivolare tutto con molta indifferenza. 

La Grande Lucania, dunque, può diventare una svolta per il futuro di questo territorio. Tutto degenerò nel 1806 quando il ministro francese, André François Miot, al seguito di Francesco Napoleone, aggregò gli 80 comuni del Cilento, appartenenti già alla Basilicata, al salernitano. La nostra regione ridimensionata e rintanata nelle montagne senza oltre centotrenta chilometri di costa a disposizione, diventò oltremodo marginale. I lucani messi in gabbia non hanno avuto la forza di guardarsi intorno e di ripensare alla costruzione della propria area geografica realizzando le necessarie infrastrutture. Oggi, pertanto, la Lucania è attraversata da due rette parallele: sul Tirreno, dalla Salerno - Reggio Calabria, e sulla parte jonica, dalla Taranto - Reggio Calabria. Senza la Basentana, i lucani sarebbero completamente fuori dai circuiti economici e sociali del Mezzogiorno. 

Dobbiamo ripensare al Cilento, che si sente lucano, guardare senza “pregiudizi” Taranto come una realtà importante per noi che si affaccia sul mar Ionio, da sempre fonte di civiltà e progresso (Magna Grecia ).

A tal proposito, bisogna dire che tutto il petrolio estratto dalla Lucania finisce a Taranto, tutta l’acqua del Pertusillo arriva a Taranto, dove vengono erogati milioni di metri cubi di acqua per far funzionare l’Ilva e abbeverare tutta la provincia tarantina. A Taranto finisce la ferrovia e la Basentana, la logistica produttiva del settore agricolo del Metapontino utilizza il porto di Taranto. Va detto che oltre al porto di Taranto, a tutt’oggi sottodimensionato, va aggiunto pure l’aeroporto di Grottaglie che, avendo la pista più lunga d’Italia, é del tutto inutilizzato. Ne discende che le realtà fin qui considerate: il Cilento e Taranto, oltre alla loro capacità produttiva e ambientale, porterebbero con sé un peso demografico rilevante che, unito a quello della Basilicata, ne arricchirebbero il peso politico, sociale ed economico nel Paese.

 

Potenza addì, 20 aprile 2021

Prof. Gaetano Fierro

 

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