giovedì 3 aprile 2025

IL PADRE DELLA SCIENZA MODERNA

 


Galileo Galilei tra Scienza e vino di sua produzione

Valerio Mignone

 

Galileo Galilei nacque a Pisa il 15 febbraio 1564, e morì ad Arcetri l’8 gennaio 1642, all’età di 78 anni. Visse la sua vita tra Pisa, Firenze e Padova. Ben note sono la sua scienza, e la sua cultura; meno nota è la sua propensione a bere vino, e la stessa sua produzione. Galilei ebbe a descrivere il contrasto tra la bellezza delle bottiglie e la scarsa qualità del vino in esse contenuto. Infatti, il vino veniva imbottigliato anche in fiaschi rotondeggianti, con una impagliatura, oggi in disuso, la cui capacità era di circa due litri e 280 centimetri.

D’altronde, Pietro Mascagni inserì, nella sua opera “Cavalleria rusticana”, l’aria “Viva il vino spumeggiante, nel bicchiere scintillante/Come il riso dell’amante/Mite infonde il giubilo…”. E Giuseppe Verdi inserì, a sua volta, nella “Traviata” l’aria “Libiamo, libiamo, libiam“; ed ancora Verdi, nel Falstaff, usa il vino come elemento di vita di dissipato e burlone.  E Puccini nella “Boheme”: <<Ah, se nel bicchier sta il piacer/in giovin bocca sta l’amor>>.

Purtroppo, era ancora ignota la tossicità dell’alcol etilico sul corpo umano; e persino nella celebrazione della “Santa Messa” nel rito cattolico, il vino rappresenta il sangue di “Gesù Cristo”.

 

Galilei, nato a Pisa, si trasferì a Padova nel 1592, e lì visse per 18 anni, definiti, da Lui stesso, i migliori della sua vita, comprandovi una casa, dotata, tra l’altro, anche di un vigneto, la cui uva era utilizzata per produrre vino, che Galilei dava anche in dono, e ne riceveva di produzione nel Sud Italia. Il suo allievo prediletto, e biografo, Vincenzo Viviani, scrive: Galilei amava “…l’esquisitezza e varietà de’ vini e dell’uve e del modo di custodire le viti ch’egli stesso di propria mano le potava e le legava negli orti delle sue ville, con osservazione, diligenza e industria più che ordinaria, e in ogni tempo si dilettò grandemente dell’agricoltura, che gli serviva insieme di passatempo e d’occasione di filosofare”.  

Galilei era convinto che il vino è frutto della interazione tra sole, terra e acqua, e ne divenne un appassionato produttore, e conoscitore nelle sue varie fasi, dalla pestata, alla fermentazione, alla conservazione in botti, ottenendo una gradazione tra 10 e 13 gradi. Da buon osservatore, Galilei notò: “Per cavare da un medesimo tino il vino dolce e maturo, e far che vi resti l’agro, si faccia empiere il tino di uve senza ammostare in grappoli intieri, e si lasci così stare qualche poco di tempo; che sturando la cannella, uscirà vino maturo…”.

L’Accademia dei Georgofili, tramite le sue ricerche nel campo dell’Agricoltura, ha ricostruito la pianta della “Cantina” di Galilei, annessa alla sua villa. Essa era dotata, tra l’altro, di tre botti di ciliegio, che dava profumi particolari al vino. Anche in quell’epoca avvenivano scambi di doni tra amici. Galilei inviava ad Ascanio Piccolomini vini prodotti a Montalcino in cambio di salumi.

Con il passare degli anni, Galilei perdeva i denti, e, non potendo masticare, abusava di vino! Di ciò, Galilei era consapevole, e confidava a Vincenzo Viviani: “Questo bere mi conduce alla bara”.

Pur con il suo alcolismo, peraltro, da sé stesso deplorato, Galileo Galilei continuava a meditare sul movimento della Terra, e sulle orbite dei pianeti, lasciando in eredità, alla Umanità intera, principi di Scienza.

Pubblicato su Il Quotidiano del Sud il 3 aprile 2025

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