martedì 29 novembre 2022

DOPO LE ELEZIONI POLITICHE DEL 25 SETTEMBRE

                          

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Il Lagonegrese Possibile: “Costruire il Campo Progressista”

Di Giacomo Bloisi                                                                                                                                                             28/11/2022

Nota a cura dell'associazione "Lagonegrese Possibile"

RIVELLO (PZ) - Le elezioni politiche che lo scorso 25 settembre hanno consegnato il governo del Paese alle destre si collocano dentro un momento storico eccezionale di crisi quale l'abbiamo misurata con la pandemia prima e con la guerra d'invasione russa ai danni dell'Ucraina dopo. Una crisi che si muove su diversi piani, ognuno a suo modo inclinato: dalla crisi del modello di democrazia liberale alla crisi dei modelli sociali e di welfare; dalla crisi produttiva alla crisi ambientale... cui fanno da sfondo internazionale il sempre più difficile percorso di reale costruzione politica europea e il ritorno della guerra come elemento regolatore degli assetti geopolitici.

E' questo il quadro in cui le destre vincono: una vittoria annunciata certo, ma che è stata anche facilitata dalla crisi e della dissoluzione del centro sinistra – e/o di ciò che sarebbe dovuto essere il 'campo largo' prospettato dal segretario del Pd prima della crisi del governo Draghi: un governo che potremmo definire 'delle compatibilità' del modello neoliberista che quelle crisi ha prodotto, contribuendo a accrescere la estraneità che cittadine e cittadini sono andat* maturando nei confronti della politica e dei suoi rappresentanti.

Una vittoria annunciata e qui, in Basilicata,  preannunciata e anticipata dalla vicenda elettorale regionale che aveva portato le destre – il cui deficit e la cui incapacità di governo dei processi è oramai sotto gli occhi di tutte e tutti – al governo della Regione, interrompendo così la stagione dei centrosinistra che qui avevano segnato, con qualche anticipo, una sperimentazione politica di innovazione, ma che nel tempo ha lasciato il passo alla stanchezza, alla consuetudine, agli automatismi gestionali... in altre parole, si è capitolati di fronte alla introiezione del modello neoliberista impostosi.

Quella che si aprì in Basilicata con l'ultima legislatura del secolo scorso  fu senza dubbio una stagione di grande entusiasmo, che provava ad avviare quella modernizzazione della Regione che ci portò, nell'arco di pochi anni, ad intercettare la programmazione Europa proiettandoci, per la prima volta e da protagonisti, su quello scenario. Certo erano anche gli anni in cui i processi di globalizzazione naturalmente collegavano territori che fino a quel momento erano rimasti assolutamente periferici, ma la Basilicata seppe cogliere le opportunità provando anche ad accoglierne le sfide, grazie alla intuizione e al lavoro di una classe dirigente capace e consapevole di quanto funzione politica e ruoli istituzionali (e di rappresentanza) fossero complementari gli uni agli altri. E fu una stagione di coraggio e di visione, ché seppe tenere insieme pezzi del gruppo dirigente protagonista della precedente stagione politica (quella che aveva contribuito alla nascita delle regioni nella realizzazione di una maggiore articolazione dell'architettura istituzionale prevista dalla Costituzione) e il protagonismo di nuovi attori che si erano formati dentro alle esigenze e criticità emerse nel quadro sociale che veniva fuori dal terribile terremoto dell'80. 

 

A tutto questo si accompagnarono intuizione e generosità, immaginando la costruzione di una nuova classe dirigente che si misurasse con le nuove sfide: da poco si era insediata in Basilicata la Fiat, che avrebbe cambiato la configurazione sociale ed economica dell'intera regione; si affermava un nuovo protagonismo produttivo con la nascita del polo del 'mobile imbottito' della collina materana; si riaffacciava la sfida energetica delle estrazioni petrolifere. Ma fu anche una stagione capace di saper dare sbocco politico – in una sinergia tra istituzioni, sindacati  e movimenti – alle criticità che attraversavano la società del tempo, e che rappresentarono un ulteriore laboratorio nella costruzioni di pezzi del quadro politico e del suo 'svecchiamento': dal 'basilicata social forum' (che terrà proprio qui in Basilicata uno dei suoi appuntamenti) alla 'primavera di Melfi' (dalla quale emersero nuove figure all'interno del sindacato) al movimento 'scanZiamo le scorie'   fino alla lotta di Rapolla e dei comitati contro l'inquinamento elettromagnetico.

Oggi di quella stagione non rimane granché, e l'esaurimento di quella proposta ci consegna una Basilicata in cui le crisi sopra descritte emergono con vigore e violenza rinnovati. E se l'attuale quadro di governo regionale oggi mostra tutta la propria insipienza, consegnandoci uno scenario desolante e desolato – in cui a farla da padrone è l'improvvisazione di ceti preoccupati solo degli interessi particolaristici, assolutamente improbabili nel governo della cosa pubblica e incapaci di una sia pur minima azione di previsione e di futuro – bisogna anche riconoscere che la eredità degli ultimi anni di centro sinistra non brillava.

Quella che era stata una stagione di entusiasmo e originalità si è trasformata nel tempo in apatia autoriproduttiva dei soli livelli di autoconservazione, ai quali è stata destinata gran parte dell'azione amministrativa e di governo. Certo che anche la più critica   delle sceneggiature andate in scena coi governi di centro sinistra, per quanto stanchi e consumati, non aveva offerto lo spettacolo indecoroso cui ci stiamo abituando in questi anni e ancora in questi giorni... sarebbe però eccessivamente autoassolutorio leggere l'attuale desertificazione prodottasi solo con la categoria dei 'barbari caduti da Marte'.

Questo governo e queste destre hanno fallito, e ogni giorno che passa rischia di compromettere in modo permanente il futuro della nostra Regione: dobbiamo lavorare  affinché maturi la fine dello scempio il più presto possibile. Fatto non scontato, quest'ultimo, che richiederebbe una composizione che oggi si ha difficoltà a intravedere. Un quadro reso ancora più complicato dalla urgenza e dalla gravità delle criticità che emergono: dallo spopolamento (60 mila sono le/i lucan?  in meno nel corso degli ultimi 20 anni) all'aumento a dismisura della povertà (relativa e assoluta); dalla crisi della rappresentanza democratica (vedi il taglio dei parlamentari che, insieme al disposto combinato delle candidature extraregionali, ha quasi azzerato i rappresentanti lucani dentro al Parlamento) alla crisi della partecipazione (ci avviciniamo – e a volte viene oltrepassata – la soglia della metà di cittadini che non si recano alle urne); dalla crisi dell'automotive (che era stato uno dei settori trainanti di questa regione e che oggi, il consapevole ritardo di Stellantis sulla conversione all'elettrico, porta a una lenta dismissione nel settore) all'oramai definitivo tramonto di un modello sanitario che sia anche solo appena sufficiente fino ad arrivare a quell'ipoteca insostenibile delle estrazioni, che oggi richiederebbe una immediata riconversione.

Sfide enormi, che necessitano di una loro consapevolezza e, insieme, di una capacità politica in grado di mettere almeno insieme quanto vi è 'fuori dal quadro di desolante non governo' della Regione (provando a capire i perimetri che segnano oggi maggioranza e opposizione). I segnali che giungono dal livello nazionale non sembrano essere incoraggianti: continuano a permanere le distanze che la campagna elettorale ha prodotto all'interno di quello che vorremmo poter chiamare ancora 'campo progressista', e che solo la percezione della urgenza potrebbe forse restituire – ancora una volta a tutte e tutti – il senno per provare ad accorciare le distanze e a mettere in campo una proposta utile: una coalizione politica e sociale capace di articolare un nuovo discorso pubblico per le lucane e i lucani.

Consapevoli della irreplicabilità 'tal quale' di quella che fu la stagione del primo decennio dei centro sinistra lucani – nel frattempo troppe metamorfosi sono sopraggiunte: si sono modificata le strutture sociali, economiche e politiche, e stanno emergendo altri protagonisti sulla scena e all'interno dello stesso campo progressista – oggi forse sarebbe comunque utile attingere dallo spirito che la determinò.

Si recuperi quella che sopra abbiamo definito 'funzione' della politica nella complementarietà dei ruoli; si aprano spazi e luoghi in cui far crescere e maturare una nuova e più giovane classe dirigente che non  funga da rottamatrice, ma porti all'interno della discussione quella novità e quella freschezza della proposta della quale abbiamo bisogno come l'aria. Senza voler forzare il dibattito che ognuna delle forze politiche più o meno organizzate sta conducendo al proprio interno, si aprano le porte di quei dibattiti ai pezzi di società, ai conflitti, ai movimenti, alle associazioni, perché è solo attraverso la discussione con le persone che compongono la società reale che sarà possibile ricucire le fratture prodottesi in questi anni.

 

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