domenica 13 marzo 2022

PENSIERI IN ATTESA DELLA PRIMAVERA

 -  Da  www.talentilucani.it  -

 
O L E Z Z I   DI   P R I M A V E R A

“Olezzo” – (Ironicamente) fetore, puzza –

di GERARDO ACIERNO

C’è stato un tempo della nostra gioventù (nostra, da intendere come generazione nata immediatamente nel post-guerra), in cui la primavera tornava a mostrarsi sulle colline, nei vicoli e nelle strettoie dei nostri paesi poco prima della festa di San Giuseppe, il 19 marzo. Era un evento sportivo a sigillare questa nostra cadenza temporale: la ‘Milano – Sanremo’, prestigiosa classica del ciclismo mondiale.
Vincevano quasi sempre gli stranieri: lo spagnolo Miguel Poblet, il belga Rick Van Looy, il francese Poulidor e altri ancora di cui ho perso il conto. Bisognò aspettare il 1970 per la vittoria di uno sprinter italiano, Michele Dancelli. Ma in quell’anno avevamo (purtroppo) già scavallato, lasciandoci alle spalle sogni e fantasie.

Tornava, la primavera, come dicevano i poeti e i compositori, ‘tra i mirti in fiore e gli aranci che olezzano sui verdi margini (anche da noi? ma quando mai?).
Vabbè, comunque tornava. Il secondo trimestre (decisivo per un titubante anno scolastico) in questo lasso di tempo volgeva al tramonto e l’alba di nuove amicizie si ritagliava il suo spazio in palpitanti e timide avventure adolescenziali. Tutto sembrava giocare a nostro favore: si andava a vedere il Potenza in serie B; nei cinema della città si proiettavano film in prima visione; a teatro recitavano Gassman e Buazzelli; a Montereale si ballava e a Rifreddo la Montecatini (poi diventata Montedison) approvava la colonia estiva per i figli dei suoi operai brindisini. C’era dappertutto sentore di rinascita, di cose che mutavano, c’era profumo di futuro. Poi la vita di ciascuno di noi ha imboccato propri, misteriosi corridoi e le nostre primavere come tutto il resto e secondo leggi naturali si sono di parecchio avvizzite. Sarà forse per questo motivo che il profumo di cui sopra in queste due ultime settimane mi sembra essere diventato olezzo, come da definizione iniziale.

In questi freddi giorni di una ritardataria e intimidita stagione, (vedo e) sento l’olezzo della morte spargersi sulle sterminate pianure ucraine, russe e moldave; sento il fetore della pazzia del potente di turno e dei suoi ubbidienti generali; avverto l’olezzo di un’Europa indecisa; quello dei carri armati in colonna, fumanti e minacciosi; l’olezzo delle nostre paure, delle nostre manchevolezze, delle nostre sbandate politiche; avverto salire dai laghi e dai fiumi l’olezzo delle violenze, dei silenzi, dei tradimenti, dei cambi di casacca; forte, fortissimo s’è diffuso l’olezzo della crisi politica in Regione, pagina di una politica antica, inutilmente sperata come esaurita; forte è il puzzo di chi predica indifferenza, di chi sparge e scrive odio, di chi dovrebbe fare e invece afferra. E poi prosegue imperterrito il suo cammino quell’ospite indesiderato’ che è il Covid. Olezzo maggiore il suo e quello delle sue varianti. Sarà perché mi ritrovo in quella categoria catalogata come ‘diversamente giovane’ che non concepisco l’isolamento degli anziani e la loro solitudine. Il virus (che olezzo!) ha fatto il suo mestiere in questi due anni e passa, ma noi non sempre abbiamo fatto il nostro per anziani, genitori, nonni. Olezzo sale dai panfili sequestrati, dalle povertà diffuse, dai femminicidi, dalle violenze sui minori, dalle chiacchiere dei talk, da un facile populismo o se volete qualunquismo nel quale m’accorgo d’essere precipitato e del quale spero che il direttore Rosa voglia comunque perdonarmi. Era da tanto che non mi sentiva. E comunque come scriveva al termine di un suo racconto il grande Nikolaj Gogol, nativo di Kiev, aggiungo e chiudo: “Epperò, giratela come vi pare, in tutta questa storia mi pare in coscienza che ci sia qualcosa di vero".

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