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Pier Niccolò Berardi |
- Da www.calderano.it - Storia e storie.
Pier Niccolò Berardi
e lo sviluppo turistico della Basilicata nei primi anni Cinquanta
CAROLINA DE FALCO
Università della Campania Luigi Vanvitelli
Introduzione
Nei primi anni Cinquanta la Basilicata vive un’eccezionale stagione storica che grazie al conte industriale Stefano Rivetti, si traduce in un progetto di sviluppo turistico a Maratea. Meno noto è che ne sia stato l’interprete Pier Niccolò Berardi, autore del museo Ginori, nel 1964, e inserito tra l’élite culturale e imprenditoriale italiana. Alla mostra di Pagano Architettura rurale in Toscana, si segnala per la qualità delle fotografie. Cogliendo la stessa sintonia tra l’insediamento umano e il paesaggio, realizza nel dopoguerra gli scatti a Maratea, così come progetta il lussuoso hotel Santavenere, nel 1955, precedente dell’insediamento a Punta Ala.
Nei primi anni Cinquanta del Novecento la Basilicata vive un’eccezionale stagione storica, al centro dell’attenzione politica, con ricadute economiche e sociali, basti ricordare il caso di Matera, da poco al centro dell’attenzione europea, dove la decisione di sfollare le abitazioni rurali dei Sassi, diviene il volano per la realizzazione dei rioni popolari: uno straordinario laboratorio che coinvolse la migliore cultura italiana, offrendo l’occasione anche per la circolazione delle idee, in particolare tra i professionisti romani e napoletani [De Falco 2019].
Negli stessi anni, anche Maratea si presta a una riscoperta e a un rilancio ed è noto che l’artefice dello sviluppo industriale e turistico sia stato il conte Stefano Rivetti di Val Cervo.
Piemontese, esponente della famiglia proprietaria di un lanificio a Biella, coglie l’opportunità del sostegno economico offerto dalla Cassa del Mezzogiorno per impiantare a Maratea, nel 1953, un’azienda agricola e uno stabilimento tessile, promuovendo inoltre la costruzione del prestigioso Hotel Santavenere, il primo cinque stelle del sud Italia, ancora oggi rinomata struttura alberghiera di fama internazionale. Non è altrettanto noto, invece, che il principale interprete di tali trasformazioni nel campo architettonico sia stato Pier Niccolò Berardi. Nato a Fiesole nel 1904 e scomparso a Milano nel 1989, pittore e fotografo, traduce in modo del tutto personale le idee architettoniche formulate nella transizione tra primo e secondo Novecento, con una rara sensibilità per il paesaggio, attività che qui si intende iniziare a segnalare.
1. Il contesto storico-politico
Maratea, conosciuta anche per le sue 44 chiese, con la costa alta e frastagliata sul golfo di Policastro, ma ricca pure di grotte, insenature, spiagge e promontori con una vegetazione rigogliosa di pini, olivi e querce, costituisce l’unico sbocco della regione lucana sul Tirreno, tra Campania e Calabria [Cernicchiaro 1979]. L’aquila sullo stemma, raffigurata insieme a tre torri di cui una inglobata in seguito nella chiesa madre, testimonia il particolare status di ‘Città Regia’, cioè appartenente direttamente al Regio Demanio e quindi non feudale, fin dall’epoca angioina; privilegio confermato anche dagli Aragonesi, quando la popolazione del borgo del Castello contrastò il conte Sanseverino di Lauria [Pane 2000]. L’unico feudo esistente a Maratea, come rivela il diruto castello sulla cima del monte, era infatti il villaggio di Castrocucco, al confine con la Calabria [Luongo 2019].
Nel Settecento la popolazione si espande, come testimoniano i nuovi piccoli centri: Massa, nell’entroterra, la frazione più popolosa e con una spiccata vocazione agricola; Cersuta e Acquafredda, nella parte settentrionale della fascia costiera, dove l’illustre statista lucano Francesco Saverio Nitti, all’inizio degli anni Venti, acquista e fa ristrutturare come residenza estiva una villa ottocentesca. D’altra parte già nel 1927 Maratea è descritta come pittoresca cittadina di terra, ma anche stazione balneare, per il caratteristico agglomerato di case, denominato Porto, attraversato da scalinate e vicoletti, con il belvedere sul mare della chiesa di Santa Maria di Portosalvo. Con la costruzione dei pontili e delle banchine diviene il centro delle attività commerciali di Maratea, a partire dagli anni Sessanta, configurandosi ancora come uno dei luoghi attrattivi della costa [Industria e Turismo 1989: De Nicola 2005, 48]. È tuttavia la frazione Fiumicello-Santavenere a segnare, dagli anni Cinquanta, la nascita del turismo marateota, per impulso del conte Rivetti.
Nell’immediato dopoguerra, come nel resto della Basilicata, anche a Maratea la condizione abitativa è rappresentata prevalentemente da edifici a struttura tradizionale, serviti di luce e acqua fin dagli anni Venti, quando viene anche aperta la SS 18 sulla costa, ma carenti invece di servizi igienici [Lamarca 1987; Polisciano 2004]. Nel clima recessivo, accanto a istituzioni secolari come l’ospedale e l’educandato femminile De’ Pino, va tuttavia segnalata, in quanto antesignana e poco nota, l’azione condotta dal marateota Antonio Cernicchiaro. Emigrato prima in Messico e poi a Bogotà, qui fonda, nel 1925 e tuttora esistente, l’associazione di import export nel settore della ristorazione, ITALCASA [Casa Lucana 2001; De Nicola 2005, 73-76]. Affidata l’impresa a un parente, Cernicchiaro rientra a Maratea, dove decide di investire alcuni capitali e proprietà ereditate, fondando nel 1950 Casa Lucana, organizzazione commerciale in aiuto alla popolazione nella diffusione delle nuove tecnologie a disposizione sul mercato, anche attraverso prime forme propagandistiche. Pure se fallita sei anni dopo per l’insolvenza degli acquirenti, la società ha il merito di aver introdotto, in maniera capillare sebbene in un territorio di grande arretratezza, tutto ciò che poteva favorire lo sviluppo della popolazione: dalla macchina per cucire alle cucine a gas, dai nuovi materiali e attrezzature da costruzione agli apparecchi radiofonici, fino alla strumentazione sanitaria per l’ospedale, di cui lo stesso Cernicchiaro diviene presidente.
Nel 1952, e fino al 1961, è eletto sindaco di Maratea Biagio Vitolo, cui si deve l’energica azione per dotare il paese di servizi essenziali (fognature, acquedotto, edifici scolastici), assecondando pure attività ricreative di gruppo e migliorando il territorio con opere viarie e luoghi di ritrovo, iniziando a intravedere quel futuro turistico già da tempo auspicato [De Nicola 2005]. Rivetti dunque trova terreno fertile in una comunità che appare matura per tale incontro. Anzi, è lo stesso imprenditore di Casa Lucana a intravedere nel conte colui che avrebbe avuto i più adeguati mezzi per favorire il rilancio della città. Nel 1953, infatti, Cernicchiaro indirizza al sindaco una lettera con la quale si dichiara disposto a cedere, a prezzo simbolico, un’ampia proprietà al solo scopo di pubblico bene, per ‘completare un’opera che apporterà senza dubbio il benessere ad una intera popolazione’ contribuendo a persuadere altri proprietari a cedere i loro terreni [Industria e turismo 1989; De Nicola 2005, 40-41].
Nel 1953 Rivetti costituisce dunque due società: la prima, grazie all’accordo con l’Istituto industriale laniero Italiano, è la S.p.A. Lanificio di Maratea, con sede legale nella città lucana, che ha il compito di fabbricazione e commercio di filati e tessuti in genere; la seconda è la S.p.A. Imprese Turistiche Lucane, divenuta poi nel 1958 Imprese Turistiche Golfo di Policastro, con lo scopo di ‘attendere alla costruzione e all’esercizio di alberghi, ristoranti, caffè e simili e alle iniziative e servizi turistici in genere’, per l’acquisto, l’amministrazione, la conduzione, la costruzione e la locazione di beni immobili.
La Imprese Turistiche Lucane promuove la costruzione dell’hotel Santavenere, nel 1955, residenza temporanea anche di tutte le personalità in visita a Rivetti. Il programma di sviluppo prevede la costruzione di collegamenti viari con l’Autostrada del Sole, il porto diportistico, centri di accoglienza di lusso, parchi residenziali.
Rivetti è legato a Maratea al punto da desiderare di essere sepolto accanto alla maestosa statua del Cristo Redentore, dall’altezza di 22 metri, da lui commissionata allo scultore Bruno Innocenti, che la realizza tra il 1963 e il 1965, rivestita con un impasto di cemento bianco e scaglie di marmo di Carrara, la cui inconfondibile sagoma sulla cima di Monte San Biagio è visibile da tutti i paesi del golfo. Eppure il conte ha avuto un rapporto non sempre felice con la popolazione locale, ma non è questo l’ambito per dipanare la questione [Trotta 2005; Seravalli 2018]. Tra il 1967 e il 1973 le industrie di Rivetti vanno in bancarotta, mentre è forte la pressione della sinistra locale, che denuncia i danni per l’inquinamento causati alle fabbriche, cui si aggiunge quella di clientelismo tra gli esponenti politici di centro [Berrino 2011, 256-257]. Non era più possibile che un industriale del nord operasse in maniera incontrastata in una zona vergine, producendo modifiche dal punto di vista ambientale e sociale, mentre gli strumenti di controllo governativo avrebbero dovuto adempiere al ruolo di intermediari tra l’iniziativa privata e il pubblico interesse, pianificandone gli sviluppi. Intanto l'economia di Maratea aveva oramai scoperto la sua vocazione turistica.
2. Berardi, la sensibilità per il paesaggio e l’hotel Santavenere
Marco Romoli, figlio del poliedrico pittore fiorentino Mario, collaboratore di Pier Niccolò Berardi già prima di laurearsi (con Leonardo Savioli nel 1971) ha da poco dedicato all’architetto di Fiesole una mostra per riscoprirne la figura. Berardi, noto soprattutto per la realizzazione del museo Ginori nel 1964-65, è il nipote di Ernesto Redaelli, capo di un’importante industria siderurgica in Toscana, ma dopo aver frequentato lo studio dello scultore Carlo Rivalta, si allontana dall’impresa familiare per iscriversi alla Facoltà di Architettura di Roma, dove si laurea, con Marcello Piacentini nel 1928, con una tesi di progetto per un Golf Club sul lago Maggiore. Nello stesso anno partecipa anche all’Esposizione Italiana di Architettura Razionale di Roma.
Berardi, pure per estrazione sociale, tra l’altro sposerà Mimma Mondadori, annovera sentite amicizie tra l’élite imprenditoriale e culturale, tra cui Giovanni e Andrea Nasi, Raimondo Visconti di Modrone, Indro Montanelli, fino a Riccardo Muti, oltre a quella con Gio Ponti. Il milieu intellettuale è quello che si raccoglie intorno a figure quali Alessandro Bonsanti, direttore prima della rivista letteraria Solaria, poi de Il Mondo, insieme a Montale e ad Arturo Loria, lo psichiatra e scrittore Mario Tobino, il pittore futurista Primo Conti, o Giorgio Bassani, dal 1965 presidente di Italia Nostra. Quest’ultimo dedica alla pittura di Berardi un saggio critico e lo incarica della ristrutturazione della casa a Maratea in via Pendinata, nel 1967 [Pier Niccolò Berardi 1973]. Infatti a bordo di una Fiat 600 Multipla adattata a camper, Berardi si spostava per dipingere en plein air nella campagna toscana, sulla scia di Ottone Rosai.
All’attività di pittore, unisce quella di fotografo di paesaggi, ripresi con una Rolleiflex. Il concorso vinto nel 1934, con il ‘Gruppo Toscano’ diretto da Giovanni Michelucci, per la Stazione ferroviaria di Santa Maria Novella rende Berardi partecipe di un eccezionale momento corale e delle idee sul Razionalismo di quegli anni. Sue sono le straordinarie fotografie dei paesaggi urbani italiani che caratterizzano, arricchendolo, lo spazio della galleria della stazione [Bono 2013, 14]
A consacrare l’abilità nella fotografia è, due anni dopo, la mostra Architettura rurale italiana, organizzata da Pagano alla VI Triennale di Milano, che tanta influenza avrà sulla cultura della generazione più giovane, offrendo a Berardi l’occasione di dare visibilità a quel mondo che già destava il suo interesse. Infatti, dedicandosi allo studio della casa rurale, si segnala per l’accurata e qualificata documentazione fotografica delle case coloniche in Toscana [Fanelli, Mazza 1999].
Frutto di questa appassionata ricerca dialettica tra la dimora dell'uomo e il paesaggio circostante sono i complessi residenziali e le case private realizzate in diversi luoghi della Penisola: «mentre progettavo le case Nasi, o le altre case della Toscana, pensavo soltanto alla mia Fiesole, ai contadini di Borgunto. Studiavo un modulo, una misura umana che nessuno prima aveva usato» [Bono 2013, 22].
Un’architettura fatta di giochi di luce, di materiali antichi come il legno e il cotto dell’Impruneta, di scale e di logge, con mura rinforzate dai ‘barbacane’ [Zevi 2013, 35], ma anche spontanea, basata sulla ripetizione di un modello funzionale e replicabile, come l’esempio della Certosa a Ema, come lo sono i cicli della natura.
Fra il 1937 e il 1946 Berardi svolge pure attività all’estero, collaborando con il Ministero degli Esteri, le ambasciate e gli istituti di cultura italiana in Albania, Ungheria e Romania. Nel 1945, insieme al compagno di studi romano Tullio Rossi [Guida agli archivi 2007], autore del progetto del piano urbanistico dell’isola di San Giorgio a Venezia, fonda lo Studio di architettura e ingegneria San Giorgio, che si scioglierà nel 1967 dopo l’alluvione di Firenze. L’anno seguente i due professionisti partecipano al concorso per la ricostruzione degli edifici intorno a Ponte Vecchio [Firenze 1945-1947 1995]. Il sodalizio sarà fruttuoso anche quando Berardi viene coinvolto da Rivetti nel progetto turistico di Maratea, negli anni Cinquanta.
In Lucania l’architetto di Fiesole ritrova la stessa sintonia tra l’insediamento umano e il paesaggio e anche in questo caso gli scatti fotografici testimoniano di un luogo naturale incontaminato, eppure intriso di storia (fig. 1)1. Berardi interviene ristrutturando e ampliando il nucleo originario di alcune residenze, come di consuetudine, caratterizzate dall’essere «limpide intatte, non turbano minimamente l’equilibrio che si è creato da secoli in rapporto con l’ambiente e con la storia», come casa Peinetti nella frazione di Maratea a Cersuta, ricavata nel 1966 da un antico frantoio [Pier Niccolò Berardi 2013, 35].
Anche l’hotel Santavenere a Fiumicello, al quale lavora pure il più giovane Marco Romoli, si presenta come ampliamento di un nucleo edilizio preesistente, ma diviene certamente il simbolo più riuscito della vocazione turistica di Maratea. È insediato in una zona logisticamente favorita sia per l’affaccio panoramico, sia dalla presenza di alcuni negozi, bar e un supermercato, nei pressi della chiesa del Gesù, dove era previsto anche un parcheggio in un ampio spazio invece rimasto vuoto (fig. 2)2.
Sulla sinistra dell’albergo si erge il blocco più alto preesistente, dove trovano posto ampie cucine; accanto a queste si sviluppa una lunga stecca dedicata agli spazi sociali, ristorante, bar, piccola sala TV e soggiorno, reso arioso dalla sequenza di arcate aperte sul mare, unica presenza architettonica visibile sulla costa, con discrezione. Innestato perpendicolarmente a T, con affaccio a sud, è infine il corpo con le 13 camere, due in meno rispetto a una prima proposta, che prevedeva la rotazione del blocco terminale, reso invece rettilineo nella versione realizzata (fig. 3)3.
Ne risulta una sommatoria di corpi diversi legati dall’ingresso, a nord, appena evidenziato dal suo sporgere rispetto alla quinta muraria, basso, rivestito in pietra e coperto a tetto (fig. 4)4. La piscina, anche in questo episodio, come in quello ancora più significativo realizzato per la propria abitazione a Montececeri, ha una forma sinuosa ed è immaginata come complemento del ricco giardino, mentre un ulteriore progetto è relativo allo stabilimento balneare5. Infine, gli interni, con pavimenti in maiolica spennellata secondo la tendenza del tempo, seguono nell’arredamento, disegnato dallo stesso Berardi, il raffinato gusto Novecento, di influenza pontiana, sentito come maggiormente adatto a un ambiente e a una clientela di lusso.
La la ristrutturazione della Torre Santavenere, antico baluardo Tra le commissioni ricevute, lo studio San Giorgio firmcinquecentesco a difesa del Porto, con l’adeguamento a uso residenziale privato, contestato in quanto ne snatura e manipola la volumetria originaria [La torre Santavenere (1988) 2005, 57-60]6. D’altra parte, Berardi era stato incaricato da Rivetti anche dello studio dell’intero centro turistico di Maratea e del suo piano regolatore, che avrebbe dovuto essere adottato dall’amministrazione comunale, favorevole al conte, formatasi a seguito delle elezioni del 1964, quando invece si verificò un ribaltamento della situazione politica.
Sembra che lo stesso Berardi, lontano dalla visione più speculativa che aveva oramai preso il sopravvento, ma pure nel frattempo già impegnato nella progettazione del museo toscano, avrebbe rinunciato all’incarico [Industria e turismo 1989; De Nicola 2005, 49].
Il Santavenere costituisce pertanto un interessante precedente anche dell’Hotel Alleluja, oggi Baglioni Resort Alleluja, fulcro del centro turistico successivamente progettato da Berardi a Punta Ala, tra il 1971 e il 1975.
Conclusioni
Nell’Italia tra gli anni Cinquanta e Sessanta operano figure di primo piano, a tutti i livelli, intellettuale e politico, culturale e professionale, impegnati nel rilancio del Paese da nord a sud. Mentre si ricostruisce, fornendo anche alloggi a chi li ha perduti e ampliando le città, si intuiscono le potenzialità di crescita nel settore del turismo, specialmente in luoghi incontaminati, presso i quali avviene l’incontro tra culture diverse e differenti modi di vivere. La contaminazione è sempre proficua e in realtà, come emerge, le novità non nascono mai all’improvviso, ma sono frutto di un comune sentire. In particolare, la Basilicata, per quanto afflitta da una situazione economica precaria, non è priva di personalità capaci di innescare processi virtuosi, prima della trasformazione speculativa degli eventi, come dimostra anche l’episodio di Maratea. In tal senso, Berardi scopre delle affinità tra la campagna toscana e la costa lucana in quell’architettura spontanea, oggetto di studi e attenzione, basata su modi di vivere confortevoli, al punto da divenire modello per nuove proposte.
Bibliografia
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Firenze 1945-1947. I progetti della Ricostruzione (1995), a cura di C. Cresti, A. Gioli, L. Macci, G. Maggiora, U. Tramonti, Firenze, Alinea.
Guida agli archivi di architetti e ingegneri del Novecento in Toscana (2007), a cura di E. Insabato, C. Ghelli, Firenze, Edifir, pp. 318-321.
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Sitografia
https://www.facebook.com/pg/PierNiccoloBerardi/about/ (marzo 2020)
https://www.toscanaeventinews.it/la-figura-e-lopera-di-pier-niccolo-berardi-il-poeta-dellarchitettura- conversazione-a-fiesole-dove-prosegue-la-mostra-con-cecile-hollberg-e-giorgio-bonsanti/ (marzo 2020)
Fonti archivistiche
Archivio di Stato di Firenze, Fondo Berardi, T1, 1R1.
Archivio di Stato di Firenze, Progetti in Rotoli, P1.
Archivio di Stato di Firenze, Fondo Tullio Rossi, Progetti in Rotoli, T40.
Archivio di Stato di Firenze, Fondo Tullio Rossi, Progetti in Rotoli, T45.
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