L'appassionata ricerca dell'amico Vincenzo Grisolia da Santa Domenica Talao mi ha permesso di leggere due articoli pubblicati dal Corriere della Sera nell'agosto-settembre 1911, aventi ad autore l'inviato speciale Luigi Barzini e ad oggetto Verbicaro e la Calabria.
Dopo aver riportato integralmente, in precedente post, l'articolo "Verbicaro in pieno Medio-Evo", mi limito a trascrivere di seguito la parte finale del successivo articolo del 3 settembre (pubblicato il 4 settembre) 1911 con il titolo "Una terra italiana da redimere", riferito ancora alla rivolta di Verbicaro:
"CALABRIA ABBANDONATA"
"Coll'isolamento assoluto dei cenri abitati manca il respiro innovatore dei traffici, manca il respiro intellettuale. La vita si restringe alla materialità, intristisce nella miseria e nell'ignoranza, si paralizza, si abbrutisce nel suo ristagno secolare, fermenta tutti mali. La produzione moderna non arriva, non nascono nuove e comode abitudini di vita, nuovi bisogni, nuove ambizioni per soddisfare le quali si risveglino ovunque energie e idee fruttifere. E' più facile andare in America che andare alla città vicina. In questo ambiente isolato e primitivo le ambizioni sono sostituite dalle ingordigie e la mancanza di una coscienza politica, la strana concezione dei poteri pubblici, fanno di ogni amministrazione locale dei covi di prepotenza e di immoralità. Il contadino è sempre la vittima ed egli, nella oscura confusione della sua mente, chiama anche questo "Governo". I "galantuomini" del Municipio sono per lui i vassalli ed i valvassori del grande e fantastico potere centrale.
Il Governo non lo tutela per alte e infinite ragioni ben note, si è lasciato questo paese per cinquant'anni senza strade o quasi, e secondo i calcoli più favorevoli, le strade progettate non saranno finite che fra quarant'anni. Ma se la Calabria fosse una colonia, a quest'ora sarebbe messa in valore da un'infinità di energie. Ci saremmo già accorti che le sue ulive sono magnifiche, che le sue uve sono tra le migliori del mondo, che lo zafferano fiorisce sui monti, che le sue terre sono di una fertilità meravigliosa, e vi sarebbero porti, scali, linee di navigazione, strade, imprese agricole e industriali. Ma la Calabria è unita alla patria e gode il beneficio di leggi che la intristiscono. La sua gioventù vigorosa emigra, dà a lontane regioni l'incalcolabile valore del suo lavoro. E quando si fa il calcolo dei risparmi mandati in Italia da questi suoi figli esuli e si inneggia ai vantaggi dell'emigrazione, bisognerebbe fare anche il conto dei campi abbandonati per sempre, di tutta quella campagna che la macchia invade, della spaventosa diminuzione del lavoro sul suolo italiano. Ogni lembo di terra lasciato incolto è un brandello della patria che si annienta".
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"IL BENEFICIO DELLA RIVOLTA"
"Ecco che per spiegare le opinioni dei campagnoli calabri in fatto di malattie epidemiche siamo andati a finire molto lontano. E' che in fondo la breve rivolta di Verbicaro non insorgeva soltanto contro l'avvelenamento. Per un istante, inconsciamente, sotto una ossessione assurda, nell'impeto di una paura fantastica, persuasi di essere vittime della più inumana delle ingiustizie, i contadini si rivoltano istintivamente, senza comprenderlo, contro un nemico, che non sapevano bene quale fosse, per tutti i mali di cui soffrono, per tutti i mali che hanno foggiato loro un'anima violenta e una coscienza cieca.
E pure la rivolta, chi lo crederebbe? Ha avuto un piccolo ma giustificabile beneficio. Questo: che tutti i Sindaci minacciati hanno ora una paura folle del colera, e invocano disinfezioni, mettono guardie armate all'ingresso dei villaggi vicino a secchi colmi di soluzione di sublimato. Chi entra deve lavarsi le mani. I contadini, sospettosi, fanno prima lavare le mani alle guardie, e poi si decidono.
Il risultato è che si vedono almeno all'ingresso dei villaggi delle mani quasi pulite.
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LUIGI BARZINI
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