A proposito dei recenti fatti in Basilicata (operazione DDA di Potenza).
La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato [cfr. art. 13 c. 4].
Non è ammessa la pena di morte.
- Da www.treccani.it -
Nel diritto e nella procedura penale, la presunzione di non colpevolezza è il principio secondo cui un imputato è innocente fino a prova contraria. In particolare, l’art. 27, co. 2, della Costituzione afferma che «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna
definitiva».
Tale principio risponde a due esigenze fondamentali:
affermare la presunzione di innocenza e prevedere la custodia cautelare
prima dell’irrevocabilità della sentenza. L’imputato, infatti, non è assimilato al colpevole fino al momento della condanna definitiva. Ciò comporta il divieto di anticipare la pena, mentre consente l’applicazione delle misure cautelari. Secondo la Corte costituzionale (sent. n. 124/1972) questa disposizione
va interpretata nel senso che l’imputato non deve essere considerato né
innocente, né colpevole, ma soltanto «imputato».
Tale regola è meglio
precisata nell’art. 6, co. 2, della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, in base alla quale «ogni persona accusata di un reato è
presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata
legalmente accertata».
Sulla base di questo principio, l’onere di
provare la reità dell’imputato incombe sulla pubblica accusa;
mentre alla difesa spetta il compito di provare l’esistenza di fatti
favorevoli all'imputato. In altre parole non è compito di quest’ultimo
dimostrare la propria innocenza, che deve essere, appunto, presunta,
bensì dell’accusa dimostrare la sua colpevolezza.
Posta la presunzione
di innocenza, per poter dichiarare pubblicamente che un individuo è
colpevole è quindi necessaria la prova, oltre ogni ragionevole dubbio,
che egli è il responsabile del reato, dimostrando che ne è stato
effettivamente l'autore. Nelle ipotesi in cui la prova manchi, sia
insufficiente o contraddittoria, il giudice dovrà emettere sentenza di assoluzione.
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Fa sempre bene richiamare alla mente la presunzione di non colpevolezza, che è alla base del principio di innocenza affermato nel nostro Ordinamento giuridico, come solennemente proclamata nella Legge fondamentale della Repubblica italiana.
Diversamente, l'opinione pubblica sembra in larga parte non solo pensare ma anche manifestare un pensiero opposto, tanto da puntare il dito accusatorio e da addebitare colpevolezza sin dai primi passi di indagini preliminari ad iniziativa della Magistratura inquirente con i Pubblici Ministeri (PM), cui poi subito si affiancano i Giudici per le indagini preliminari (GIP) della Magistratura giudicante.
Eppure, secondo Costituzione, l'imputato non deve essere considerato colpevole sino a sentenza definitiva attraverso un lungo ed articolato iter processuale con ben tre gradi di giudizio nel contraddittorio tra accusa e difesa dell'indagato-imputato.
E', dunque, il caso di non dare adito a frettolosi giudizi e di non lasciarsi trasportare da un'idea di colpevolezza da assegnarsi immediatamente a indagati o imputati, anche eventualmente destinatari di misure cautelari come previste in modo diversificato. E tanto deve valere sempre dinanzi a qualsivoglia ipotesi di reato da chiunque commesso, badando anche a distinguere tra violazioni della morale, più o meno gravi, dalle violazioni della legge costituenti reati previsti e puniti nel nostro codice penale e non solo.
Si tratta di una distinzione che, pur a volte difficile, è doverosa per la Magistratura, sia inquirente che giudicante, per evitare possibili errori derivanti da erronea valutazione circa fatti-reato da non ritenere tali, pur essendo fatti moralmente disprezzabili se non spregevoli.
Può capitare, infatti, che determinati comportamenti umani siano, in diversa misura, contrari all'etica ma che non siano penalmente perseguibili, non rientrando nella fattispecie di specifici reati come espressamente disciplinati e, magari, ipotizzati a carico di qualcuno o di tanti, salvo verifica processuale.
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