NEL RICORDO DI LUCIANA GRILLO
In estate, forse a partire dal 1955, trascorrevo il mese di agosto con la mia famiglia nella grande villa del fratello di mio padre – Francesco Paolo Grillo - insieme a tanti zii e cugini. Io e i miei fratelli eravamo i piccoli del gruppo.
Fiumicello, di anno in anno, cambiava: prima per arrivare alla spiaggia c’era solo la scaletta vicino alla fontanella e sulla grande spiaggia campeggiava la cabina di legno blu che mio zio era stato autorizzato a montare. Ricordo che in un giorno di pioggia, ci rifugiammo tutti lì dentro, stretti come sardine. Insieme a noi, c’erano i ragazzi che venivano a fare il bagno da Lauria: i Masella, i Viceconti e Peppino Alagia, medico, detto Tarzan.
Poi arrivò la strada, l’elegante stabilimento balneare “Le pergole”, piazza del Gesù, il Santavenere hotel e, a Marina di Maratea, l’Hotel Marisdea, con ascensore che portava in spiaggia, di proprietà di una sorella di mia madre che aveva scoperto Marina di Maratea, aveva comprato il suolo ancora alla fine degli anni 40 e vi aveva costruito una colonia per i bambini lucani che, vivendo lontano dal mare, soffrivano di ipotiroidismo e gozzo.
La villa di mio zio, incuneata fra Santavenere e Torre, circondata da un grande giardino, dotata di un gazebo (dal quale si vedevano sia i clienti del Santavenere che gli abitanti della Torre mentre scendevano al mare), di un’altalena, di un campo di bocce e di una pista da ballo, era luogo di incontro per i laurioti e i trecchinesi Marotta, anche loro nostri parenti molto cari, sempre accolti con un sorriso dalla moglie di mio zio. Spesso anche il conte Rivetti si univa a tutti noi.
Quando noi ragazzi cominciammo a giocare a tennis in città, fu quasi automatico chiedere a zio Ciccio di fare un campo a Maratea: detto e fatto! Il tennis era uno sport alla moda, non c’erano altri campi se non a Sapri e a Praia, qualche anno dopo ne fu fatto uno al Santavenere, un altro a Fiumicello, uno al Marisdea e un terzo, forse, sulla strada che conduce al centro storico.
A Villa Grillo cominciarono i tornei, per più di venti anni il campo fu a disposizione dei giocatori, amici e amici degli amici, che venivano invitati a partecipare al torneo giallo doppio misto – che si concludeva sempre con coppe e buffet.Uno dei tennisti assidui era il prof Aldo Torsoli, illustre medico romano di una certa età, che arrivava da Cersuta e si metteva in gioco con avversari quasi sempre molto più giovani. Un giorno chiese ai miei zii se, di mattina, poteva giocare a tennis con un amico che aveva una casa in centro. Soltanto dopo aver avuto la conferma di poterlo invitare, rivelò che si trattava di Giorgio Bassani.
Io feci un salto sulla sedia: avevo letto Il giardino dei Finzi Contini, avevo seguito le vicende di Micol e avevo pianto dopo aver capito che tutta la famiglia sarebbe stata colpita dalle leggi razziali.
Dalla mattina successiva, mi misi in vedetta e quando vidi arrivare l’auto del prof Torsoli aspettai il momento per andare a salutare e per chiedere a entrambi se volessero un caffè.
Forse correva l’anno 1968, o ’69. Per giorni e giorni ho atteso ogni mattina l’arrivo dei due signori, prima di osare chiedere a Bassani di autografare il suo libro, che mi ero fatta portare da Salerno. Parlammo a lungo di Ferrara, della bicicletta che consentiva spostamenti e libertà, del fascismo e degli ebrei. Avevo venti anni, leggevo con passione sia la giovane letteratura italiana che quella americana tanto amata da mio padre.
Perciò conoscevo Bassani e Cassola, Vittorini, Pavesi, Morante, de Céspedes, Ginzburg…Con Bassani ho parlato di tutti loro, abbiamo commentato “Lessico familiare” e “L’isola di Arturo”, “Fausto e Anna” e “Il taglio del bosco”, ma soprattutto “La ragazza di Bube” e “Il giardino dei Finzi-Contini”; abbiamo paragonato Mara e Micòl…come due vecchi amici. Un giorno mi ha suggerito di leggere “Dietro la porta”, ma non lo trovai nelle librerie di Sapri e Praia, credo che lo ordinai al libraio di Lauria (il mitico Rizieri) che me lo fece consegnare da uno dei cugini di mia madre. Divorai quel libro così delicato, che toccava i temi dell’adolescenza e i problemi della cosiddetta “età critica”. Poi lessi anche gli altri romanzi di Bassani, ma a un certo punto le sue visite mattutine si interruppero. Io non andai più in vacanza dagli zii, perché anche mio padre aveva comprato casa a Maratea, nel 1974.
Ricordo Giorgio Bassani con un timido affetto, mi dispiace non aver parlato di più con lui, poi – si sa com’è la vita – ci siamo persi di vista, Bassani ha abbandonato il tennis ed io sono stata a Maratea sempre di meno, perché ero diventata adulta, avevo un marito e un figlio.
Ma ho ben scolpiti negli occhi e nel cuore la sua signorilità, la discrezione che connotava la sua vita, il garbo semplice con cui si rapportava con me.
Nel 2012 a Maratea è stato ricordato con affettuosa partecipazione durante un convegno al quale è intervenuta anche sua figlia Paola. Ci siamo conosciute superficialmente, ma per me è stato un piacere averla, insieme con Tina Polisciano – grande organizzatrice del convegno – una sera a cena a casa mia. E suo padre, il mio “amico tennista Giorgio” era idealmente fra noi.
Luciana Grillo
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VEDI ANCHE
da www.calderano.it - Maratea - Pagine di Storia e "storie" - Mariantonietta Mordente.
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