-Da "Il Dubbio" del 15 novembre 2019-
Simona Musco
Cucchi, la sorella: «Ci sono voluti 10 anni, ma forse ora Stefano può riposare in pace»
La sorella Ilaria: «è stato ucciso, lo abbiamo sempre saputo, ma ora I miei genitori potranno vivere più sereni». Il padre Giovanni: «non volevamo un colpevole, ma il colpevole»
Ci
sono voluti dieci anni, «ma Stefano ora può riposare in pace», dice sua
sorella Ilaria dopo la lettura della sentenza. Un carabiniere,
visibilmente commosso, le prende la mano e la bacia: «l’ho fatto perché
finalmente dopo tutti questi anni è stata fatta giustizia», sussurra il
militare mentre accompagna i genitori di Stefano, con le lacrime agli
occhi, fuori dal palazzone di Rebibbia.
«Stefano è stato ucciso – continua Ilaria -, questo lo
sapevamo e lo ripetiamo da 10 anni. Forse i miei genitori potranno
vivere più sereni. Abbiamo mantenuto la promessa fatta a Stefano». Rita,
sua madre, ha lo sguardo stanco. «Un po’ di sollievo dopo 10 anni di
dolore e di processi non veri», dice abbracciando il marito.
Giovanni, che al suo fianco a stento trattiene le
lacrime. Rincorre il pm Giovanni Musarò per stringergli la mano prima
che lasci l’aula bunker, anche lui stremato.
«Volevo ringraziarla», afferma grato. «Questa sentenza
parla chiaro a tutti aggiunge -. Non vogliamo un colpevole ma i
colpevoli e finalmente li abbiamo». Fabio Anselmo, legale della famiglia
e compagno di Ilaria, non ha dubbi: «era una verità talmente evidente
che è stata negata per troppo tempo.
Stefano è morto per le percosse subite». Ilaria pensa al
carabiniere Riccardo Casamassima, che grazie alle sue rivelazioni ha
aperto il processo. «Il nostro pensiero va a lui e alla moglie Maria
Rosati, per tutto quello che stanno passando», sottolinea. Stefano non è
caduto dalle scale, non ha avuto le convulsioni. Era un relitto di 37
chili, con la mandibola rotta e il corpo livido.
Ad esultare è anche Francesco Tedesco, il carabiniere che ha fatto i nomi dei suoi colleghi.
«La corte gli ha creduto: è stato un percorso partito
con aspettative di legalità e finito con la realizzazione di queste
aspettative», dicono i suoi legali, gli avvocati Eugenio Pini e
Francesco Petrelli.
Ma le difese promettono battaglia: i due carabinieri,
giurano, sono estranei alla morte e faranno ricorso in appello. «Non ci
fu pestaggio dice Maria Lampitella, difensore del carabiniere Raffaele
D’Alessandro -. È una condanna ingiusta». Così come per Giosuè Naso,
legale del maresciallo Roberto Mandolini. «Se non è escluso che sia
morto per colpa dei medici come si può concepire una morte anche per
omicidio preterintenzionale?».
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