E' di qualche giorno fa la
triste notizia che ha scosso Napoli, l'Università "Federico II" e
l'Italia intera. Al suicidio hanno assistito tanti giovani studenti con i loro
familiari in una giornata dedicata ad una seduta di laurea e c'erano anche la
famiglia, i parenti, gli amici, il fidanzato di Giada....., ignari della
verità. La studentessa li aveva invitati per assistere alla sua laurea, che non
avrebbe potuto conseguire perchè negli anni non aveva sostenuto gli esami
previsti e, pare, non fosse più iscritta.
(Giada Di Filippo)
Nicola Pasquino, professore
dell’Università Federico II di Napoli, ha scritto una lettera
rivolta agli studenti che, come Giada Di Filippo, suicida a 26 anni,
soffrono in silenzio il loro disagio.
Il testo integrale della
lettera «La notizia mi arriva durante la pausa della lezione: “Prof,
una studentessa di Biologia si è suicidata, a Monte Sant’Angelo”. In molti, fra
gli studenti, si chiedono quale possa essere il motivo, ma noi docenti che
all’università ci passiamo la vita, troppe volte abbiamo avuto notizie del
genere per non sapere che uno solo è il motivo per cui si decide di porre fine
alla propria vita proprio lì dove invece la vita dovrebbe avere un nuovo
inizio. E il titolo dei quotidiani online conferma purtroppo ciò che già
immaginavo: la decisione di porre fine alla propria vita nel “giorno della
laurea” perché a quella laurea la povera ragazza non era arrivata perché
indietro con gli esami.
Non oso, non so, non riesco ad
immaginare cosa possa portare una ventiseienne ad uccidersi per non essere
riuscita a portare a termine gli studi con la stessa velocità dei suoi colleghi:
la vergogna, un complesso di inferiorità, pensare di essere incapace ad
affrontare le sfide della vita? Chissà! E non riesco ad immaginare i genitori
che vivranno per tutta la vita con il senso di colpa di non aver saputo capire
il disagio, magari di non essere stati sufficientemente presenti, di non
essersi interessati abbastanza. A nulla servirebbe dire che non è colpa loro,
che certe cose si covano dentro per anni senza dare alcun segno e poi esplodono
in modo così tragico solo quando non c’è più modo di porvi rimedio. Ma so
cosa dire a voi, studenti che mi leggete: parlate, confidatevi, apritevi: con
gli amici, con i fidanzati, con i genitori. Fatelo anche con noi docenti, se
pensate che possa essere utile parlarne con chi non ha con voi un rapporto di
“amicizia” in senso stretto ma è “solo” un professore che ritenete possa
comprendervi; parlatene con gli esperti che la Federico II vi mette a
disposizione attraverso il centro Sinapsi.
Parlatene, non tenetevi dentro
il disagio, la paura del giudizio altrui, perché le difficoltà nello studio non
possono, non devono essere motivo di vergogna. Parlatene, affrontate i vostri
mostri insieme a chi ritenete vi possa dare una mano perché vi vuole bene o
perché è un professionista esperto.
Fate qualunque cosa che non vi
faccia combattere questi mostri da soli, affinché nessuno debba più scrivere un
post come questo».
--------------------------------------------------------
Nessun commento:
Posta un commento