Valerio Mignone*
Isaia Sales, già deputato e ben noto scrittore, non ha bisogno di presentazione. Interessante è il suo saggio “Teneri assassini Il mondo delle baby gang a Napoli”, che meriterebbe, forse, il sottotitolo “Socio-antropologia pediatrica”, più che “Il mondo delle babygang a Napoli”, essendo esso una analisi del fenomeno illegale in età infantile e adolescenziale nella città partenopea.
La naturale tendenza di molti lettori a non credere alla innegabile criminalità infantile napoletana deriva, tra l’altro, dal legame affettivo che tanti Lucani del Potentino e del Lagonegrese hanno acquisito con Napoli, sede dei loro studi prima della istituzione della Università in Basilicata; o di acquisti di mercanzie varie negli anni Cinquanta del Novecento, prima dell’odierno mercato “On line”, con consegne a domicilio. Allora, era in auge il contrabbando a Forcella, ove sulle bancarelle si vendevano sigarette importate clandestinamente, e scaricate al Porto; profilattici, accendini; e, nel periodo natalizio, fuochi d’artificio, capitoni vivi, etc. All’epoca, girava ancora per le vie di Napoli qualche “pianino a manovella su ruote”, con motivi classici della melodia napoletana, e il “pianista” raccoglieva offerte con il “piattino”. Nei ristoranti di “livello” si esibiva la “Posteggia”, un complesso canoro di chitarra e mandolino, con, o senza, violinista. Lungo strade frequentate, lustrascarpe racimolavano spiccioli per le loro prestazioni, e, all’aperto, c’erano anche sedie di barbieri, alcuni dei quali andavano al domicilio dei clienti. In qualche “basso” di Spaccanapoli i “Saponari” vendevano vecchi mobili di case svuotate, e vari oggetti usati, anche di origine furtiva.
Oggi, è tutto cambiato! Napoli, con i suoi abbondanti tre milioni di abitanti, è la Città metropolitana d’Europa più densamente popolata, in una superficie poco estesa. La conferma di tale densità abitativa, da Eboli fino a Pozzuoli, si ha, a vista d’occhio, dal Valico dell’Agerola, a cavallo tra Amalfi e la Piana del Sele.
Questa superficie, fittamente urbanizzata, è luogo d’azione dei “Teneri assassini”. In particolare, lo è la vecchia Napoli, un vastissimo “Museo a cielo aperto” per bellezze naturali lungo la costa, tra il Vesuvio e i Campi Flegrei, con lo sfondo di Capri e Ischia, per siti culturali come l’Archivio di Stato con antichi documenti, l’Acquario di Dohrn, e per monumenti artistici, e architettonici, quali il Maschio Angioino, Palazzi reali, la stessa sede centrale della Università degli Studi. I tanti visitatori, turisti, e studiosi, che affluiscono nel Centro di Napoli, sono le vittime prescelte dalle “baby gang”.
Il saggio di Isaia Sales smentisce diffuse convinzioni. Napoli non è compresa nell’elenco delle prime cinquanta città più violente del mondo per omicidi. E nemmeno in Italia Napoli è la città con il maggiore numero di omicidi in rapporto al numero di abitanti; viene preceduta da Nuoro, Crotone, Catania, Catanzaro, Vibo Valentia. E per i reati compiuti da minorenni, Roma, Bologna, Bari, Catania precedono Napoli.
E tuttavia, Napoli ha il primato, tra le altre capitali di mafia, per numero di omicidi. Sommando, però, furti in appartamenti, borseggi, e rapine in pubblica via, Milano risulta prima, mentre Napoli ha il primato per gli scippi in motorino in cui sono specializzati gli adolescenti.
Altra caratteristica in Napoli è il gran numero di clan camorristi, anche nello stesso quartiere, che spesso sono in conflitto armato tra loro. E i delinquenti comuni che, per caso, operano da soli in un quartiere, vengono obbligati a consegnare ai clan parte della refurtiva.
Altra caratteristica paradossale della camorra è il ricambio dei clan immediatamente dopo il loro annientamento da parte delle autorità a ciò preposte.
Inquietante nella camorra napoletana è la giovane età, diciotto-vent’anni, dei boss, impegnati, soprattutto, nel traffico di droga, diventata la merce preferita. Anche a tredici anni si viene coinvolti, e si può essere ammazzati per concorrenza e conflitti tra clan, persino nello stesso quartiere.
Dopo il terremoto del 1980, con la costruzione di nuovi quartieri, come le Vele di Scampia, si sono ampliati il mercato del narcotraffico, e gli effetti criminogeni all’interno degli stessi clan. E’ aumentata la povertà di bambini e ragazzi, e con essa, sono aumentate la dispersione scolastica, e la tendenza a delinquere, anche a mano armata.
D’altro canto, la inadeguatezza delle forze di polizia, e della stessa magistratura, è un incentivo a delinquere. Si comincia con il furto del motorino, e, in una contiguità ascensionale, si ruba l’automobile, e si rapina. E’ il nuovo “gangsterismo sociale”; non più l’innocuo “scugnizzo” che chiede l’elemosina, ma il “baby killer”, capace di ammazzare!
A parere di Isaia Sales, a Napoli, e dintorni, esiste una “Questione minorile”, con sette differenze rispetto ad altre città, che ne fanno una specificità: 1- La “periferia” a Napoli non è un luogo distante dal Centro, essa è nel “cuore del Centro storico”. 2- La questione criminale minorile è una tappa breve che precede la grande criminalità, e coinvolge un alto numero di minori. 3- I minori stranieri coinvolti nella criminalità a Napoli sono pochi: il 10%, rispetto al 40% di Milano, poco più del 37% di Bologna, e del 33% di Roma e Firenze. 4- Atti violenti a Napoli vengono compiuti prevalentemente da sottoproletari, nelle altre città anche da esponenti di famiglie borghesi. 5- A Napoli i reati dei minori sono, oltre alla droga, anche scippi, rapine, estorsioni, uso di armi, omicidi e tentati omicidi; nelle altre città solo droga. 6- C’è continuità tra la criminalità dell’età minorile e quella da adulto. 7- I minorenni che delinquono sono in Centro storico, periferie e hinterland; e sono figli, fratelli o nipoti di pregiudicati.
Le baby gang di oggi saranno i clan di domani. A Napoli non si persegue la promozione sociale; si cercano soldi per poter apparire ricchi. Non c’è paura per la morte violenta, né per la galera; infatti, si viene assistiti, in latitanza e in galera, da complici e congiunti.
Le “stese”, modello di guerriglia urbana delle gang latinoamericane, anche a Napoli sono atti di criminali che sparano con armi modernissime contro finestre, auto, negozi costringendo le persone a “stendersi per terra”.
Londra, Parigi, Napoli erano le tre grandi metropoli dell’Ottocento; di queste, soltanto Napoli è rimasta città a bassissima promozione sociale, ed è lontana dall’Europa. Altre città europee si sono “promosse”, Napoli no! Pur con bonifiche urbanistiche, come l’apertura del “Rettifilo”, e con il contenimento di malattie infettive come il colera.
Sales ribadisce che la camorra produce e diffonde miseria. La plebe napoletana conta pochissimo economicamente, ma moltissimo socialmente e politicamente; in realtà, le masse popolari e sottoproletarie dei vicoli si sono adattate a estrema miseria e marginalità. La plebe non si evolve in proletariato o piccola borghesia; si dedicherà alla violenza, che consentirà di vivere meglio. E c’è un giudice di vicolo, un camorrista, come “regolatore sociale”. D’altro canto, inizialmente, la classe dirigente concesse a una parte del popolo violento il controllo delle attività illegali, quale il contrabbando delle sigarette, come fattore di equilibrio, perché erano insufficienti le attività legali: mancava il lavoro, il pane.
A Napoli, i “bambini di strada” vivono prevalentemente all’aperto, anziché in bassi e fondaci; la strada è la loro famiglia, la strada sostituisce la famiglia biologica, rendendoli “orfani di genitori vivi”. C’è la “infantilizzazione del crimine”. E ciò si protrae in alcune Municipalità, ove l’80% dei matrimoni avviene tra giovani della medesima Municipalità.
Motivi di spazio impongono lo Stop alla recensione. Il lettore di buona volontà potrà leggere il saggio di Isaia Sales per conoscere la socialità a circolo chiuso della camorra napoletana, e i ritardi del progresso del Mezzogiorno, per poterli rimuovere. Ci sono proposte di prevenzione della criminalità giovanile, tra cui progetti Erasmus.
Maratea 27 marzo 2022 *Già primario medico e parlamentare
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