La “congenialità” della Basilicata non è nell’industria, ma nell’artigianato e nell’agricoltura più ancora che nel turismo.
La ex Fiat è ubicata sul confine con la Puglia e non sembra godere delle migliori infrastrutture pei trasporti; altrettanto può dirsi della Ferrero (che ben induce la produzione di nocciole) e di strutture analoghe, sorte per il terremoto e peraltro di dimensioni molto minori.
Per un nostro destino industriale occorrerebbe quel che predica da tempo lo Svimez: la grande infrastrutturazione del Sud come piattaforma europea, la quale, dopo il raddoppio di Suez e dei traffici mediterranei, potrebbe acquisirli una settimana prima rispetto al Mar del Nord.
Da come stanno le cose, con un assetto urbano di borghi (che conservano meglio le tradizioni) e sulla china di uno spopolamento marcato, l’artigianato è non solo l’attività più congeniale ma anche la più urgente per attrarre immigrazione e frenare l’esodo, i due fenomeni di marca giovanile. Dal recupero e dal rilancio dell’artigianato, dal suo inserimento nella modernità dei gusti e dei sistemi commerciali, oltre che dalla sua capacità di attrarre i giovani, potrà dipendere dunque il futuro della Basilicata!
Sarebbe perciò obbligatorio capire perché le tradizioni pur vive in quasi tutti i nostri paesi si siano andate spegnendo. E’ stato ovviamente colpa dello sviluppo industriale, ma anche dell’assenza di un adeguato soccorso sia da parte del credito sia di un “sostegno culturale” per modernizzazione, raccordo con il turismo e rapporto con i giovani.
Avevo 9 anni quando l’alluminio spazzò via il rame che aziende locali avevano fortunosamente salvato dalle requisizioni fasciste: fu venduto in un giorno e senza saper niente dell’inflazione ; sicché chiusero di colpo per non aver più potuto riacquistare il grezzo con danaro svalutato. Ma anche perché mancò sia l’aiuto culturale ad adeguarsi alle cucine a gas e sia un credito di sostegno.
Cominciò allora lo spopolamento di quel Comune, che poi ha subito anche la crisi drastica di orologeria ed oreficeria (insieme al rame, tradizioni produttive di notevole benessere!) : fuggirono prima gli artigiani all’ Estero o in Città (Napoli-Roma) e poi i giovani dall’ arte stessa (ai quali si chiedeva: studi o vai all’arte?).
Ad Hellin, nel Sud della Spagna con oltre 35 mila abitanti, hanno intitolato un parco ai <Ramai Rivellesi> (sic!); su tutti i campanili lucani gli orologi marcano Canonico, un Rivellese traferitosi poi a Lagonegro; a Roma, ci sono ancora almeno due Gioiellerie con quella provenienza; gli orologi di Potenza sono riparati dall’Ultimo artista che li ritira settimanalmente!
Ebbene, cosa fece la Regione nel lontano 1988? Invece di organizzare corsi di formazione anche per il rame (l’unico ramaio è ora pensionato!), trasferisce (per campanilismo?) e praticamente chiude la “scuola di oreficeria ed orologeria”, dallo stesso Assessorato prima finanziata all’ Enaip.
Anche i maestri, gira gira, finiscono così prima alla Comunità montana e poi in.. Provincia! E però, quando si va a votare, si ha l’abitudine di giudicare la Regione dalle sue scelte e dalle conseguenze? Però l’esempio mostra anche come sia possibile rilanciare l’artigianato con politiche adeguate ed a patto che la Società sia attenta a giudicare i “politici” per quel che producono e non in base al solito fumo negli occhi del clientelismo e del localismo, delle festicciole o dei “premi” fasulli e delle preziosità del nostro Mezzogiorno!
Occorre non solo provvedere al Credito ed alla infrastrutturazione informatica per il commercio a distanza, ma anzitutto riscoprire le vocazione dei vari borghi ed attrarre giovani nella formazione con adeguate campagne di informazione!
Stiamo ben accogliendo i profughi Ucraini ed i più piccoli sono opportunamente inseriti nella scuola. Altrove, Associazioni (mi pare) artigianali stanno “triangolandosi” con Regioni e Comuni per l’inserimento di questi profughi con contratti a termine dopo la formazione.
A questo punto è lecito chiedersi perché non si faccia la stessa cosa per gl’immigrati che arrivano dal mare? Addirittura perché sono di altro colore e altra cultura? Non è finalmente l’ora di far le cose con serietà e liberarci di metodi sbagliati del ragionare?
Caro Nicola, nell'apprezzare e condividere quanto scrivi, temo che, purtroppo, pur dopo Covid-19 e con guerra alle porte di casa, quel che opportunamente descrivi come " il solito fumo negli occhi del clientelismo e del localismo, delle festicciole o dei “premi” fasulli e delle preziosità del nostro Mezzogiorno" sia destinato a stazionare ancora in Basilicata e... nel Lagonegrese.
RispondiEliminaSperiamo che almeno si riesca a contenerlo ed a farlo progressivamente diradare sino a sparire del tutto.