- Da www.civiltaappennino.it -
Le aree interne non vanno in vacanza
di Luisa Corazza
Nel mese di agosto giornali e social media si affollano di articoli,
foto, post, inviti, locandine e molto altro ambientati nelle aree
interne italiane. A volte, semplicemente, si narra di urbani esausti che
ricaricano le energie lontano dal mondo, altre volte di oriundi che
rientrano nei luoghi d’origine per ritrovare le loro madeleines, infine,
nella versione più impegnata, sono gli stessi paladini delle aree
interne che, dopo un lungo inverno passato a discettare su come
rilanciare i margini del paese, vogliono mischiarsi agli abitanti e ai
luoghi delle loro ricerche e decidono dunque di trascorrervi le vacanze.
Accade così che paesi per lo più dimenticati si sentono riscoperti, e
offrono il meglio riattivando reti relazionali, organizzando iniziative
culturali, lustrando le case vuote tutto l’anno per accogliere questa
ventata di vita. Le persone (gli abitanti delle aree interne) sono
anch’esse oggetto di visita, di dialogo, di intervista, finalmente
destinatarie di una qualche attenzione.
Si produce così un’illusione crudele: una rappresentazione delle aree
interne fatta su misura di chi vi si reca in visita, che sia per vacanza
o per impegno sociale.
La realtà delle aree interne non è questa. Le aree interne non sono una
meta di vacanza, ma luoghi dove la gente deve poter vivere.
E, per essere abitate, le aree interne abbisognano di tante cose, che
potrebbero anche non piacere all’avventore agostano (che dire di uno
sportello bancario nel centro di un “borgo” incontaminato? Orrore! Che
vogliamo fare delle aree interne “brutte”? Perché si, esistono anche
quelle). Soprattutto, per essere abitate, le aree interne hanno bisogno
di attenzione tutto l’anno.
Quando arriverà settembre, le aree interne saranno ancora lì, con i loro
problemi di luoghi che reclamano un’esistenza a prescindere dalla
vacanza altrui, per persone che necessitano di infrastrutture di
cittadinanza come strade, scuole, ospedali, uffici postali, sportelli
bancari, presidi pubblici, spazi di cultura, ma l’elenco di quello che
manca nelle aree interne sarebbe troppo lungo.
Dopo ogni estate, quando si riaccendono le luci della città, anche nelle
aree interne ricomincia la vita, quella che nessuno vede. Ed è da
questa vita che deve partire ogni discorso di emancipazione dei luoghi,
per far fronte a un grande tema sociale con il coraggio di ribaltare
politiche territoriali basate sull’efficienza e, sia consentito, per
liberare le aree interne dallo “stigma” di luoghi ameni, altrimenti
finiremo per trasformarle in un grande parco tematico.
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