
Il 16
gennaio 2024, mentre in Senato si avvia la
discussione del disegno di legge 615 per l'attuazione dell'autonomia
differenziata delle Regioni a statuto ordinario, proposto dal ministro
Calderoli e fatto proprio dal governo Meloni, in tutto il Paese e nei pressi
del Senato si terranno presìdi di protesta per chiedere che esso venga
bloccato.
Il ddl Calderoli mina l’unità della Repubblica e i diritti sociali, aggravando
le già drammatiche disuguaglianze e gli squilibri territoriali. Per
questo, ogni presidio è a difesa dei principi della solidarietà,
dell’uguaglianza e dell’unità della Repubblica, come sanciti negli articoli 2,
3, 4 e 5 della Costituzione.
Contro il ddl Calderoli si
sono svolte decine di manifestazioni, locali e nazionali, si sono fatte sentire
tante voci di denuncia da parte di costituzionalisti, economisti, sindacati,
associazioni, forze politiche, che il governo Meloni non ha volute ascoltare.
Le manifestazioni sono in continuità con la mobilitazione inaugurata nel 2018
dai Comitati Per il Ritiro di ogni Autonomia Differenziata per denunciare e
contrastare le prime pre-Intese di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna; dal
luglio del 2019 questa mobilitazione si è via via organizzata in un Tavolo
Nazionale NO-AD, espressione di tutte le forze politiche, sindacali,
associative e di singoli cittadini e cittadine che vogliono fermare il ddl
Calderoli.
Per aggirare questa resistenza e gli allarmi lanciati da più parti - perfino
dalla Banca d’Italia e dalla Confindustria - il governo aveva inserito nel ddl
una condizione per l’attuazione dell’AD: la definizione e la realizzazione dei
Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP). Ebbene, come era prevedibile e come
noi stiamo sostenendo da cinque anni, il progetto di definizione dei LEP,
avviato con la Legge di Bilancio 2023, si è rivelato velleitario e pasticciato.
Velleitario, in quanto ciò che non si è fatto in 22 anni - da quando, cioè, la
“controriforma” del Titolo V sancì l'obbligo della loro determinazione - non lo
si poteva certo attuare in un anno. Pasticciato, perché il testo del ddl 615,
come riscritto dalla Commissione, all'articolo 3, prevede che siano emanati
decreti legislativi e non più DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri), come originariamente voleva Calderoli; mentre il 'Milleproroghe' di
quest’anno prescrive che la Cabina di regia, cui è affidata la definizione dei
LEP, predisponga DPCM, in netto contrasto con quanto votato dalla Commissione
del Senato.
Tutte queste incoerenze non riescono a nascondere una realtà che è sotto gli
occhi di tutti, tanto che persino l’Ufficio Parlamentare di Bilancio - oltre
alla SVIMEZ - hanno evidenziato che per tentare di sanare i divari tra Nord e
Sud e tra territorio e territorio all’interno delle singole Regioni sarebbe
necessario uno stanziamento minimo di 90 mld di euro, cifra che nessun governo
è in grado di stanziare.
La determinazione dei LEP non è altro che uno specchietto per le allodole per
manipolare Parlamento e opinione pubblica, per ottenere l'approvazione del DDL
615, che aggraverà le già drammatiche disuguaglianze presenti nella società
italiana - quelle tra Nord e Sud del Paese, come quelle all’interno dei diversi
territori.
Il ddl Calderoli è una mina posta sotto i diritti di tutti i cittadini e le
cittadine ovunque risiedano. Inoltre esso produrrà un’accelerazione dei
processi di privatizzazione di sanità, istruzione, servizi pubblici, ricerca.
Avrà poi l’effetto di spezzare in tanti accordi regionali i contratti
nazionali, mettendo in concorrenza le Regioni attraverso una corsa al ribasso
dei salari e delle condizioni di lavoro. Il risultato sarà un dumping sociale,
che fino a ieri si attuava, purtroppo, solo in competizione con altri Paesi e
che domani sarà invece messo in atto addirittura all’interno della Repubblica.
Persino la Commissione Europea, la Banca d’Italia, la Confindustria hanno
denunciato questi rischi; ma il governo, nel disprezzo totale di questi moniti,
ha deciso di procedere comunque. Il ddl Calderoli - questo sarà l’esito
finale - spezzerà l’unità della Repubblica, creando venti micro-Stati, con
diversificazioni nel campo della legislazione, delle prassi regolamentari, dei
servizi pubblici, delle condizioni ambientali, dei rapporti con l’UE, via
via consolidando anche culture locali separatiste e esclusiviste. Per
questo il progetto Calderoli è eversivo.
Abbinato alla realizzazione del cosiddetto “premierato forte” porterà - se
approvato - al capovolgimento dei principi costituzionali sanciti dalla
Assemblea Costituente e concretizzati nella Carta del 1948. Non c’è dubbio,
infatti, che non ci troveremmo più in una Repubblica parlamentare, in un regime
di democrazia rappresentativa, ma in venti micro-Stati nei quali il/la
cittadino/a verrebbe schiacciato tra due poteri accentrati: quello dei
governatori regionali e quello del premier nazionale.
Tutti poteri autocratici. Che il governo sia rimasto sordo a tutte le voci che
si sono levate è scandaloso e, per fermarlo, non rimangono che il Parlamento e
una forte mobilitazione popolare.
Con i nostri presìdi ci rivolgiamo ai Parlamentari: certamente a quelli
dell’opposizione, ma anche a quelli che, all’interno della maggioranza, hanno a
cuore l’unità della Repubblica, il ruolo sovrano del Parlamento, la democrazia
rappresentativa, la giustizia sociale e chiediamo loro di respingere il ddl
Calderoli.
I processi storici maturano lentamente, ma poi arrivano a punti di rottura: la
“riforma” del Titolo V della Costituzione, approvata nel 2001, ha previsto
l’Autonomia differenziata, che - rimasta “silente” per più di vent’anni -
avrebbe oggi, se attuata, conseguenze gravissime, delle quali ogni parlamentare porterebbe la
responsabilità. Fermatevi dunque, non seguite il governo su questa china
pericolosa! Votate NO al DDL Calderoli, difendiamo tutti e tutte insieme l’unità
della Repubblica, garanzia di vera uguaglianza dei diritti, di vera giustizia
sociale, base necessaria per il superamento del divario tra Nord e Sud e di
emancipazione per le fasce più deboli della popolazione, ovunque risiedano.
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