N O T A DI LIBERA BASILICATA
in
memoria di Francesco Tammone, vittima di mafia, Agente della Polizia di
Stato, ucciso a Potenza il 10 luglio 1996.
Morì da eroe a soli 26 anni, in quella divisa che aveva
sempre sognato e per la quale aveva lavorato per lungo tempo a Palermo, in
servizio durante gli anni di piombo della mafia. I suoi sogni morirono con
lui in una sera d'estate, nella città dove aveva chiesto di tornare, dove un
anno prima si era sposato e dove un mese prima era nata sua figlia. Lui,
originario di Albano di Lucania, aveva lasciato il suo paese per entrare
in polizia.
Ricordare Francesco Tammone significa ancora una volta far
sentire la nostra vicinanza ai suoi familiari, alla stessa Polizia, e allo
stesso tempo ricordare che in Basilicata, il pericolo mafioso non si può
assolutamente sottovalutare.
Quando si muore per mano criminale si ha il dovere
di ricordare, si ha il dovere di sottolineare la mai scontata relazione
fra la memoria e l’impegno.
L’impegno contro le mafie non può prescindere dal confronto
diretto, concreto, con chi la corruzione e la violenza mafiose l’hanno
subite sulla propria pelle.
Senza questo confronto, che è diventato spesso un
rapporto di stima, di affetto, di condivisione, si corre il rischio di perdersi
nelle astrazioni dei “discorsi”, delle analisi magari brillanti ma
sterili.
Queste storie ci invitano a restare coi piedi per
terra, a sognare ma a occhi sempre ben aperti, a non dimenticare che al centro
di tutto, quando ci si impegna per la giustizia sociale, è sempre la
persona, i suoi bisogni, le sue ferite, le sue speranze. Ecco allora che
la memoria e l’impegno non sono parole accostate a tavolino, ma dimensioni
che convivono in un reciproco, indispensabile, nutrimento. Senza questa
convivenza l’impegno può diventare routine e la memoria “retorica della
memoria”, che è l’opposto della ricerca.
Non dobbiamo mai stancarci di cercare la giustizia e di chiederla
quando viene taciuta, omessa o manipolata.
Numerose sono le verità che ci girano intorno non
riconosciute ancora come tali, coperte dai giochi di potere, dalla forza
di ricatto delle mafie, dal marcio della corruzione ma anche dal velo
opaco delle tante, troppe coscienze inerti e addomesticate.
La prima mafia – quella su cui s’innestano tutte le
altre – è la mafia dell’indifferenza.
Siamo consapevoli che in questo mondo è necessario coltivare
la speranza perché noi siamo certi che è viva e il solo fatto di praticare
una testimonianza ne è la conferma.
Segreteria
LIBERA Basilicata
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