NON CI SARA' PIU' BISOGNO DI EMIGRARE
di GIOVANNI RUSSO
Corriere della Sera – 15 ottobre 1957.
“Maratea sta diventando famosa. Anche all’estero è giunta la
fama delle sue bellezze panoramiche e i turisti stranieri cominciano a preferire
questo posto a luoghi più celebri, ma invasi, ormai da folle di villeggianti.
Si è aperto per noi un avvenire migliore”. Così mi dice il vice-sindaco di
Maratea, signor Limongi, un uomo facondo e cordiale, che sostituisce, in questi
giorni, il sindaco Vitolo, un vecchio signore molto stimato, costretto da una
malattia della moglie a tralasciare provvisoriamente le sue funzioni alle quali
si dedica da tanti anni. Maratea sorge sulla costa tirrenica della Lucania, un
tratto di appena 34 chilometri fra la costa campana e calabrese. Il paese è
appollaiato, in alto, sotto il picco roccioso dove sorgono una croce
monumentale, la Basilica di san Biagio, il santo protettore. Ai piedi del paese
si stende una conca verdeggiante di oliveti e di vigneti, punteggiata da case
dal tetto rosso, che scende fino alla marina dove si apre una baia di classica
bellezza. Non ci si sorprenderebbe affatto se, all’improvviso, comparissero
sulle onde le navi di Ulisse. Il mare viene a morire tra le scogliere, in
piccole rade e fra rocciosi spuntoni, su cui si ergono torri dirute.
La ragione per cui il paese è sorto in questa posizione è la
stessa che ha dato origine a tanti paesi delle coste meridionali. Gli abitanti,
nel Medio Evo, abbandonavano le spiagge, insicure per le razzie dei pirati
barbareschi e si rifugiavano sui picchi montani, al sicuro. I marateoti
andarono a vivere addirittura sul cocuzzolo dove sorge la Basilica del
Santuario e vi rimasero per secoli. Poi, quando la minaccia cessò, scesero giù,
ma il ricordo della grande paura li trattenne a mezza strada ai limiti della
conca verdeggiante. Salendo al Santuario si passa per l’antica Maratea. Nel
paese abbandonato, le case sono quasi tutte cadute e quelle ancora in piedi
hanno porte e finestre sprangate. I milanesi hanno scoperto anche questo posto,
da cui si gode una vista incantevole, e hanno acquistato alcune case per
venirvi a trascorrere le vacanze in solitudine e in pace. I segni di tempi
nuovi sono evidenti alla marina di Maratea, dove un industriale biellese, il
conte Rivetti, ha costruito una fabbrica tessile e un grande e lussuoso
albergo, con l’aiuto della Cassa per il Mezzogiorno. Questa attività ha portato
un soffio rinnovatore in un ambiente immobile da centinaia di anni.
BENEFICI DEL TURISMO
“Il paese – mi dice il vicesindaco – conta circa cinquemila
abitanti. L’ospedale comunale, che dispone di cento posti-letto, è uno dei
migliori della provincia, possiede moderne attrezzature e reparti
specializzati. Maratea è sede di una scuola media statale e di un educandato
femminile, gestito da un ordine di suore, con annesso un Istituto magistrale
parificato”. L’amministrazione comunale accolse con entusiasmo, nel 1954,
l’arrivo dell’industriale Rivetti e cercò di favorire le sue iniziative. Il Comune
ha ceduto l’ottanta per cento di alcune imposte comunali, pagate dal gruppo
industriale, in favore delle imprese turistiche lucane e si offrì anche di
contribuire con le imposte di consumo, uno dei pochi cespiti redditizi alla
spesa per la costruzione dell’elettrodotto, ma l’industriale rinunziò
all’offerta per risparmiare al Comune un sacrificio troppo oneroso. “Noi
abbiamo ben compreso – dice il vice-sindaco – i benefici che possono derivare
alla popolazione dallo sviluppo economico e turistico della zona”.
Prima di queste iniziative, le risorse di Maratea erano
soltanto l’agricoltura e l’emigrazione. Nessuno poteva dirsi ricco, ma nessuno
era veramente misero, perché i marateoti sono gente laboriose parca, che lotta
contro le difficoltà di una natura solo in apparenza benigna, e che si procura
così una esistenza dignitosa. Nel Mezzogiorno, infatti, intelligenza e buona
volontà non bastano per farsi strada. Sicché anche la borghesia benestante deve
fare duri sacrifici per mantenersi a un livello di vita dignitoso. È questo il
suo dramma. La borghesia meridionale non ha avuto per secoli altra speranza che
l’impiego statale o l’incarico comunale. Molte aspirazioni vengono così
soffocate. Ad esempio una delle migliori famiglie di Maratea è quella dei
baroni Labanchi, il cui capostipite, luogotenente governatore degli Stati del
principe di Bisignano, fu investito del titolo dal re Carlo II di Spagna nel
1664. Il suo discendente, don Emanuele Labanchi, si vide deperire
irrimediabilmente la proprietà, ai primi del secolo, per una malattia che
attaccò e distrusse quasi completamente le sue piantagioni di cedri. Era
rimasto orfano a 17 anni e aveva dovuto perciò rinunciare a proseguire gli
studi. Si dedicò completamente al lavoro e alla famiglia. Già da tempo il feudo
di Castrocucco (pittoresco vecchio castello diruto che sorge su un picco vicino
al mare) non apparteneva più alla sua famiglia.
Don Emanuele Labanchi, gentiluomo di vecchia razza, riuscì a
dare un’ottima educazione ai quattro figli, tutti ora stimati professionisti e
nello stesso tempo, non trascurò, anche a costo di personali sacrifici, di
aiutare, con animo generoso, i bisognosi. Egli sarebbe l’unico erede al titolo
nobiliare, dopo la morte del capo della famiglia, il cugino Francesco Labanchi,
ma ha rinunziato a rivendicarlo. Con questo cugino egli ebbe l’unica vicenda
giudiziaria della sua vita, ma ormai l’episodio è chiuso da anni e don
Emanuele, che conserva un geloso ricordo del suo parente, non ama più che se ne
parli. Ora ha 85 anni ed è immobilizzato da una malattia. Siede tutto il giorno
su una poltrona presso il balcone da cui si mira il bellissimo panorama di
Maratea, uno spettacolo che gli dà forza e serenità e fuga persino le tristezze
della vecchiaia.
LA COSTRUZIONE DEL PORTO
Molti abitanti di Maratea hanno poi cercato di migliorare le
loro condizioni emigrando. L’emigrazione
è stata una grande risorsa e le rimesse degli emigranti hanno costituito e
costituiscono un notevole reddito per il paese. Finalmente ora le cose
cominciano a mutare e forse tra qualche anno nessuno più emigrerà (tranne
coloro, ancora numerosi, che hanno interessi all’estero, come il signor
Lamarca, un notabile del luogo, che è stato recentemente in Brasile soltanto
per aiutare due suoi fratelli nell’amministrazione delle loro proprietà in quel
paese) perché potrà trovare lavoro nella zona. Non bisogna pensare però che il
futuro si presenti facile. I problemi per creare e sviluppare il turismo e
l’industria sono gravi, molti, e richiedono energia e danaro. Si tratta di
costruire strade di accesso al mare, fognature, l’acquedotto, stabilimenti
balneari, aprire nuove comunicazioni con i paesi vicini attuare il progetto del
porto. Ora esistono tuttavia le condizioni per cambiare il volto di questa
terra. Già da due o tre anni il tenore di vita si è elevato come è dimostrato
da tanti segni. Ma i segni più soddisfacenti di questo rinnovamento sono la
serietà e la capacità di cui danno prova i giovani di Maratea, che apprendono
nella fabbrica il mestiere dell’operaio.
I tecnici hanno per loro espressioni di affettuoso elogio. In
questi giorni si dovrà decidere il programma di valorizzazione della zona
nell’Ambito di un piano che riguarda il golfo di Policastro. La prima
iniziativa sarà la costruzione del porto di Maratea, di cui si parla fin dal
1700, un progetto che solo adesso diventerà realtà. I fatti dimostrano, quindi,
che non si può parlare di una specie di “Inferiorità razziale” della gente del
Sud, come usavano certi sociologi positivisti, ai primi del ‘900, dal Niceforo,
al Sergi, al Lombroso. Gaetano Salvemini, che fino all’ultimo ha predicato che
i nordici debbono occuparsi non solo di sé stessi, ma anche dei meridionali “se
non vogliono trovarsi a mali passi” ebbe facile gioco a confutare quella tesi insensata.
Giustino Fortunato non si stancava mai di ammonire che nel Sud le bellezze del
paesaggio nascondono l’avarizia di una natura ostile. Ora c’è l’esempio di
Maratea, che dimostra come i meridionali immessi in una moderna attività
produttiva possono diventare operai e tecnici non inferiori a quelli del nord.
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