lunedì 28 novembre 2022

LA BASILICATA DOPO IL 23 NOVEMBRE 1980

                                                                 Nicola  SAVINO*

 

Questo quarantaduesimo anniversario del 23 novembre è stato diverso dagli altri perché coincidente con l’avvio del Pnrr. Seguito alla Pandemia, questo stanziamento richiama infatti quello successivo alla tragedia del terremoto.

Nella ricorrenza, ne hanno ricordato Pietro Simonetti e Gaetano Fierro, il primo aggiornando lo stato di abbandono dei capannoni invano finanziati per lo sviluppo industriale e il secondo sottolineando   che la”ricostruzione” , gestita sul posto, riuscì meglio dell’ ”industrializzazione”, diretta da Roma.

A conferma, ricordo, in una semi-soffitta di un vecchio palazzo in Campo dei Fiori, un neo- affidatario di qualche  intervento, un imprenditore privato, con un potere decisionale che in Regione non avevamo; e di un  articolo sull’Avanti, in cui rivendicavo per la Basilicata lo stesso autonomismo di cui si era potuto avvalere il Friuli per ricavare industrie dal suo artigianato.

Dopo oltre quarant’anni, gli eventi si appiattiscono ed i nostri due Conterranei ne hanno potuto fissare i connotati sulla base di documenti e di realizzazioni; a me riservo le “impressioni personali”, circa fenomeni non altrettanto documentabili ma forse ancora presenti: degli atteggiamenti culturali che si diffusero, di comportamenti e mentalità che sembrarono accompagnarsi all’ evento. Forse non-irrilevanti sia rispetto ai risultati di allora, che alla vicenda seguitane sul territorio; e che, ricollegandosi a storie non molto lontane e riallacciandosi a radici profonde, continua- no ad influenzar l’attualità.

Dopo la tragedia ed i lutti e le visite di solidarietà e le televisioni di tutto il mondo e le delegazioni operative affollatesi dalle altre Regioni (anche con il dono di baracche “provvisorie” tuttora in uso), “calarono” un po’ dappertutto “fiancheggiatori” a caccia dell’affare. Per inventare-ricercare “agganci” sia per i subappalti di cui fa cenno Tanino sia per lucrare e (quel ch’è peggio, per incoraggiare anche noi a lucrare) su di un qualsiasi “spigolo” di una realtà che sembrava ormai essersi risvegliata ed in movimento! 

 

Certo, i Lucani avevano sofferto e moltissimo patito (anche se non tutti), ma ora arrivava la compensazione: quasi un Eldorado di cui, se non d’obbligo, fosse comunque opportuno approfittare. Dilagò così, rapida e senza pudori, la rivendicazione di danni (anche quando prodotti dal tempo e non dal sisma!); e moltissimi – anche amministratori pubblici- entrarono in competizione fra loro per gabbare lo Stato e lucrare la “fascia” che consentisse il maggior numero di rifacimenti: magari della casa di campagna o in montagna, pur da tempo notoriamente ridotta a rudere.

La fame di furbizia e lucro prese piede un po’ dappertutto e si estese grazie ad una rapida e inedita sintonia tra il faccendiere del Nord (con le sue proposte di sotterfugi) ed il Lucano “sempre povero” (tra i due, un armistizio storico?), al quale si prospettava la possibilità di riempirsi non solo le mani. Come ai tempi dei Borboni, quando ai sudditi “fetenti” si regalava “farina” nelle “feste” per compensare l’altra delle tre effe (la forca) cui si ispirava il Governo del Regno di Napoli.

Si riscavò così il fossato con la cultura sana “del mondo di prima”, di quando <artigianato agricoltura e pastorizia> insegnavano che non si potesse guadagnare e progredire se non con fatica inventiva ed impegno…! Del tempo in cui “i regali” (oggi ..bonus) arrivavano soltanto a Natale per i fanciulli o nello “sposalizio”.. se fai la “festa” e fai “girare i vassoi con i dolci”…? Di quando, una piccola borghesia, ancora produttiva nei borghi, vedeva alla guida della formazione civile e morale dei ragazzi i propri “mastri”, cui le famiglie li affidavano ancora scolari affinché imparassero a “farsi una vita”, senza “profittare” o “falsificare” e per non “sottomettersi”!

Certo, colpa anche della modernità e del consumismo, delle Tv e delle tante crisi della scuola: un insieme di novità che irrobustì la tendenza ad approfittare: come si continua tranquillamente a fare nei <servizi socialmente utili>, lunghe le strade ..allo scoperto, e come  si noterebbe anche in quelli < dei sistemati definitivi> se non fossero al.. coperto.

Fu dunque anche per la carenza di un adeguato atteggiamento culturale che dopo il terremoto le cose andarono storte e spesso continuano nella stessa direzione? Ora affronteremo anche il Pnrr allo stesso modo e senza un’adeguata partecipazione sociale?

Fin ora non si è ben percepito cosa ne pensi il Consiglio regionale ed anche per questo dovrebbero occuparsene i Circoli, le Associazioni e quel che resta dei Partiti: per una riflessione collettiva che ci convinca a superare le furbizie del post- terremoto. Potremmo reimparare a non sciupare le risorse che in definitiva son nostre; e che, se non per sopravvivere ma per produrre, aiuterebbero a costruirci un futuro! ns  

                                                            *già Parlamentare e Sottosegretario di Stato

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