Dichiarato illegittimo il provvedimento voluto dal Ministro Matteo Salvini contro il modello Riace del Sindaco Domenico Lucano.
Ecco la sentenza:
Ecco la sentenza:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1 del 2019,
proposto da Comune di Riace (RC), in persona del Vice Sindaco in carica
Giuseppe Gervasi, legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Trucco, Daniela Consoli e
Nazzarena Zorzella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, Dipartimento Libertà Civili e
Immigrazione – Direzione Centrale Servizi Civili per l’Immigrazione e
l’Asilo, nonché Ministero dell’Interno, Servizio Centrale del Sistema di
Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati – SPRAR, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, domiciliata ex lege in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Associazione “ITALIASTATODIDIRITTO”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Eugenio Bruti Liberati, Valeria Gioffrè ed Aldo Travi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Associazione “ITALIASTATODIDIRITTO”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Eugenio Bruti Liberati, Valeria Gioffrè ed Aldo Travi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
previa sospensione cautelare
del provvedimento del Ministero dell’Interno Dip. LCI
D.C. Servizi Civili per Immigrazione e Asilo Protocollo 0017646 del
9/10/18, notificato il 9/10/18 con cui si dispone la revoca dei benefici
accordati al Comune di Riace con il D.M. 11616 del 21.12.2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile
2019 il dott. Antonino Scianna e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso, notificato il 10.12.2018 e depositato
il 03.01.2019, il Comune di Riace ha impugnato, chiedendone
l’annullamento previa sospensiva, il provvedimento indicato in epigrafe
con il quale il Ministero dell’Interno — Dipartimento per le Libertà
Civili e l’Immigrazione, Direzione Centrale dei Servizi civili per
l’immigrazione, disposta l’applicazione di 34 punti di penalità, ha
revocato i benefici accordati alla ricorrente amministrazione con il
D.M. 11616 del 21.12.2016, che consistevano in un finanziamento annuale
di euro 2.021.404,00 per un progetto triennale che prevedeva
l’accoglienza di 165 immigrati.
2. Premette in fatto il Comune ricorrente che, sin
dagli ultimi anni del secolo scorso, a Riace si è dato vita in modo
volontario ad un’attività di accoglienza di persone richiedenti asilo
provenienti da diverse parti del mondo. Si è trattato, in sintesi, di un
modello spontaneo di accoglienza diffusa proteso, per un verso, alla
positiva integrazione dei richiedenti asilo nella comunità locale, e,
per altro verso, al contrasto dell’endemico spopolamento dell’entroterra
calabrese a causa dell’emigrazione dei suoi abitanti.
Nel 2002 – istituzionalizzato il Sistema di protezione
per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) con l’introduzione alla l. 28
febbraio 1990, n. 39 dell’art. 1 sexies – il Comune di Riace è stato
tra i primi ad aderirvi, partecipando ai bandi periodici del Ministero
dell’Interno per il finanziamento dell’accoglienza sul territorio
locale; precisa anzi la difesa del Comune, che tutti i progetti
presentati sono stati finanziati dal Ministero dell’Interno.
Da ultimo, con il D.M. 11616 del 21.12.2016 veniva
accordato all’amministrazione ricorrente il finanziamento del progetto
per il triennio 2017/2019, ai sensi del Decreto del Ministero
dell’Interno del 10 agosto 2016, con il quale sono state disciplinate le
modalità di accesso da parte degli enti locali ai finanziamenti del
Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo (artt. 1 – 4)
e, attraverso l’approvazione delle linee guida riportate in allegato
allo stesso decreto (artt. 1 – 40), sono state dettate le modalità di
redazione e trasmissione delle proposte progettuali, i criteri per la
formazione delle graduatorie, per l’ammissione alla prosecuzione dei
progetti in scadenza, per la determinazione del sostegno finanziario,
nonché l’individuazione dei servizi da assicurare e la previsione di
eventuali sanzioni per la violazione delle prescrizioni sui servizi di
accoglienza.
2.1. Tanto premesso, espone la difesa del Comune di
Riace che nel corso delle varie attività di monitoraggio, finalizzate
alla verifica del corretto impiego delle risorse erogate, gli uffici
preposti non hanno rilevato sostanziali criticità sino al luglio 2016,
allorquando, nel corso di un’ispezione condotta dal Servizio Centrale,
si rilevarono una serie di inosservanze afferenti alla solo parziale
corrispondenza delle strutture utilizzate per l’accoglienza con quanto
indicato in banca dati, all’individuazione di strutture inadeguate, alla
mancata registrazione di tutti i contratti di locazione, alla presenza
tra i beneficiari di soggetti presenti in accoglienza da tempo
ampiamente superiore a quello indicato nelle linee guida, alla pratica
di erogare ai beneficiari una sorta di bonus cartaceo piuttosto che il
previsto contributo in denaro, al mancato svolgimento di procedure di
evidenza pubblica per individuare gli enti attuatori del progetto
finanziato, alla dubbia professionalità del personale di questi enti,
alla mancata attivazione di tutti i servizi previsti per i beneficiari,
al mancato puntuale monitoraggio delle attività di accoglienza attivate
dai ridetti enti attuatori di cui il Comune, titolare del finanziamento,
si avvale.
Ai rilievi del Servizio centrale il Comune fece
seguito con nota del 31.10.2016, ritenuta tuttavia non esaustiva, per
cui, in data 23.12.2016, il Servizio Centrale richiese ulteriori
integrazioni rispetto a quelle fornite dal Comune.
2.2. Nel dicembre 2016, sollecitata dal Ministero, la
Prefettura di Reggio Calabria ha eseguito presso lo SPRAR di Riace una
nuova ispezione, all’esito della quale vennero mosse all’ente
un’ulteriore serie di contestazioni che riguardarono, oltre ai profili
già indicati, la proroga degli affidamenti a firma del solo Sindaco
senza mandato della Giunta, il reperimento diretto degli appartamenti da
parte degli enti gestori (senza ricerche di mercato o avvisi pubblici),
il fatto che alcuni immobili utilizzati per l’accoglienza
appartenessero a parenti di impiegati comunali, l’esosità dei canoni di
locazione, i rapporti di parentela tra il personale degli enti gestori
ed i componenti dell’amministrazione comunale, gli omessi controlli da
parte del Comune sugli enti gestori, sulla presenza degli ospiti e sulle
prestazioni fatturate.
Anche a questi rilievi il Comune ricorrente ritiene di
aver dato puntuale riscontro, con nota prot. 4374 del 17.7.2017,
contestando la fondatezza di tutte le criticità rilevate.
2.3. La sostanziale persistenza delle evidenziate
criticità fu sottolineata il 6 ottobre 2017, in occasione della
trasmissione, da parte del Servizio Centrale, al Comune di Riace del
Report di monitoraggio all’esito di un’ulteriore ispezione svoltasi il 5
e 6 settembre 2017. Anche tale nota venne riscontrata dal Comune di
Riace, in data 26.10.2017, con nota prot. 6454.
Ulteriori note finalizzate a sottolineare le ripetute
criticità furono inviate al Comune dalla resistente amministrazione
dell’Interno il 17 dicembre 2017 ed il 15 giugno 2018.
2.4. Infine, il 30 luglio 2018, il Ministero
dell’Interno inviò al Comune di Riace con nota prot. 5044, il preavviso
di applicazione penalità exart. 27 Linee Guida DM 10.8.2016,
comunicando la decurtazione del punteggio attribuito al progetto
finanziato secondo il seguente schema:
– mancato aggiornamento della banca dati gestita dal Servizio Centrale: punti 2
– mancata corrispondenza tra i servizi descritti nella
domanda di contributo e quelli effettivamente erogati e/o mancata
applicazione di quanto previsto dalle linee guida anche in termini di
standard qualitativi e quantitativi: punti 8
– erogazione dei servizi finanziati dal Fondo a favore di soggetti diversi da quelli ammessi all’accoglienza: punti 14
– mancata presentazione della rendicontazione: punti 10
– variazione dell’ente attuatore senza la preventiva autorizzazione: punti 10;
per un ammontare complessivo di 44 punti di penalità.
3. Nonostante le osservazioni presentate dal Comune
ricorrente, con nota prot. 5219 del 9 agosto 2018, il Ministero ha
concluso il procedimento con il provvedimento gravato, contro il quale è
perciò insorto il Comune di Riace con il ricorso in epigrafe, affidato
alle seguenti censure:
3.1. Violazione di legge in relazione all’art. 27
del D.M. 10.8.2016 correlato con l’art. 1 sexies D.L. 30.12.1989 n. 416
convertito dalla legge 28.2.1990 n. 39.
Sostiene la difesa del Comune ricorrente che lo
specifico obbligo previsto dall’art. 27 di contestare ogni violazione,
assegnando un termine per provvedere pena la decurtazione del punteggio,
non sia mai stato ottemperato da parte della Direzione centrale nei
confronti dell’ente locale. Non sarebbe rinvenibile, infatti, nessun
atto che provenga dalla Direzione centrale e che abbia tutti gli
elementi previsti dall’art. 27 del DM 10.8.2016. Nei numerosi atti che
sono stati inviati all’ente locale da parte del Servizio centrale SPRAR,
dalla Direzione centrale del Ministero e dalla Prefettura (in un
contesto molto spesso di grave confusione e sovrapposizione, con ambiti
temporali differenti), non è dato rinvenire un atto adottato dalla
Direzione centrale del Ministero relativo ad ogni inosservanza
riscontrata, che contenga la formale intimazione all’Ente locale di un
termine entro il quale ottemperare alle presunte inosservanze
riscontrate, pena la revoca del contributo concesso.
3.2. Violazione e falsa applicazione degli artt.
14, 18, co. 3, DM 10 agosto 2016 — incompetenza — eccesso di potere
nella forma del travisamento ed erronea valutazione dei fatti.
Osserva la difesa del Comune di Riace come molte delle
pretese inosservanze evidenziate nel provvedimento finale della
Direzione Centrale, che poggiano sulle relazioni ispettive della
Prefettura e del Servizio centrale SPRAR, si riferiscano all’anno 2016,
rientrante nel progetto concernente il triennio 2014/2016. Il progetto
dell’Ente locale per il triennio 2014/2016, tuttavia, si chiuse senza
formali contestazioni, ed il Comune fu legittimato a presentare
l’istanza di prosecuzione, ottenendo dalla Commissione deputata
l’autorizzazione alla prosecuzione del progetto per il triennio
2017/2019, con decreto ministeriale del 20 dicembre 2016.
Illegittimamente, quindi, il Ministero avrebbe, da un
lato, autorizzato il finanziamento del progetto del Comune in
prosecuzione del triennio 2014-2016 senza averne rilevato criticità o
determinato penalità e, dall’altro, assunto dopo un provvedimento che
fonda le penalità, e dunque la revoca, su criticità connesse a quel
precedente triennio e, comunque, per inosservanze già superate.
3.3. Violazione di legge, erronea applicazione
dell’art. 27 DM 10.8.2016; eccesso di potere per manifesta illogicità e
disparità di trattamento.
3.3.1. Premette la difesa del ricorrente che il Comune
di Riace non ha ricevuto il saldo, nella misura del 30% (pari a circa
600.000 euro), del contributo dovuto dal Ministero per l’anno 2017,
mentre non ha ricevuto nulla per quanto concerne l’anno 2018. Tanto
premesso, si sottolinea l’impatto negativo sulle attività progettuali
della mancanza di risorse economiche conseguente ai ritardi o alla
mancata erogazione dei fondi. In sostanza, in ragione del fatto che le
erogazioni vengono effettuate giusta rendicontazione di spese già
effettuate, si evidenzia che i rilievi che hanno portato alla revoca dei
benefici accordati, sarebbero stati, per lo più, determinati dalle
inadempienze del Ministero, che hanno impattato negativamente sulla
capacità del sistema locale di assicurare continuità alla piena
erogazione dei servizi di accoglienza e di sostegno all’integrazione
sociale previsti dallo SPRAR.
Sotto questo profilo, la difesa del Comune ricorrente contesta la conclamata possibilità che gli enti finanziati possano “attivare l’anticipo fatture con istituti di credito i cui interessi passivi possono essere rendicontati“,
stante l’assenza di documentazione che il Comune di Riace avrebbe
potuto produrre attestante la debenza delle somme e l’impossibilità di
fornire indicazioni sugli importi necessari e sui tempi ipotizzabili per
il rientro degli anticipi richiesti. Inoltre si sottolinea
l’illegittimità di imporre all’ente locale di stipulare con un Istituto
di credito un contratto vantaggioso solo per quest’ultimo ed oneroso per
il primo, atteso che l’operazione di anticipi su fattura, per
l’istituto è operazione attiva, e per l’ente passiva (senza che il
Ministero ne riconosca la spesa o se l’accolli).
3.3.2. Sotto un diverso profilo, si contesta che i
differenti atti emessi da parte della Prefettura, del Servizio centrale
dello SPRAR, della Direzione dei Servizi civili per l’immigrazione e
l’asilo del Ministero dell’Interno, in relazione ai progetti di
accoglienza posti in essere dal Comune di Riace nell’ambito dello SPRAR,
risultano viziati in vario modo da rilevanti elementi di
contraddittorietà. In sostanza, si censura il fatto che il provvedimento
impugnato, e quelli ispettivi che l’hanno preceduto, lascino emergere
un quadro della realizzazione del progetto totalmente negativa, in
palese contraddizione non solo con la risonanza mondiale del “modello
Riace”, ma con quanto accertato dalla stessa Prefettura di Reggio
Calabria in una relazione del gennaio 2017, nella quale, per inciso, è
dato conto dell’impatto negativo sulle attività progettuali dei ritardi
nell’erogazione dei contributi.
3.4. Violazione di legge, erronea applicazione di
legge, eccesso di potere, carenza di motivazione in relazione all’art.
27, 4° comma. DM 10.8.2016 concernente l’applicazione dei punti di
penalità.
3.4.1. Mancato aggiornamento della banca dati gestita dal Servizio centrale: punti 2.
Secondo la difesa del Comune ricorrente, tale
valutazione sarebbe erronea ed illegittima: mentre infatti, con
riferimento alle case utilizzate dal progetto, il Dipartimento sostiene
che sussista addirittura una generale “confusione gestionale” in
relazione all’aggiornamento della banca dati, in realtà, a seguito di
nota del Servizio Centrale in data 03.11.3017, già a fine 2017, la banca
dati sarebbe stata integralmente aggiornata. Si sostiene che vi sarebbe
stato un errore isolato relativo alla mancata registrazione della Casa
Pazzano, e che ritenere detto errore indice di una “confusione gestionale generale”
sia una inaccettabile forzatura, chiaro segnale di un atteggiamento
pregiudizievole del Dipartimento che ha inteso enfatizzare ed
ingigantire ogni problematica di gestione, trasformandola addirittura in
una penalizzazione. Quanto invece alla contestata tardiva registrazione
dei contratti di affitto essa sarebbe cagionata dalla già rilevata
carenza di risorse determinata dai ritardi del Ministero.
3.4.2. Mancata rispondenza tra i servizi descritti
nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati e/o mancata
applicazione di quanto previsto dalle linee guida anche in termini di
standard qualitativi e quantitativi: punti 8.
La contestazione sarebbe generica, non essendo
esplicitato alcun riferimento alle singole pretese inosservanze, con
conseguente lesione dello stesso diritto di difesa. La difesa dell’ente
ritiene, tuttavia, di precisare, per quanto attiene al rispetto degli
standard abitativi, che le case utilizzate per il progetto sono in linea
con l’intero patrimonio edilizio locale, ma assolutamente idonee e
curate. Mentre le carenze di manutenzione, riparazione e conduzione
eventualmente riscontrabili, sarebbero state interamente determinate
dalla drammatica carenza di risorse rispetto al contributo dovuto.
Per quanto attiene all’uso dei c.d “bonus cartacei”,
in luogo del denaro, la loro legittimità è stata variamente ribadita
dall’assoluta tracciabilità dei pagamenti tramite tale sistema,
rafforzato altresì dalla emissione di fatturazione secondo le stesse
indicazioni provenienti dallo SPRAR e, pertanto, tale valutazione
negativa deve essere totalmente censurata. Si evidenzia, inoltre, che, a
seguito della ispezione dello SPRAR nel settembre 2017, il Comune
adeguava ulteriormente il sistema procedendo, come richiesto, alla
relativa fatturazione, per cui il provvedimento impugnato risulterebbe
infondato sul punto.
Senza dimenticare che il sistema dei “bonus sociali” è
stato determinato innanzitutto dal ritardato trasferimento dei fondi
previsti nell’ambito del progetto ed ha permesso di sopperire ad una
manchevolezza del sistema che si sarebbe riversata sulle persone
beneficiarie, a maggior ragione tenendo conto che trattasi di fondi
concernenti servizi essenziali alla persona, quali vitto, abbigliamento
materiale per l’igiene personale, assistenza ai neonati, ecc..
In relazione a quanto si afferma nel provvedimento
impugnato in ordine alla redazione dei progetti individualizzati per i
beneficiari /orientamento legale/ corsi di italiano, si osserva che se
prima della visita del Servizio Centrale del luglio 2016 potevano
sussistere alcune carenze nell’adozione di “Progetti Individualizzati”
degli ospiti, a seguito di detta visita, e quindi da più di due anni,
l’ente gestore ha provveduto a porvi rimedio, predisponendo per tutti
gli ospiti un progetto individualizzato che viene aggiornato
costantemente.
In relazione all’orientamento legale, si sottolinea
come l’assistenza necessaria ai beneficiari in termini di informazione
sulla procedura e di preparazione all’audizione presso la Commissione
territoriale competente sia avvenuta tramite gli operatori
dell’accoglienza delle equipe dei diversi enti e che le ipotesi di rafforzamento del servizio sono state bloccate dalla mancata erogazione dei fondi.
Per quanto riguarda l’effettuazione dei corsi di
lingua italiana, gli stessi sono stati assicurati ai beneficiari
attraverso la partecipazione ai corsi CPIA attivati sia a Riace
Superiore che a Riace Marina nell’anno scolastico 2016/2017; ne deriva
la infondatezza e la genericità dei rilievi mossi in sede di
provvedimento impugnato.
In relazione alle attività di formazione e
qualificazione professionale, nonché quelle di accompagnamento
all’inserimento lavorativo si osserva come sia iniquo ricondurre i
tirocini attivati presso le botteghe di Riace superiore a mere attività
socioculturali. Si tratterebbe, invece, di attività che sono state
strutturate per permettere ai beneficiari di acquisire competenze utili a
futuri sbocchi lavorativi nel campo dell’artigianato, del commercio e
della produzione artistica e si insiste sul fatto che i tirocini
attivati a Riace possono trovare adeguata collocazione, anche sotto il
profilo amministrativo, nelle procedure previste dal nuovo manuale di
rendicontazione.
Per quanto attiene alla mediazione linguistica e
culturale, si ribadisce come la circostanza per cui detta attività sia
svolta in prevalenza da ex operatori/operatrici del progetto di
accoglienza rappresenti un punto di forza. La contestata mancanza in
capo ai mediatori operanti nel progetto di competenze certificate,
derivanti dalla frequenza di specifici corsi professionalizzanti,
dipenderebbe, da un lato, dalla mancanza nel nostro sistema normativo di
una precisa codificazione della figura del mediatore linguistico, e,
dall’altro, dall’estrema difficoltà se non l’impossibilità, sotto il
profilo economico e di continuità lavorativa, per un ex ospite di
allontanarsi dal territorio per frequentare i rari corsi di formazione
per mediatori.
Per quanto concerne i rilievi relativi alla professionalità degli operatori SPRAR, alla strutturazione delle equipe ed
alla proporzionalità nel numero di operatori coinvolti in relazione al
numero di ospiti si osserva anzitutto che in occasione della missione di
monitoraggio del 22 e 23 novembre 2017, da parte del Servizio Centrale,
sono stati acquisiti gli organigrammi degli enti Città Futura, Oltre
Lampedusa e Riace Accoglie, nonché dell’associazione “Centro Italiano
Protezione Civile S.S. Medici Riace” e che, al momento di detta visita,
gli altri due enti gestori avevano un numero ridottissimo di ospiti. Si
osserva altresì che il principale ente gestore del progetto, Città
Futura, risulta avere in servizio operatori qualificati aventi
competenze diversificate e che, in ogni caso, il numero complessivo
degli operatori risulta del tutto adeguato alle esigenze del progetto.
3.4.3. Erogazione dei servizi finanziati dal Fondo a favore di soggetti diversi da quelli ammessi all’accoglienza: punti 14.
Sostiene la difesa del Comune ricorrente che la
Direzione Centrale del Ministero sia incorsa in un clamoroso errore di
interpretazione dell’art. 27, co. 4, del DM 10.8.2016 che si
riferirebbe, infatti, alla erogazione di fondi “a favore di soggetti
diversi da quelli ammessi all’accoglienza” e cioè, secondo la tesi del
ricorrente, a coloro che non hanno nessun titolo per entrare nel sistema
di accoglienza.
In questo senso deporrebbe sia la lettera stessa della norma (“diversi da quelli ammessi all’accoglienza”), sia la ratio della
legge, che non a caso indicherebbe una penalità massima, non
graduabile, di 14 punti, che può da sola portare alla revoca del
progetto. La decurtazione sarebbe in altri termini ammissibile, solo se
le risorse dello SPRAR fossero destinate a persone del tutto fuori dai
presupposti che possono condurre all’accoglienza e quindi in una
situazione del tutto differente dai c.d. lungo permanenti, che a pieno
titolo sono, invece, entrati nel sistema.
Per questi ultimi, al più, potrebbero non essere erogati i contributi (rectius:
ammesse a rendicontazione le spese), in relazione al tempo d’esubero,
ma la circostanza che questi soggetti siano rimasti nel sistema SPRAR,
non potrebbe condurre all’applicazione della grave penalità indicata
dall’art. 27.
Nel merito, si contesta la ricostruzione ministeriale
che cerca di collocare il programma di accoglienza da parte del Comune
di Riace in un quadro di gestione totalmente fuori controllo e
caratterizzato da un numero abnorme di situazioni di lunga accoglienza
di natura assistenzialistica non giustificate. Si tratterebbe di una
ricostruzione che non corrisponde alla realtà, giacché il Comune di
Riace avrebbe, invece, seguito quanto più possibile le indicazioni
fornite dal Servizio Centrale sulla cessazione delle misure di
accoglienza.
3.4.4 Mancata presentazione della rendicontazione: penalità di 10 punti.
A tale riguardo, la difesa del Comune ricorrente
osserva che la mancata presentazione della rendicontazione è dovuta alla
grandissima difficoltà nella gestione del progetto, conseguente alla
ridetta mancata erogazione del contributo dovuto. In ogni caso, la
penalizzazione irrogata nell’ammontare di 10 punti sarebbe comunque
errata, atteso che, al momento della notifica del provvedimento gravato,
non erano trascorsi più di 60 giorni oltre i due mesi dalla scadenza
del termine, per cui la decurtazione corretta sarebbe di 8 e non di 10
punti.
3.5. Violazione di legge per mancanza dei requisiti essenziali dell’atto amministrativo: violazione dell’art. 3 legge 241/90.
Il gravato provvedimento omette totalmente qualsiasi
indicazione sia in relazione all’autorità giudiziaria avanti la quale
proporre il mezzo di impugnazione, sia in relazione al termine stesso
per proporlo.
4. In data 17 gennaio 2019, con atto di intervento ad adiuvandum,
si è costituita l’associazione “ITALIASTATODIDIRITTO” per chiedere
l’accoglimento del ricorso e delle misure cautelari, argomentando circa
la fondatezza del terzo e del quarto motivo di ricorso, ed evidenziando
il mancato ricorso ad alcun criterio di gradualità da parte del
Ministero nella decurtazione dei punteggi.
5. In data 18 gennaio 2019 si è, infine, costituito il
Ministero degli Interni, che con articolata memoria ha chiesto il
rigetto del ricorso.
5.1. In estrema sintesi, la difesa erariale sostiene
che le ripetute visite ispettive ed i reiterati suggerimenti ed inviti
del Ministero al Comune per porre rimedio alle plurime e gravi falle,
organizzative e gestionali, riscontrate e lo stesso affiancamento del
Comune con personale prefettizio e ministeriale, porrebbero
l’amministrazione dell’Interno al riparo da qualsiasi dubbio di
pregiudizio contro il “modello Riace” nei confronti del quale sarebbe,
invece, evidente la massima benevolenza, atteso che le deduzioni del
Comune non hanno mai posto rimedio alle criticità più volte rilevate.
5.2. In diritto l’Avvocatura dello Stato formula
un’eccezione preliminare, di inammissibilità del ricorso, per mancanza
di specifica censura della motivazione del provvedimento impugnato. Si
sostiene che il ricorso si limiti a riproporre le controdeduzioni del
Comune a seguito dell’avvio del procedimento, già superate
dall’amministrazione, per cui la mancata deduzione di specifiche
doglianze, o di elementi o profili di censura ulteriori in grado di
inficiare il provvedimento renderebbe il ricorso inammissibile.
5.3. Con riferimento al primo motivo di ricorso,
osserva la difesa erariale che l’amministrazione inviò al Comune di
Riace una diffida (prot. n. 1060 del 28.1.2017) motivata per relationem con
riferimento alle criticità riscontrate nelle relazioni ispettive
(condotte dal Servizio centrale il 20 e 21 luglio 2016 e dalla
Prefettura di Reggio Calabria nel dicembre del medesimo anno) – già note
all’Amministrazione comunale – invitandolo a “ricomporre con immediatezza tutti gli aspetti di criticità emersi da entrambe le visite“,
ed evidenziando che l’eventuale persistenza di essi avrebbe determinato
l’applicazione delle penalità previste dal DM 10.8.2016. Sottolinea
l’Avvocatura distrettuale che alla data di avvio del procedimento (30
luglio 2018), a distanza di un anno e mezzo dalla diffida di cui sopra,
le criticità contestate persistevano.
5.4. Quanto al secondo motivo di ricorso,
l’amministrazione resistente sostiene che, non potendo essere applicati
punti di penalità nel mese di dicembre 2016 (data di esame delle
richieste di prosecuzione delle attività progettuali per il triennio
2017-2019 da parte della Commissione), la Commissione non poteva, ai
sensi delle espresse disposizioni contenute nel richiamato art. 18,
comma 3, delle linee guida allegate al DM 10.8.2016, ed in
considerazione della disposizione dell’art. 27, che prevede l’invio di
una diffida prima dell’applicazione delle penalità, non ammettere alla
prosecuzione il progetto di Riace che aveva fatto espressa richiesta in
tal senso.
5.5. Quanto al terzo motivo di ricorso, si osserva che
il Comune di Riace non può assumere a giustificazione delle criticità
emerse sin dal 2016 la carenza di risorse finanziarie, tenuto conto che
il contributo è stato regolarmente erogato per tutto il 2016 e quasi
integralmente per il 2017, senza contare che le svariate criticità
riscontrate sono legate a carenze gestionali ed amministrative e
prescindono dalle risorse finanziarie, come nel caso, ad esempio,
dell’accoglienza di soggetti estranei al progetto SPRAR, dei beneficiari
accolti oltre ai termini di legge, del mancato aggiornamento della
banca dati, della mancata presentazione dei rendiconti nei termini
prescritti, della situazione indecorosa dal punto di vista dell’igiene,
nella quale sono stati rinvenuti alcuni alloggi. La mancata erogazione
delle risorse per il 2018 sarebbe, invece, da imputarsi ad una cautela
dell’amministrazione centrale, dal momento che i numerosi tagli subiti
dall’ente in sede di rendicontazione e l’intervenuto dissesto
finanziario avrebbero reso difficile il recupero delle somme
indebitamente erogate.
5.6. In riferimento al quarto motivo di ricorso, con
cui il Comune contesta la consistenza delle penalizzazioni subite, la
difesa erariale svolge le seguenti controdeduzioni.
5.6.1. Con riferimento al mancato aggiornamento della
banca dati, rileva che tale circostanza è accertata e contestata sin dal
2016. Come risulta dal verbale prot. DDCmb/n.5040vp/2016 relativo alla
visita ispettiva condotta dal Servizio centrale il 20 settembre 2016 “le strutture utilizzate per l’accoglienza dei beneficiari corrispondono solo parzialmente con quanto indicato in banca dati“.
Alle richieste di fornire un quadro chiaro delle strutture in uso,
l’ente non ha fornito risposte esaustive tanto che anche nel report del
Servizio Centrale datato 6 ottobre 2017 Prot. DDCsp/n.6853/2017 si legge
testualmente “La quasi totalità delle strutture inserite in banca
dati non coincide con quanto indicato nella dichiarazione allegata alla
domanda di prosecuzione per il triennio 2017-2020, nè relativamente agli
indirizzi delle strutture, né alla capienza di ognuna di esse”.
5.6.2. Quanto alla contestata mancata registrazione di
contratti di affitto, sottolinea come essa non possa essere imputata a
carenza di fondi, ma alla cattiva gestione amministrativa, con
conseguenti riflessi anche di natura finanziaria tenuto conto del fatto
che la ritardata registrazione comporta l’applicazione di sanzioni.
5.6.3. Quanto agli otto punti di penalità, con cui è
stata sanzionata la mancata corrispondenza tra i servizi descritti nella
domanda di contributo e quelli in effetti erogati, sottolinea che i
rilievi formulati non attengono agli aspetti architettonici degli
immobili destinati all’accoglienza, ma all’igiene, gestione e conduzione
degli stessi e fanno emergere un presidio fortemente limitato, se non
assente, da parte degli operatori del progetto. A riprova di ciò si
sottolinea la mancanza di visite periodiche alle abitazioni da parte
degli enti gestori. Tale circostanza denoterebbe l’assenza nel progetto
di azioni mirate ad aumentare il senso di responsabilità dei
beneficiari, che non implicano la necessità di risorse finanziarie.
Sempre a proposito degli alloggi destinati all’accoglienza SPRAR,
sottolinea ancora la difesa erariale che il provvedimento di revoca dà
conto dell’ulteriore, gravissima, situazione emersa in occasione della
visita condotta dal Servizio centrale nel maggio 2018, non contestata
dal ricorrente e relativa agli alloggi “Casa Scalfitri” 1-2-3 e 4 siti
in via Pipedo snc, trovati in pessime condizioni igieniche e di
arredamento.
5.6.4. Quanto all’uso del bonus, evidenzia che le
mancate risposte del Ministero rispetto alle richieste formulate in tal
senso dal Comune, avrebbero dovuto essere lette in una chiave di
evidente sfavore per l’iniziativa.
5.6.5. Quanto alla questione dell’anticipo fatture,
osserva che si tratta di un sistema certamente non imposto, ma indicato
quale possibilità anche per fronteggiare l’eventualità di ritardi nei
finanziamenti. Quanto all’ulteriore rilievo secondo il quale l’anticipo
fatture non può essere richiesto in assenza di documentazione
comprovante il credito vantato, si evidenzia che l’ente gestore, a cui
compete avvalersi di tale istituto, dovrebbe essere in possesso di
idonea convenzione con il Comune, titolo, questo, sufficiente a
garantire il credito. Mentre per il Comune il titolo di credito è il
decreto di autorizzazione del progetto e di ammissione al finanziamento.
In realtà, rileva l’Avvocatura distrettuale, il Comune non ha mai
chiesto al Ministero indicazioni sul modo di procedere per attivare il
sistema di finanziamento bancario. In ogni caso, osserva ancora
l’Avvocatura, che il sistema dei bonus non ha dato luogo
all’applicazione di punti di penalità e non ha inciso sul provvedimento
di revoca, ma è stato richiamato essenzialmente perché ha prodotto tagli
rilevanti alle spese rendicontate che si riflettono, inevitabilmente,
sul corretto andamento del progetto, privato di consistenti risorse
finanziarie.
5.6.6. Quanto alla contestata mancanza dei progetti
individualizzati, osserva che, contrariamente a quanto dichiarato, il
Comune non ha mai fatto seguito alla richiesta di inviare detta
progettazione.
5.6.7. Quanto ai servizi di orientamento legale,
osserva che la strutturazione del servizio – tramite gli operatori
dell’accoglienza delle equipe dei diversi enti – risulta differente
rispetto a quanto comunicato al Servizio centrale con la nota n. 6104
del 31/10/2016 e, oltre a contrastare con l’organizzazione del servizio
in precedenza comunicato, risulta generica (non è chiaro cosa si intenda
per “operatori dell’accoglienza delle equipe dei diversi enti”) e
priva di idonea documentazione comprovante l’organizzazione del
servizio in quanto mai inviata, seppur richiesta.
5.6.8. Quanto ai corsi di italiano, viene ribadito che
dalla documentazione inviata emerge che il servizio copre un numero
esiguo di beneficiari accolti.
5.6.9. Quanto alle censure relative alle attività di
formazione e qualificazione professionale, evidenzia che le
contestazioni mosse non sono nel senso di sminuire l’importanza dei
tirocini formativi attivati dai gestori, ma, semmai, di evidenziare che
tali tirocini possono essere qualificati come attività socio-culturali,
che è cosa diversa dall’attivazione di percorsi formativi
individualizzati, capaci di far acquisire all’ospite competenze tali da
consentirne l’autonomo inserimento nel mondo del lavoro.
5.6.10. Quanto alla mancata acquisizione
dell’organigramma degli enti di gestione, osserva che sin dalla visita
di monitoraggio effettuata nel luglio 2016, si è rappresentata all’ente
l’impossibilità di acquisire documentazione comprovante l’organigramma
del personale di ognuno degli enti gestori impiegato nello SPRAR, dal
quale evincere con chiarezza i ruoli, le mansioni ed il monte ore di
ogni operatore impiegato.
5.6.11. Quanto alla censura relativa all’erogazione
dei servizi a favore anche dei lungo permanenti evidenzia, da un lato,
che nel “progetto Riace” sono state rinvenute anche persone totalmente
estranee al programma di accoglienza SPRAR, puntualmente identificati
nei verbali del Servizio centrale al quale il provvedimento fa espresso
rinvio; dall’altro, che gli stessi “lungopermanenti” sono soggetti non
in possesso dei requisiti di legge per rimanere nel sistema (essendo
decorsi i tempi normativamente previsti per l’accoglienza nel sistema).
La loro presenza nel sistema deve, pertanto, ritenersi illegittima,
perché contra legem. Interpretare la norma come riterrebbe il
ricorrente (cioè applicare i punti di penalità solo in caso di soggetti
estranei al sistema di accoglienza), significherebbe, a parere
dell’Avvocatura erariale, ammettere un’implicita contraddizione della
norma stessa che, da un lato, detta precise disposizioni, stabilendo i
tempi di permanenza nel progetto dei soggetti accolti e, dall’altro, ne
consentirebbe la disapplicazione. In ogni caso si dà conto, con la
documentazione versata in atti, dell’esistenza di più casi di soggetti
totalmente al di fuori dal sistema di accoglienza e della conseguente
applicazione automatica e vincolata della decurtazione di 14 punti.
5.6.12. Viene, infine, altresì contestato il motivo di
ricorso a mente del quale la decurtazione di punti connessa alla
mancata rendicontazione sarebbe erronea. Premesso che i rendiconti
relativi alla precedente annualità devono essere presentati entro il 28
febbraio successivo e che non sono previste sanzioni per i rendiconti
presentati entro due mesi dalla scadenza, con circolare n. 9226 del
25.5.2018 la scadenza del termine di presentazione dei rendiconti è
stata prorogata al 30.06.2018, ma “ferma restando l’applicazione dei
punti di penalità previsti dall’art. 27 delle linee guida allegate al DM
10.8.2016 in caso di ulteriori ritardi (in particolare, 10 punti
qualora vengano presentati dall’ 1 luglio all’ 1 agosto p.v., 14 punti
qualora vengano presentati successivamente al 2 agosto p.v.”
Poiché, come osserva l’Avvocatura, alla data di
emanazione del gravato provvedimento il rendiconto non era stato ancora
presentato i punti di penalizzazione irrogati avrebbero dovuto essere
addirittura 14 e non 10.
5.7. Quanto all’ultimo motivo di censura, relativo
alla mancata indicazione dell’Autorità giudiziaria davanti alla quale
proporre mezzo di impugnazione ed ai termini, osserva la difesa erariale
come sia principio ricevuto in giurisprudenza che la mancata
indicazione dell’autorità cui ricorrere e dei termini per proporre
ricorso non costituisce vizio di legittimità del provvedimento
amministrativo.
5.8. In conclusione, la difesa erariale, nel chiedere
il rigetto del ricorso, sottolinea come le inosservanze contestate
rinviano a carenze gravi, strutturali e congenite all’organizzazione ed
alla gestione contabile-amministrativa del progetto, sì da far apparire
incongruo il tentativo di parte ricorrente di ricondurre l’incontestato
caos gestionale, in cui versava il progetto alla mancanza di
finanziamenti, invece erogati per tutto il 2017.
Sottolineando, dunque, la sostanziale incapacità del
sistema organizzativo sotteso al “Progetto Riace” di gestire in maniera
efficiente le più che cospicue risorse finanziarie riversate nel tempo
dallo Stato, conclude per l’integrale rigetto del ricorso.
6. Alla camera di consiglio del 23 gennaio 2019,
convocata per la discussione della domanda di sospensione cautelare del
provvedimento impugnato, il Presidente, su richiesta congiunta delle
parti, ha disposto il rinvio della controversia all’udienza pubblica del
3 aprile 2019, in vista della quale le parti si sono scambiate le
memorie di rito.
La difesa erariale, in particolare, con memoria depositata il 28 febbraio 2019 ha contestato la legittimità dell’intervento ad adiuvandumdell’associazione
ITALIASTATODIDIRITTO che, a propria volta, ha ribadito di essere
pienamente legittimata allo spiegato intervento.
7. All’udienza pubblica del 3 aprile 2019 le parti
hanno concluso come da separato verbale ed il ricorso è stato trattenuto
in decisione.
8. Dev’essere preliminarmente scrutinata l’eccezione
di inammissibilità di vari motivi di ricorso, formulata dalla difesa
erariale, in ragione del fatto che l’ente ricorrente si limiterebbe a
riversare in giudizio le osservazioni fatte in risposta all’avvio del
procedimento di applicazione delle penalità e di revoca, espressamente
prese in considerazione dal Ministero nel provvedimento impugnato e
rigettate con specifica motivazione, avverso la quale i motivi di
ricorso non muovono puntuali doglianze.
L’eccezione è infondata: in disparte ogni
considerazione sul fatto che il suo accoglimento implicherebbe
un’inammissibile sottrazione al sindacato giurisdizionale delle
valutazioni compiute (o omesse) dalla resistente amministrazione nel
rigettare le osservazioni dell’ente rispetto alle contestate
inosservanze, osserva il Collegio che, a differenza di quanto sostenuto
dalla difesa erariale, le ripetute osservazioni articolate da parte
ricorrente nella risposta alla nota di avvio del procedimento, sono solo
in minima parte coincidenti con le censure dedotte che, lungi dal
riguardare solo le specifiche circostanze che hanno condotto alla
decurtazione del punteggio, tendono a contestare la legittimità del
procedimento tutto, sotto molteplici profili.
9. La difesa erariale, nella memoria del 28 febbraio
2019, contesta altresì la legittimazione ad intervenire in giudizio
dell’associazione “ITALIASTATODIDIRITTO”. Sostiene la resistente
amministrazione che, anche a voler accedere alla tesi giurisprudenziale
secondo cui, ai fini della ricorrenza dell’interesse di cui all’art. 28,
co. 2 c.p.a., è sufficiente un interesse di mero fatto, lo stesso non
può avere “solo carattere morale o sociale” (cfr., sul punto, Cons.
Stato, V, 21 marzo 2018, n. 1811; C.G.A., 9 gennaio 2017, n. 11).
A tale eccezione ha replicato l’interveniente,
evidenziando di avere come scopo sociale quello di difendere e
promuovere, anche in sede giurisdizionale, i principi e gli istituti
dello Stato di diritto, della democrazia liberale rappresentativa e del
federalismo europeo, a difesa dei diritti delle persone e dei gruppi, e
di sostenere iniziative per la tutela e l’integrazione delle persone in
condizioni svantaggiate, con particolare riferimento agli immigrati
presenti nel nostro Paese (art. 2 Statuto) e precisando come, in diversi
casi, siano stati ritenuti ammissibili gli interventi ad adiuvandum proposti
da alcune associazioni alla luce del collegamento tra l’interesse
azionato in via principale e l’interesse di fatto riconosciuto in capo
alle intervenienti, proprio in considerazione di quanto dichiarato nei
rispettivi statuti associativi.
Osserva al riguardo il Collegio che, come è noto, in
base ad un orientamento del tutto consolidato, nel processo
amministrativo (da ultimo, Cons. St., Ad. Plen., 27 febbraio 2019, n. 4)
l’intervento, ad adiuvandum o ad opponendum, può essere
proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica
collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale.
Costituisce ius receptum che, ai fini dell’ammissibilità dell’intervento adesivo dipendente ad adiuvandum nel
giudizio amministrativo, l’iniziativa processuale debba essere
espressione di un interesse – a seconda delle formulazioni – connesso,
derivato, dipendente o almeno accessorio o riflesso rispetto a quello
proprio della parte principale (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 26
luglio 2016, n. 3378).
Nel caso di specie, si ritiene, che l’interesse fatto
valere dall’interveniente associazione possegga tali caratteristiche,
stante che appare evidente l’indiretto sostegno agli scopi associativi
statutari che verrebbe dall’accoglimento del ricorso.
10. Nel merito il ricorso è fondato nei termini di cui si dirà.
10.1. È fondato il primo motivo di ricorso afferente alla violazione dell’art. 27 del D.M. 10.8.2016.
10.1.1. La norma citata, in materia di revoca del
contributo per cui è causa, premesso che all’atto dell’assegnazione del
contributo viene attribuito un punteggio complessivo/annuale di 20
punti, che subisce decurtazioni, nella misura indicata in apposita
tabella, a seguito della accertata inosservanza di uno o più obblighi
previsti dal decreto e dalle linee guida (comma 1), al comma 2 recita: “Per
ogni inosservanza accertata viene inviato all’ente locale un avviso da
parte della Direzione centrale, con l’invito a ottemperare alle
inosservanze rilevate entro il termine assegnato, pena la decurtazione
del punteggio“, specificando poi che “La decurtazione del punteggio attribuito può comportare la revoca, parziale o totale, del contributo …” (comma 3).
Ebbene, come correttamente rilevato dalla difesa del
Comune di Riace, non si rinviene tra la cospicua documentazione prodotta
dall’amministrazione resistente un atto che presenti le caratteristiche
puntualmente prescritte dal riportato comma 2.
Osserva il Collegio come tali caratteristiche non
possano essere attribuite, come chiede la difesa erariale, alla nota
prot. n. 1060 del 28.1.2017, indirizzata dalla Direzione Centrale dei
servizi civili per l’immigrazione e l’asilo al Comune di Riace, con la
quale anche in vista del nuovo triennio di finanziamento l’ente viene
sollecitato a comunicare le iniziative che vorrà adottare “al fine di
ricomporre con immediatezza tutti gli aspetti di criticità emersi
durante le visite ispettive”.
A prescindere da ogni considerazione sul fatto che,
ove quella nota fosse davvero il punto d’avvio del procedimento
culminato con il provvedimento gravato, non si spiegherebbe la necessità
della ulteriore nota, prot. 0013477 del 30.07.2018, con la quale la
Direzione Centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo
comunicò l’avvio del procedimento finalizzato proprio all’applicazione
dell’art. 27 delle linee guida allegate al DM 10.08.2016, appare
evidentemente forzato il tentativo dell’Avvocatura distrettuale di
attribuire, ex post, alla nota citata la natura di atto di avvio
del procedimento oggetto della presente controversia, con valore
specifico di avviso/diffida.
La lettura del documento è, infatti, chiarissima e ad
esso, coerentemente con il momento storico in cui venne redatto (appena
dopo l’ammissione del Comune di Riace al finanziamento del triennio
2017-2019), non può attribuirsi un valore diverso da quello di una nota
volta a richiamare l’attenzione dell’amministrazione comunale
sull’esigenza di porre rimedio alle criticità riscontrate nel precedente
triennio.
D’altronde, è palesemente irragionevole e
contraddittorio ritenere che, ad appena un mese dal decreto con il quale
era stato rifinanziato il “sistema Riace”, l’amministrazione resistente
abbia inteso diffidare l’ente locale ed avviare il procedimento
finalizzato alla decurtazione dei punteggi attribuiti al progetto e,
quindi, alla revoca del finanziamento appena concesso.
10.1.2. In ogni caso, anche a voler attribuire alla
richiamata nota del 28.01.2017, la natura di atto di avvio del
procedimento di revoca del contributo con contestuale diffida, esso
violerebbe le regole che presidiano la trasparenza e la partecipazione
al procedimento amministrativo degli interessati.
Osserva il Collegio che disposizioni come il citato
art. 27 del D.M. 10.8.2016 rafforzano gli strumenti di partecipazione
procedimentale previsti in generale dagli articoli 7 e seguenti della l.
7 agosto 1990, n. 241, ed ostano alla prassi seguita, nel caso di
specie dall’amministrazione resistente nella ripetuta nota del
28.01.2017, di richiamare atti precedenti, senza precisare né le
contestazioni che avrebbero potuto portare alla decurtazione del
punteggio, nè la consistenza delle decurtazioni ipotizzate e neppure il
termine entro il quale porre rimedio alle inosservanze rilevate.
È decisivo, altresì, il fatto che nella nota in discorso nulla sia detto, neanche per relationem,
in ordine all’adeguata professionalità degli operatori SPRAR, poi
contestata nel provvedimento avversato, ed in ordine al mancato
aggiornamento della banca dati, poi motivo di specifica decurtazione del
punteggio. Troppo generiche appaiono poi le contestazioni relative alla
gestione amministrativo contabile dell’ente che, invece, proprio per la
impressionante serie di violazioni e di inefficienze rilevate, hanno
avuto un peso senz’altro determinante nel comminare la riduzione del
punteggio attribuito al progetto e che, pertanto, avrebbero dovuto
essere previamente contestate con ben altra puntualità.
Si aggiunga che la ravvisata illegittimità non rimanda
ad un inutile rispetto di vuoti formalismi procedimentali: il forte
impatto del provvedimento di revoca del contributo nei confronti del
destinatario impone, in base al principio di proporzionalità, che
l’agire dell’amministrazione sia quanto più possibile rispettoso delle
forme che essa stessa, peraltro, si è data.
Il pieno rispetto delle regole che disciplinano i modi
di assunzione delle decisioni da parte delle amministrazioni pubbliche
non acquisisce, infatti, valore solo in quanto esse definiscono le
“forme” esteriori che l’esercizio del potere deve assumere, prevedendo e
regolando i diritti procedimentali dei destinatari del potere stesso:
esso diviene rilevante anche e soprattutto in quanto tali regole hanno
pure un contenuto sostanziale, poiché individuano le fasi e le modalità
attraverso le quali si costruisce e prende corpo, nel contraddittorio
con gli interessati, l’esercizio di un potere “proporzionato” al fine
che la legge indica all’amministrazione che agisce.
10.2. È fondato anche il secondo motivo di ricorso.
La difesa dell’ente locale si duole del fatto che il
Ministero dell’Interno abbia, da un lato, autorizzato il finanziamento
del progetto del Comune di Riace per il triennio 2017-2019, in
prosecuzione del triennio precedente ai sensi dell’art. 18 del citato
D.M., senza avere comminato penalità, e dall’altro, quasi
contestualmente, ha assunto un atto che fonda le penalità e, dunque, la
revoca su criticità afferenti al precedente triennio.
L’amministrazione resistente replica evidenziando come
la Commissione deputata alla valutazione dei progetti per il triennio
2017-2019 non avrebbe potuto non ammettere alla prosecuzione il progetto
del Comune di Riace, stante la mancata conclusione del procedimento
finalizzato alla decurtazione dei punteggi.
Il Collegio reputa, come già osservato in precedenza,
che la contraddittorietà tra la prosecuzione autorizzata a dicembre e la
successiva nota di gennaio – ex post qualificata dalla difesa
erariale quale momento di avvio del procedimento culminato con la
decurtazione dei punteggi – sia manifesta.
La documentazione versata in atti mostra,
inconfutabilmente, come le difficoltà del “sistema Riace” fossero note e
risalenti, almeno, al precedente triennio.
La nota 8032 del 23 settembre 2016, del Servizio
Centrale SPRAR del Ministero dell’Interno, indirizzata per conoscenza
anche al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione dello
stesso Ministero, nel compendiare i risultati, fortemente negativi,
della ispezione del luglio 2016 richiedeva al Comune di Riace, titolare
del progetto SPRAR, “di allinearsi, entro 30 giorni a partire dalla
data della presente comunicazione, alle raccomandazioni descritte sopra,
dandone debito riscontro per iscritto al Servizio Centrale e al
Ministero dell’Interno”, pena la decurtazione del punteggio attribuito con conseguente revoca totale o parziale del contributo.
Essendosi concluso il procedimento, non con la revoca
del finanziamento, ma, anzi, con la sua proroga, non può che essersi
ingenerato il ragionevole convincimento dell’avvenuto superamento delle
criticità riscontrate.
Il fatto che i risultati delle ispezioni condotte dal Servizio Centrale SPRAR nel luglio 2016 (espressamente richiamate nell’incipit del
provvedimento di revoca) e dalla Prefettura di Reggio Calabria nel
dicembre dello stesso anno, pur trasmesse al Dipartimento per le libertà
civili e l’immigrazione, non siano state inoltrate alla Commissione
deputata alla valutazione dei progetti o, se ciò è stato fatto, che non
si sia provveduto ad impedire la proroga del finanziamento, che per
altro, come emerge dalla lettura del DM 11616 del 21 dicembre 2016,
risulta richiesta dal Comune il 30 ottobre 2016, dunque in data
successiva alle visite ispettive condotte dal Servizio Centrale, è
chiaro indice dell’illegittimità denunciata col motivo in esame.
L’autorizzazione alla prosecuzione del progetto può,
dunque, trovare spiegazione solo con “la massima benevolenza
dell’Amministrazione”, di cui dà conto la difesa erariale a pagina 7
della memoria di costituzione, evidentemente attuatasi mettendo a
disposizione del Comune risorse umane e finanziarie, nonostante il
riscontrato caos gestionale ed operativo, che emerge con chiarezza dagli
atti di causa. Ritiene, in altri termini, il Collegio che i
riconosciuti ed innegabili meriti del “sistema Riace” abbiano giocato un
ruolo decisivo nel ritenere superate (e non penalizzanti a mente del
citato art. 27) le criticità rilevate nel precedente triennio, le quali
però non avrebbero potuto essere recuperate a posteriori, per motivare la revoca, se non rinnovando per intero il procedimento.
Osserva in definitiva il Collegio come, alla luce
della documentazione versata in atti, il progetto avrebbe dovuto essere
eventualmente chiuso alla scadenza naturale. Averne autorizzato la
prosecuzione, lasciando la gestione di ingenti risorse pubbliche in mano
ad un’amministrazione comunale, per quanto ricca di buoni propositi e
di idee innovative, ritenuta priva delle risorse tecniche per gestirle
in modo puntuale ed efficiente, appare fonte di danno erariale che dovrà
essere segnalato alla Procura presso la sezione giurisdizionale della
Corte dei Conti della Regione Calabria ed alla Procura presso la sezione
giurisdizionale della Corte dei Conti della Regione Lazio, per i
rispettivi profili di competenza.
10.2.1. Conclusivamente, i primi due motivi di ricorso
sono fondati, in quanto la decurtazione del punteggio è avvenuta senza
il rispetto delle forme e condizioni stabilite dall’art. 27, co. 2, D.M.
10 agosto 2016 in ordine alla previa diffida, e la conseguenziale
revoca dei contributi è stata disposta sulla base di rilievi concernenti
essenzialmente il progetto attuato nel triennio 2014/2016, in palese
contraddizione con la circostanza che nel dicembre 2016, in presenza dei
medesimi rilievi, quello stesso progetto era stato autorizzato
dall’amministrazione alla prosecuzione.
Ritiene a questo punto il Collegio di dovere comunque
vagliare, per ragioni di completezza e sia pure in maniera concisa,
anche le ulteriori censure riferite alle inosservanze che hanno condotto
alla decurtazione del punteggio, fermo restando quanto evidenziato
specie in sede di esame del secondo motivo.
10.3. Il terzo motivo di ricorso, volto a censurare il
fatto che le criticità emerse dalle ispezioni e dai monitoraggi e che
hanno portato alla revoca dei benefici accordati, sarebbero stati
determinati dalla intempestiva erogazione delle risorse, è infondato.
Va premesso, a questo proposito, che la stessa
tipologia del contributo in questione presuppone che l’erogazione
finanziaria intervenga a valle della spesa. Conseguentemente,
nell’economia della gestione di questi finanziamenti, assumono una
valenza centrale proprio gli atti di rendicontazione, nella redazione
dei quali l’amministrazione ricorrente non ha brillato né per
tempestività (i ritardi nella presentazione dei rendiconti sono stati
oggetto di decurtazione del punteggio attribuito al progetto), né per
completezza.
In altri termini, i ritardi nell’erogazione dei
finanziamenti previsti sono una conseguenza ovvia delle inesattezze e
delle omissioni, imputabili esclusivamente al Comune di Riace,
nell’attività di doverosa rendicontazione della spesa.
In ogni caso, appare chiaro al Collegio che,
contrariamente a quanto ritenuto dall’amministrazione ricorrente, larga
parte delle criticità ed inefficienze del “sistema Riace” non
sono affatto dipese dai ritardi nell’erogazione dei finanziamenti. La
documentazione versata in atti palesa in modo evidente come molte delle
carenze gestionali ed amministrative rilevate non possano essere fatte
dipendere dai ritardi del Ministero: così deve dirsi per le condizioni
igieniche e strutturali degli alloggi, per il mancato o, comunque,
intempestivo aggiornamento della banca dati, per la mancata o, comunque,
intempestiva, redazione dei progetti individualizzati, per le procedure
con le quali, almeno agli albori del progetto, sono stati individuati
gli enti gestori, o ancora per la mancata stipula delle convenzioni con
gli enti attuatori e per la mancata, o comunque tardiva, comunicazione
degli elenchi dei soggetti che operavano all’interno di quegli enti
gestori e delle loro specifiche competenze.
10.3.1. Risulta infondato il terzo motivo di ricorso
anche con riferimento alla censurata contraddittorietà tra i differenti
atti emessi da parte della Prefettura, del Servizio centrale dello
SPRAR, della Direzione dei Servizi civili per l’immigrazione e l’asilo
del Ministero dell’Interno. Osserva a tal proposito il Collegio che,
come ripetutamente evidenziato dalla difesa erariale, l’ispezione
condotta con esiti positivi dalla Prefettura di Reggio Calabria nel
gennaio 2017, peraltro relativamente al CAS, aveva una finalità
evidentemente sociologica e non tecnica. Dunque gli esiti positivi di
tale visita ispettiva afferiscono a quel profilo, non certo alle
contestate criticità inerenti la gestione del progetto SPRAR. Del resto
che il “modello Riace” fosse assolutamente encomiabile negli intenti ed
anche negli esiti del processo di integrazione, è circostanza che
traspare anche dai più critici tra i monitoraggi compiuti
dall’amministrazione resistente.
Quanto al contrasto tra il quadro totalmente negativo
che del progetto di accoglienza del Comune di Riace offre il
provvedimento impugnato, in palese contraddizione con la risonanza
mondiale del “modello Riace”, questo Collegio non può che evidenziare
come questo quadro sia corrispondente alla produzione documentale in
atti.
La lettura di quest’ultima mostra un quadro di gravi
inefficienze rispetto alle quali non sembra affatto casuale che, in
concreto, nessun atto del Comune di Riace inerente la gestione del
progetto promani dagli organi tecnici dell’ente, in totale ed evidente
spregio dei più elementari principi di separazione tra la politica e
l’amministrazione.
10.4. È infondato anche il quarto motivo di ricorso,
con il quale l’amministrazione ricorrente censura le specifiche
decurtazioni del punteggio attribuito al progetto.
10.4.1. Quanto al mancato aggiornamento della banca
dati gestita dal Servizio Centrale, osserva il Collegio come, a fronte
della puntuale contestazione della difesa erariale che evidenzia che dal
verbale prot. DDCmb/n.5040vp/2016 relativo alla visita ispettiva
condotta dal Servizio centrale il 20 settembre 2016, risulta che “le strutture utilizzate per l’accoglienza dei beneficiari corrispondono solo parzialmente con quanto indicato in banca dati“,
la tesi del Comune ricorrente, per cui già a fine 2017, la banca dati
sarebbe stata integralmente aggiornata, non è supportata da idonei
riscontri probatori.
10.4.2. Quanto alla mancata rispondenza tra i servizi
descritti nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati,
imputata dal Comune ai ritardi nell’erogazione dei finanziamenti,
colgono nel segno, invece, le considerazioni della difesa erariale, che
evidenzia come i rilievi formulati attengano all’igiene, alla gestione
ed alla conduzione degli immobili stessi ed evidenziano un presidio
fortemente limitato, se non assente, degli operatori del progetto e
dell’ente titolare del finanziamento e titolare dei poteri di controllo.
In ordine alla dibattuta questione dell’utilizzo del
cosiddetto bonus cartaceo in luogo del denaro, non avendo tale pratica,
come pacificamente ammesso dalla stessa difesa erariale, portato ad
alcuna decurtazione del punteggio attribuito al progetto, la censura è
inammissibile per difetto di interesse.
10.4.3. In ordine alla mancata redazione dei progetti
individualizzati per i beneficiari, è rimasta priva di idoneo supporto
probatorio la censura per cui l’ente gestore avrebbe predisposto per
tutti gli ospiti progetti individualizzati ed aggiornati costantemente,
che, invece, come sottolineato dalla difesa erariale non sono mai stati
trasmessi.
10.4.4. Risultano pure infondate, perché prive di
oggettivi riscontri, le censure del Comune ricorrente relative alla
contestata mancata organizzazione del servizio di orientamento legale
(non risulta, infatti, mai inviata idonea documentazione comprovante
l’organizzazione del servizio); quelle relative alla mancata o limitata
effettuazione dei corsi di italiano (assicurati ad un esiguo numero di
beneficiari); quelle relative alle attività di formazione e
qualificazione professionale (che, per quanto possano essere
positivamente apprezzate nell’ottica di un’efficace integrazione, non
sono obiettivamente idonee ad un proficuo percorso di accompagnamento
all’inserimento lavorativo); quelle relative alla mediazione linguistica
e culturale (che, per un verso, non può essere appannaggio esclusivo
degli ex ospiti, i quali, per altro verso, ben avrebbero potuto, in
un’ottica, questa sì, di efficace inserimento lavorativo, frequentare i
corsi di formazione per mediatori); quelle relative alla professionalità
degli operatori SPRAR (stante la mancata, o tardiva ed incompleta,
trasmissione della documentazione comprovante l’organigramma del
personale di ognuno degli enti gestori impiegato nello SPRAR, dal quale
evincere con chiarezza i ruoli, le mansioni ed il monte ore di ogni
operatore impiegato).
10.4.5. Risulta, altresì, infondata la censura con la
quale parte ricorrente si duole della decurtazione di 14 punti in
relazione all’erogazione dei servizi finanziati dal Fondo a favore di
soggetti diversi da quelli ammessi all’accoglienza. Si tratta della
spinosa questione dei lungo permanenti.
Come si disse, sostiene la difesa del Comune
ricorrente che la Direzione Centrale del Ministero sia incorsa in un
errore di interpretazione dell’art. 27, comma 4, del DM 10.8.2016, che
limiterebbe la possibilità di applicare la penalità a quegli enti che
erogassero servizi di assistenza a soggetti totalmente estranei al
sistema dell’accoglienza e non invece, come nel caso di specie, a coloro
che sono entrati a pieno titolo in detto sistema, e che dovrebbero
uscirne in ragione della scadenza del periodo massimo di fruizione dei
servizi di accoglienza.
La tesi della difesa del Comune ricorrente è
suggestiva, ma è smentita dalle risultanze documentali. In particolare
la nota prot. 10727 del 18.06.2018 del Servizio centrale di protezione
per i rifugiati ed i richiedenti asilo evidenzia la presenza a Riace di
diversi soggetti non lungo permanenti, ma totalmente privi di titolo. Ed
è smentita anche dallo stesso comportamento del Comune che, sino alla
nota (datata 9 agosto 2018) di riscontro all’avvio del procedimento di
applicazione della decurtazione del punteggio, lungi dal propugnare la
tesi che l’art. 27 consentirebbe di continuare ad assistere i lungo
permanenti, ha fatto esclusivo riferimento all’esigenza di non
interrompere il loro percorso di accoglienza e di inclusione.
A questo ultimo riguardo, osserva il Collegio, che la
fissazione di un termine entro il quale gli immigrati devono in qualche
modo uscire dal sistema dell’accoglienza non è irrazionale, anzi
risponde all’esigenza di apprestare un aiuto per l’integrazione al
maggior numero possibile di persone, stante l’ovvia impossibilità, per
ragioni economiche, di apprestare a tutti assistenza per un tempo
indefinito.
In altri termini, chi fruisce di risorse pubbliche
trasferite per mettere in opera azioni di accoglienza, meritorie ed
anche auspicabili, deve attenersi alle regole dettate a livello centrale
per la gestione di quelle risorse. In ragione della strutturale
limitatezza di queste ultime, la conseguenza discriminatoria di tale
comportamento è di precludere ad altri aventi titolo di accedere
all’assistenza garantita dallo Stato.
10.4.6. Anche la censura concernente la decurtazione
del punteggio per la mancata presentazione della rendicontazione è
manifestamente infondata.
Ferme restando le considerazioni già svolte dal Collegio sulla centralità del momento della rendicontazione, risultano per tabulas fondate
le osservazioni svolte sul punto dalla difesa erariale. Vista, infatti,
la circolare n. 9226 del 25.5.2018, che, da un lato, prorogava la
scadenza del termine di presentazione dei rendiconti al 30.06.2018 e,
dall’altro, sanzionava con la decurtazione di 10 punti la presentazione
di rendiconti presentati dall’01.07.2018 al 01.08.2018, e con la
decurtazione di 14 punti la presentazione di rendiconti avvenuta dopo il
02.08.2018, poiché, come osserva l’Avvocatura distrettuale dello Stato,
alla data di emanazione del gravato provvedimento, il rendiconto non
era stato ancora presentato, i punti di penalizzazione irrogati
avrebbero dovuto essere addirittura 14 e non 10.
10.5. È infondata, infine, anche la dedotta violazione
dell’art. 3 della legge n. 241/90, stante che il gravato provvedimento
omette le doverose indicazioni dell’autorità giudiziaria avanti la quale
proporre il mezzo di impugnazione e del termine per proporlo. Al
riguardo, il Collegio non può che ricordare come sia assolutamente
pacifico in giurisprudenza che la mancata indicazione nel provvedimento
dei termini e dell’autorità cui ricorrere determina solo una mera
irregolarità non incidente sulla legittimità del provvedimento, dando,
al più, titolo al destinatario dell’atto di ottenere la concessione
dell’errore scusabile al fine di potersi attivare nella giusta sede (in
termini, per tutte, Cons. Stato, III, 16 aprile 2014, n. 1920).
11. Conclusivamente, per le esposte ragioni, il
ricorso deve essere accolto nei termini di cui in motivazione, con il
conseguente annullamento del provvedimento impugnato, fatte salve le
ulteriori determinazioni dell’amministrazione resistente.
In ragione della particolarità e novità della vicenda
sussistono giuste ragioni per disporre, tra tutte le parti, l’integrale
compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria,
Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul
ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in
motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento del Ministero
dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione,
Direzione Centrale dei Servizi Civili per l’immigrazione e l’asilo –
Protocollo 0017646 del 9 ottobre 2018.
Spese compensate.
Dispone che, a cura della Segreteria di questo
Tribunale, la presente sentenza sia trasmessa alla Procura presso la
Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti della Regione Calabria ed
alla Procura presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti
della Regione Lazio per i rispettivi profili di competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
Caterina Criscenti, Presidente
Andrea De Col, Referendario
Antonino Scianna, Referendario, Estensore
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