domenica 2 giugno 2019

CARA, CARISSIMA MAMMA...

Antonio Gramsci- Ales, 22 gennaio 1891 - Roma, 27 aprile 1937
Fu  uno dei più grandi pensatori del XX secolo, tra i fondatori del Partito comunista italiano;venne arrestato l'8 novembre 1926 dalla polizia fascista, accusato di voler sovvertire l'ordine dello Stato e condannato a 20 anni di carcere. In cella scrisse: " Quaderni dal carcere" oltre a numerose "Lettere". Morì a 46 anni il 27 aprile 1937.

Di seguito due sue "Lettere" alla madre:



Cara mamma, 

vorrei per essere tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo qualunque condanna siano per darmi. Che tu comprendessi bene anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e avrò mai da vergognarmi di questa situazione. Che, in fondo, la detenzione e la condanna le ho volute io stesso, in certo modo, perchè non ho mai voluto mutare le mie opinioni per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione. Che perciò io non posso che essere tranquillo e contento di me stesso.
Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché tu sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente.
La vita é cosi’, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini.

Antonio  

10 maggio 1928

   

Carissima mamma,

ho ricevuto la lettera che mi hai scritto con la mano di Teresina. Mi pare che devi spesso scrivermi così; io ho sentito nella lettera tutto il tuo spirito e il tuo modo di ragionare; era proprio una tua lettera e non una lettera di Teresina. Sai cosa mi è tornato alla memoria? Proprio mi è riapparso chiaramente il ricordo quando ero in prima o in seconda elementare e tu mi correggevi i compiti: ricordo perfettamente che non riuscivo mai a ricordare che “uccello” si scrive con due c e questo errore tu me lo hai corretto almeno dieci volte. Dunque se ci hai aiutato a imparare a scrivere (e prima ci avevi insegnato molte poesie a memoria; io ricordo ancora Rataplan e l’altra “Lungo i clivi della Loira – che quel nastro argentato – corre via per cento miglia – un bel suolo avventurato”) è giusto che uno di noi ti serva da mano per scrivere quando non sei abbastanza forte. Scommetto che il ricordo di Rataplan e della canzone della Loira ti fanno sorridere. Eppure ricordo anche quanto ammirassi (dovevo avere quattro o cinque anni) la tua abilità nell’imitare sul tavolo il rullo del tamburo, quando declamavi Rataplan. Del resto tu non puoi immaginare quante cose io ricordo in cui tu appari sempre come una forza benefica e piena di tenerezza per noi. Se ci pensi bene tutte le quistioni dell’anima e dell’immortalità dell’anima e del paradiso e dell’inferno non sono poi in fondo che un modo di vedere questo semplice fatto: che ogni nostra azione si trasmette negli altri secondo il suo valore, di bene e di male, passa di padre in figlio, da una generazione all’altra in un movimento perpetuo. Poiché tutti i ricordi che noi abbiamo di te sono di bontà e di forza e tu hai dato le tue forze per tirarci su, ciò significa che tu sei già da allora, nell’unico paradiso reale che esista, che per una madre penso sia il cuore dei propri figli. Vedi cosa ti ho scritto? Del resto non devi pensare che io voglia offendere le tue opinioni religiose e poi penso che tu sei d’accordo con me più di quanto non pare.
Dì a Teresina che aspetto l’altra lettera che mi ha promesso.
Ti abbraccio teneramente con tutti di casa.

Antonio

-15 giugno 1932





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