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Di Redazione il
Parte da lontano la vicenda del Parco eolico denominato Corbo, in quel di Genzano. L’originario progetto prevedeva 23 pale eoliche in territorio adiacente al Castello di Monteserico, progetto al quale la Regione aveva dato inopinatamente il via. Poi c’è stata la reazione di popolo e l’intervento della Soprintendenza regionale con una relazione che ha costretto la stessa Regione a fare marcia indietro. Relazione che qui riportiamo perché si capisca a che punto è arrivata la distruzione dell’ambiente e il cinismo di questo Governo. Sta di fatto che nell’ultimo consiglio dei Ministri si è dato l’ok a questo progetto tanto contestato e sarà presumibilmente lo stesso Ministero ad avocare a sé il giudizio di rimodellazione dell’impianto, consentendo così di superare tutti i vincoli ambientalistici. Insomma da qualunque parte la si guardi siamo spremuti come spugne, succhiano il petrolio, si prendono l’acqua e danno via libera agli avventurieri dell’eolico distruggendo la bellezza di luoghi che incantano i turisti. Ancora una battaglia perduta, se la Basilicata non si attrezza a contestare il provvedimento autorizzativo che verrà emanato nel giro di 3 -4 mesi. Bisogna che la politica regionale, se ancora dà segni di vita, si svegli ed eviti che anche questo assalto al territorio venga prodotto per distrazione di chi deve vigilarlo e difenderlo, come è successo per un altro impianto eolico,“Serra Giannina”,composto da 7 aerogeneratori, anche questo nei pressi di Genzano, che è passato perché la Regione si è semplicemente scordata di fare ricorso alla sentenza del consiglio di Stato. Sciatteria o mala fede? Qui presentiamo la relazione della Soprintendenza, leggendo la quale ognuno può farsi una idea del degrado culturale, politico e legislativo in cui siamo caduti. Al termine della lettura molti si chiederanno perché in tutti questi anni non si sia adottato il solo strumento capace di fermare l’assalto selvaggio alle colline lucane e cioè il piano paesaggistico o in subordine la delimitazione delle zone inidonee a interventi di energizzazione eolica. Rocco Rosa
La realizzazione dell’impianto eolico “Corbo”, seppure progettualmente ridimensionato nella seconda versione proposta, che riduce gli originari 22 aerogeneratori da 2,3 MW a 15 aerogeneratori da 2,4 MW, per un totale di 36 MW, si scontra sostanzialmente con le seguenti problematiche:
- Vicinanza al Castello di Monteserico (Genzano, PZ), considerato un bene monumentale isolato posto in altura
Riferimenti normativi:
- Il P.I.E.A. – Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale della Basilicata (L.R. 1/2010) non consente la realizzazione di impianti eolici di macrogenerazione nei siti archeologici, storico- monumentali ed architettonici con fascia di rispetto di 1000 mt.
- Tuttavia, a quanto stabilito dal PIEAR, va aggiunto il M. 10 settembre 2010, emanato di concerto tra il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ha definito le “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.
- In attuazione del suddetto D., la Regione Basilicata, con L.R. n. 54 del 30 dicembre 2015 (“Recepimento dei criteri per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio degli impianti da fonti di energia rinnovabili ai sensi del D.M. 10.09.2010”), rispetto alle aree già identificate dal P.I.E.A.R., per alcuni beni ha ampliato i i buffer di riferimento, giudicati non sufficienti alla luce delle esperienze di tutela maturate.
Nel caso specifico di nostro interesse, tra le aree e i siti considerati “non idonei” all’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, figura la macro area dei beni e degli ambiti territoriali sottoposti a tutela del paesaggio, del patrimonio storico artistico e archeologico ai sensi del D. Lgs.
- 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Entrando più nel dettaglio, per i beni monumentali esterni al perimetro dei centri urbani, per gli impianti eolici di grande generazione si prevede un buffer di 3000 mt dal perimetro del manufatto vincolato o, qualora esistente, dalla relativa area di tutela indiretta. Il buffer si incrementa fino a10.000 mt nei casi di beni monumentali isolati posti in altura (All. A, 1.2).
L’area individuata per la realizzazione dell’impianto in oggetto, è caratterizzata dalla presenza – a una distanza inferiore alla metà del suddetto buffer previsto di 10 Km – del castello di Monteserico (Genzano, PZ).
L’edificio è posto a circa 15 Km ad est del Comune di Genzano e a circa 9 Km a nord di quello di Irsina; si staglia solitario sulla sommità di un imponente rilievo roccioso, un’altura di 542 mt s.l.m., dalla quale si domina visivamente tutto il vasto territorio collinare circostante.
Si tratta infatti di un’opera difensiva isolata, che non a caso si instaura sulla sommità di una collina (ricordata nelle fonti medievali come Mons Celicolus e Mons Silicus), dominante un esteso territorio originariamente ricoperto di ampie zone boschive, in posizione strategica lungo importanti direttrici viarie, al confine tra i territori bizantini della media e bassa valle del fiume Bradano e quelli, prima longobardi e poi normanni, del nord-est della regione.
Interessante esempio di architettura medievale in Basilicata, attestato per la prima volta nelle fonti scritte nel 1041, il suo impianto originario è stato attribuito all’età longobarda, intorno all’840 d.C. Durante il periodo normanno, intorno al 1030, la costruzione difensiva originaria viene sostituita da una torre quadrata attorno alla quale viene costruito un corpo di fabbrica esterno, a pianta quadrata, che ingloba centralmente la torre, rispetto alla quale risulta di minore altezza.
Concepito con i Normanni come baluardo difensivo dell’abitato (ricordato come Mons Sericola), già nella prima metà del XIII sec. perde la sua connotazione strettamente militare per legarsi allo sfruttamento delle risorse agricole del fiorente territorio circostante, fino a diventare uno dei capisaldi del Demanio Regio di Federico II, attrezzato per l’allevamento dei cavalli e la produzione di granaglie. Lo stesso modello di sfruttamento delle risorse viene successivamente perpetuato dagli Angioni e potenziato dagli Aragonesi. Nel tempo l’edificio subisce vari interventi strutturali, come il rafforzamento della cortina muraria, la realizzazione dei contrafforti a scarpa e della rampa di accesso.
Tuttavia, il graduale spopolamento del piccolo borgo sviluppatosi sul colle, definitivamente scomparso intorno al 1430 e di cui oggi rimane solo la chiesetta dedicata a Maria Santissima, ha reso il castello di Monteserico un elemento isolato sulla sommità della collina.
Varie modifiche successive, in primis aperture e tamponature di finestre, nel corso del tempo hanno poi adattato la fabbrica difensiva a masseria fortifica e residenza di diversi feudatari, fino agli anni ’80 del Novecento, quando la proprietà è stata acquisita dal Comune di Genzano di Lucania. L’edificio, soggetto a vincolo fin dall’inizio del secolo scorso, è stato interessato da un complesso intervento di recupero, consolidamento e restauro, durato dieci anni (l’inaugurazione si è tenuta nel 2012) e promosso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Basilicata, nell’ambito del piano strategico territoriale di valorizzazione del patrimonio culturale regionale, che prevede il completamento del sistema dei castelli della Basilicata.
La costruzione risulta oggi isolata sulla sommità di Monteserico, ben visibile da lontano, finendo per costituire inevitabilmente un elemento peculiare del paesaggio in cui è inserita.
L’area circostante inoltre, per il quadro territoriale noto in bibliografia, i rinvenimenti effettuati nonché i risultati di ricognizioni archeologiche, è da considerarsi ad altissimo potenziale archeologico.
Pertanto i requisiti necessari ad ampliare il buffer di rispetto a 10.000 mt, ossia la collocazione in altura del bene monumentale e l’isolamento dello stesso, sono entrambi pienamente soddisfatti. La prescrizione di distanziare in maniera consistente l’istallazione di impianti impattanti trova le sue ragioni nella necessità di preservare lo stato e l’immagine consolidata del monumento e del contesto storicizzato in cui esso è inserito, che nel loro insieme costituiscono una testimonianza fondamentale per l’identità storico-culturale del territorio.
L’impatto visivo è notoriamente considerato uno dei più rilevanti fra quelli derivanti dalla realizzazione di un campo eolico. E il sito di Monteserico va infatti protetto non solo dalle trasformazioni del territorio ricadente all’interno del proprio perimetro, ma anche dalle interferenze visive che ne pregiudichino il godimento della sua bellezza panoramica nonché del suo inserimento nel contesto territoriale.
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