Aveva 19 anni Osama... E basta (non è noto il cognome), “africano” per la cronaca (non è chiara la provenienza), e qualche giorno fa si è fermato il suo cuore nel Cpr di Palazzo San Gervasio, in Basilicata. “Arresto cardiaco” avrebbe accertato l’esame autoptico.
I Cpr (centri di Permanenza per il Rimpatrio) sono luoghi in cui vengono senza colpa reclusi, per periodi anche molto lunghi, i migranti in attesa di espulsione, e quello di palazzo San Gervasio è un piazzale di container e moduli prefabbricati chiuso da alte mura e da una recinzione.
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- Da www.talentilucani.it -
Di Pietro Simonetti il
La
struttura di Palazzo S.G,aperta dal Ministero dell’Interno nell’area
confiscata alla mafia e utilizzata per alcuni anni per l’accoglienza
stagionali, e’stata voluta anche dal Comune di Palazzo, amministrazione Mostro
con assessore l’attuale Sindaco, con il parere contrario dell’allora
Presidente della Giunta Marcello Pittella, che inviò un formale
documento di protesta all’allora Ministro dell’Interno Alfano e per
conoscenza alla Prefettura di Potenza.
Proprio
nella nella sede prefettizia si svolsero incontri durane i quali la
Regione Basilicata segnalò che il progetto, realizzato dal
Provveditorato alle Opere pubbliche della Basilicata, era carente per
contenuti progettuali, mancanza di servizi, letti in cemento armato e
pochissimi servizi .
Andarono avanti, anche per esigenze clientelari nazionali di avere siti con posti in tutte le Regione. Obiettivo, questo, che non e’stato mai realizzato, dal momento che ci sono nove centri i Italia,
Per questo si è puntato sull’Albania.
Negli
ultimi ci sono stati interventi nel sito per alcune esigenze sicurezza
che hanno ancora di più generato un paesaggio carcerario invivibile.
Dentro
questo ” mostro” di detenzione, peggiore delle carceri, si sono
adottate gare di appalto di gestione di aziende private che hanno
garantito lavoro per la Procura di Potenza: violazioni di ogni genere,
dai diritti umani, alla non applicazione dei contratti, all’uso frenato
di psicofarmaci per sedare gli “ospiti”,alle violenza e ad una lunga
catena di reati oggetto di processi e grandi inchieste giornalistiche
che hanno indicato il malaffare e la riduzione in schiavitù di tante
persone transitate in quel sito.
Per
anni,prima e dopo inchieste e indagini,in Basilicata e’ prevalso,al
netto di pochi interventi, la logica del non so, non sento, non vedo.
Tale
pratica è continuata per tanto tempo. Chi richiamava la orrenda
situazione di gestione del sito passava per invasato oppure coltivatore
di azioni ideologiche di sinistra o del volontariato.
Negli
ultimi mesi qualcosa è cambiato nel territorio, non negli enti che
dovrebbero garantire il rispetto della dignità umana di persone
ristrette che avrebbero diritto ad un pasto decente, alla assistenza
sanitaria, il tutto condito dall’ignobile mercato dei patrocini gratuiti
per gli avvocati decisi non dagli interessati.
Un quadro desolante risvegliato nei giorni scorsi dalla morte di un giovane ragazzo di 19 anni.
L’inchiesta
avviata tempestivamente, la mobilitazione in corso, la pessima gestione
del sito, affidata ad impresa precedentemente esclusa in altre gare in
Italia, dovrà essere attentamente seguita.
Le
manifestazioni sono necessarie e importanti: la continuità della
protesta costituisce il nodo decisivo per chiudere questi “mostri”della
detenzione affidati a privati con gare, qualche volta non trasparenti, ed
al masimo ribasso. E’ ora di dire basta!
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